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Giornale di Taranto - Giornalista1

Si è' rischiato che a causa di un forte ritardo si arrivasse alla mani. Un bus dell'Amat e' infatti giunto oltre 120 minuti dopo l'orario programmato scatenando l'ira dei numerosissimi passeggeri in attesa sotto un sole cocente ed al caldo reso insopportobaile dalla forte umidità' . Gli animi si sono esasperati e surriscaldati quando il n. 8 dell'Amat e' arrivato alla ferrmata in zona Eurospin in via Unita' d'Italia dopo 2 ore, a quel punto sono volate parole pesanti nei confronti dell' incolpevole  autista che ha cerato di dare spiegazioni su quanto accaduto. Con molta probabilità sarebbe stato una avaria al precedente mezzo la causa dell' inconveniente che ha poi fatto accumulare ritardo alla corsa.

Proseguono le aperture serali del Museo Nazionale Archeologico di Taranto durante il weekend.
Venerdì 22 agosto il MARTA sarà aperto fino alle ore 22.00 (chiusura biglietteria ore 21.30).
Alle ore 20.15 è prevista una visita guidata gratuita a cura di archeologi della Soprintendenza
(prenotazioni allo 099/4532112).
INGRESSO A PAGAMENTO (riduzioni ed esoneri come da normativa).
Sabato 23 agosto, nell’ambito del programma OPEN DAYS, promosso dall’Agenzia Regionale
Puglia Promozione d’intesa con la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della
Puglia, il Museo prolungherà l’orario di apertura fino alle ore 23.00 (chiusura biglietteria ore
22.30).
Le visite guidate gratuite alle ore 20.15 e 21.30 saranno a cura del concessionario dei servizi
aggiuntivi Nova Apulia (prenotazioni allo 099/4538639).
Nel corso dell’apertura serale del sabato, ad orari prefissati, il pubblico potrà “immergersi” nella
necropoli della Taranto antica assistendo alle proiezioni del filmato 3D del Teatro Virtuale.
INGRESSO GRATUITO A PARTIRE DALLE ORE 20.00
Nel corso della visita sarà possibile mettere a confronto archeologia e arte del Novecento attraverso
l’esposizione della mostra Giacomo Manzù e le sue donne nelle sale del MARTA.

Riceviamo e pubblichiamo un intervento di Giancarlo Girardi

Per Ilva sembra davvero fatta, Arcelor Mittal è interessata, i suoi tecnici ed esperti hanno visionato l’intero stabilimento dando esito positivo ad un affare.  Atto formale e scontato per chi segue queste vicende. Occorrerà stabilire il prezzo di vendita ed il piano industriale di integrazione di Ilva nella multinazionale. Sarà un’ulteriore perdita di un minimo di sovranità economica nazionale. Una vicenda simile l’abbiamo vissuta, però, con Emilio Riva venti anni fa. Allora gli “uomini di Riva” si aggiravano per reparti ed aree di lavorazione, lo facevano in modo subdolo e nell’ombra, come ben sanno sindacati e lavoratori del tempo. Annotavano tutto sull’intero ciclo di lavorazione, uomini e cose progettarono, per poi applicarla, una nuova organizzazione del lavoro interna alla fabbrica. Divennero i protagonisti ben pagati di quel “governo ombra”, illegale, come la magistratura tarantina lo definì successivamente mandando un bel numero di avvisi di garanzia e di arresti. Il procuratore Sebastio debellò, nella fine degli anni novanta, la “palazzina Laf”, il lager dello stabilimento in cui confinare lavoratori indesiderati dalla proprietà. Allora, come oggi, si trattò di vendere la fabbrica nel mondo globalizzato del mercato dell’acciaio. Riva era già una modesta multinazionale e come tale si comportò anche se l’operazione doveva garantire la presunta italianità dell’acciaio. Non tenne nessun fine sociale verso il territorio, nessun riconoscimento delle problematiche che la fabbrica aveva comportato nei precedenti trentacinque anni, né gli fu imposto dal governo di allora e dal ministero competente di fare investimenti in tale senso. La situazione continuò ad incancrenirsi. Il prezzo fu irrisorio al punto che i guadagni arrivarono quasi subito, l’investimento iniziale fu ripagato a tempo di record storico per un sistema economico  basato sulla libera concorrenza. Riva affermò una decina di anni dopo, poco prima della crisi, in una famosa intervista al giornale di Confindustria, che non si era “mai legato a uomini e cose”, che aveva “cinquantuplicato il valore della fabbrica rispetto al valore pattuito d’acquisto” e che sarebbe stato disposto a venderla a chicchessia  “per una trentina di miliardi di euro”. Dimenticò di affermare che il “segreto” del suo successo economico fu basato, oltre che sui più bassi salari europei dei suoi operai, ma questo sarebbe stato determinato dalla allora capacità dei sindacati,  ma soprattutto sull’uso gratuito del “capitale naturale” e del “capitale umano” regalatogli, nei suoi venti anni, dal governo nazionale, regionale e cittadino. La politica di allora non chiese contropartite alcune, anzi in tanti, anche personaggi servizievoli successivamente intercettati dalla magistratura, giuravano sulla naturale estinzione a breve periodo di questa fabbrica e con essa dei grandi problemi in cui aveva trascinato questa città. Riva ottenne e rilanciò con l’aumento dell’area a caldo supportata da una poderosa flotta commerciale di sua proprietà per materie prime e prodotti finiti stoccati a cielo aperto accanto alla città, creando un suo rapporto sinergico con altri suoi stabilimenti italiani ed esteri.  A Taranto la produzione “sporca” altrove quella “pulita”. Agli “ambientalisti”, una minoranza, a suo dire, rispetto all’intera città di quasi duecentomila abitanti, rispondeva sprezzante che non sarebbe mai stato possibile far fare i “bagnini stagionali” nella nostra costa ai suoi undicimila dipendenti. E’ storia recente quella delle evasioni, riciclaggi, giri finanziari per i troppi soldi che l’“asseven dalle recchje”, come si dice dalle nostre parti, dimostrando l’essenza di quel “capitalismo straccione”, definizione storica degli industriali italiani. Arcelor Mittal è logicamente interessata ad acquisire, innanzitutto, la quota di mercato di Ilva, del suo ciclo integrale che, va ricordato, nei tanti modi più moderni e molto meno impattanti in cui si può fare l’acciaio, è il più antico ed inquinante in assoluto. In India un decennio fa ci fu un movimento di contadini che si oppose, con successo, all’insediamento di tale produzione sulle proprie terre. Va detto che il core business di Riva fu, e resta per la nuova proprietà, proprio l’area a caldo con la produzione di gas velenosissimi il cui utilizzo garantisce la pressoché piena autonomia energetica dello stabilimento attraverso la loro combustione nelle centrali elettriche. L’altra condizione è la povertà economica e sociale del luogo di insediamento e l’assenza di alternative economiche, con il conseguente ricatto occupazionale continuo verso il territorio e la politica resa incapace, questa, di imporre la salvaguardia della salute e della vita dei lavoratori e dei cittadini. Questo governo, più degli altri che lo hanno preceduto, aggira in modo chiaro e spregiudicato con leggi nazionali i diritti costituzionali dei cittadini. Il “fine sociale” dell’impresa, prevista dalla Costituzione italiana non interesserà la nuova proprietà mentre la sopravvivenza di parte o della totalità dell’impianto dipenderà dal mercato e da un sistema predatorio che è nella natura di questo capitalismo che non conosce regole né programmazioni industriali e compatibili con i territori. La vicenda Tempa Rossa, cosa piccola ma significativa rispetto ad Ilva, insegna. Acquisire al prezzo più conveniente e lasciare allo Stato italiano l’enorme problema accumulatosi con l’inquinamento di Taranto è l’obiettivo di Arcelor Mittal. Farà parte della trattativa, forse, affrontarne una parte insieme, certamente, agli esuberi della mano d’opera eventuale. C’è un aspetto rilevante  di cui non si parla ancora ed è quello della rigidità della produzione di Ilva di Taranto, stabilimento troppo grande e quindi poco flessibile per le mutevoli richieste di mercato, o della possibilità che questo “gigante” dell’acciaio possa chiuderlo, smontando le sue parti interessanti e lasciare tutto il resto in “dono” alla città. Nessuno potrebbe vietarlo parchè si è pur sempre “padroni in casa propria” una volta comperata. Il futuro è assolutamente più incerto del presente. L’operazione, anche per altri settori ritenuti “strategici” per la nazione, sarebbe stata quella dell’esproprio previsto dalla Carta con eventuale risarcimento della proprietà. Lo “Stato sociale” sarà sostituito dall’”economia sociale” in cui niente sarà regalato ma tutto sarà da riconquistare nel mercato dei bisogni. Una scelta potrebbe essere imposta ed è quella della sostituzione dell’area a caldo dello stabilimento, chiusura di Cokerie, agglomerati e forni, fonte dei nostri enormi problemi, con un sistema moderno e poco impattante che esiste già da alcuni anni. Sapranno i nostri “capitani coraggiosi” della politica e dell’industria imporlo nella trattativa? Il futuro è nero come il fumo che esce ancora da quelle ciminiere.

                                                                                                                      Giancarlo Girardi.

di Luisa Campatelli

Il 16 luglio scorso scrivemmo che su Tempa Rossa sarebbe potuto profilarsi uno scontro istituzionale. Tutto questo alla luce del “no” espresso dal  Consiglio comunale e della ferma posizione assunta dal sindaco Stefàno in quella circostanza “abbiamo chiesto chiarimenti al progetto che non sono arrivati per cui non possiamo dare parere favorevole a scatola chiusa”.  Però, per dare a quel “no” (peraltro supportato da un articolato ordine del giorno del Pd) un valore spendibile in consessi diversi e per così dire superiori a quello municipale, sarebbe stato necessario che il primo cittadino avesse adottato una variante al piano regolatore, cosa che non risulta sia stata fatta.

Dopo la delibera consiliare gli Industriali ionici sono partiti all’attacco, prima del presidente Vendola, cui è stato chiesto di prendere posizione, quindi di Renzi e Napolitano, il tutto accompagnato da manifestazione pubblica con discesa campo dei massimi leader locali. Sul fronte opposto, gli ambientalisti hanno fatto sentire le loro ragioni. Sullo sfondo, una città spaccata.

Il parere favorevole espresso in sede romana dalla Conferenza dei servizi, che è la novità di questi giorni, sposta indubbiamente l’asticella più in alto. A questo punto dubitiamo che lo scontro istituzionale possa consumarsi visto che le istituzioni locali sembra abbiano optato per la ritirata….strategica.

 

 
 

Ombrelloni aperti a settembre e ottobre in Puglia, per battere il maltempo e la crisi economica che hanno ridotto le presenze turistiche questa estate. “L’idea” è del presidente del Consiglio regionale della Puglia, Onofrio Introna, che ha scritto agli assessori regionali al demanio, Leonardo Di Gioia e al Turismo, Silvia Godelli per proporre l’allungamento della stagione balneare nelle spiagge.     
“Un anno da dimenticare, che potrebbe trasformarsi un 2014 esemplare se il meteo dovesse stabilizzarsi, regalandoci il settembre estivo e le settimane di caldo ottobrino che caratterizzano l’andamento climatico pugliese”, osserva Introna.
A Pesaro ci hanno pensato per primi, seguiti dalla Versilia, nel Tirreno. A maggior ragione “il progetto potrebbe funzionare” nel Mezzogiorno adriatico. Si tratta di autorizzare le spiagge a restare attive almeno fino al 30 settembre ed oltre, per recuperare le giornate di mare perse nei mesi precedenti.
“L’inclemenza delle condizioni meteo dell’estate pugliese avversata dal cattivo tempo, in aggiunta agli effetti della crisi economica, ha causato una pesante riduzione delle presenze turistiche”, fa rilevare il presidente del Consiglio. A giugno e luglio il calo in Puglia è stato del 30% ed ha penalizzato il fatturato degli operatori turistici e delle vacanze.
“Davanti all’eccezionale avversità climatica e alle difficoltà dei bilanci familiari, che hanno scoraggiato molti vacanzieri anche nelle settimane di agosto caratterizzate dal caro prezzi d’alta stagione” il presidente Introna chiede agli assessori se non ritengano “opportuno prorogare
al 30 settembre l'esercizio delle attività balneari e delle strutture turistico-ricreative collegate. E di consentirla anche ad ottobre, per gli operatori che volessero avvalersi di questa facoltà”. L’apertura obbligatoria degli stabilimenti balneari è fissata dal quarto sabato di maggio alla seconda domenica di settembre dall’ordinanza vigente della Regione Puglia (Area finanza e controlli del Servizio demanio e patrimonio).
La decisione andrà assunta, “previa intesa con l’ANCI, in rappresentanza dei comuni costieri, il Corpo delle Capitanerie di Porto, il Sindacato balneari e le Associazioni di categoria degli albergatori ed operatori turistici”. Nell’eventualità di “un auspicabile allungamento della stagione turistico-balneare”, anche nell’ottica di una politica mirata alla destagionlizzazione, così come il nostro clima consente  Introna suggerisce di fornire “tempestive informazioni al pubblico e in particolare ai tour operator italiani e internazionali, in merito al dettaglio delle spiagge che resteranno aperte ed alle iniziative culturali e locali in programma nello stesso periodo nel territorio circostante”. 

 

Riceviamo e pubblichiamo un resoconto di Antonio Notarnicola
Si è svolta presso il Lido Spartacus di Marina di Chiatona a Palagiano la terza tappa della terza edizione del concorso regionale itinerante “Miss & Mister Terra Jonica”, gestito dal noto conduttore pugliese Giuseppe Stigliano e da Rosa Colavito in collaborazione con l’Endas Taranto di Enzo Adduci e l’Endas Puglia di Giovanni Cristofaro, e con Luigi Pirillo. Una serata variegata, ricca di momenti di moda e di spettacolo: in passerella 28 concorrenti, 14 miss e 14 mister, tra coloro che ancora si contendono un posto in finale in questo lungo tour, iniziato da Villa Castelli lo scorso 29 luglio e che si concluderà domenica, 31 agosto presso l’anfiteatro comunale di Castellaneta. I concorrenti si sono sfidati in tre diverse uscite: casual, elegante e costume, due delle quali con votazione: anche in questo caso, la giuria, composta dal presidente Milena Guarnieri (insegnante di danza e curatrice del portamento nella Giuseppe Stigliano Management), Sara Desumma (collaboratrice casting), Franco Gigante (responsabile ufficio stampa e pubbliche relazioni), Antonio Notarnicola (giornalista), e dai fratelli Luigi e Gianni D’Alconso (collaboratori), è stata chiamata a scegliere i due vincitori (categoria maschile e femminile) che si sono aggiudicati di diritto la finalissima: si tratta di Mariacarmela Aprile, 18 anni di Mottola e Ciro De Leonardis, 17 anni di Grottaglie; entrambi sono nello staff di Stigliano da maggio, hanno avuto la meglio sui loro colleghi. Il presentatore Giuseppe Stigliano e la sua collaboratrice Rosa Colavito, insieme a Milena Guarnieri, hanno poi deciso di affidare ben due fasce di merito ad altrettanti concorrenti che si sono distinti in questo 2014 nel gruppo per motivazione ed impegno: i titoli vanno a Maria Antonicelli e Cristiano Scianna.La serata ha vissuto anche momenti di spettacolo con gli artisti che compongono il cast della Giuseppe Stigliano Management: in particolare il cantautore Ugo Bianco si è proposto al pubblico con tre brani, di cui uno inedito.Nella serata c’è stata anche l’uscita di tutti i concorrenti già qualificati, da Marika Conserva (Miss Endas Palagianello) a Selenia Spronato (Miss Terra Jonica Villa Castelli), Carmine Beretta (Mister Terra Jonica Villa Castelli), Carmen Muraglia (Miss Massafra 2014) e Giuseppe Greco (Mister Massafra 2014).Le prossime tappe del concorso regionale itinerante “Miss & Mister Terra Jonica” sono Il Rifugio del Re a Massafra il 18 agosto, Mottola il 29 agosto, Statte il 30 agosto nell’ambito della Notte Bianca, Taranto e la finalissima di Castellaneta il 31 agosto.
 
Fine della conversazione in chat

 

 

Più passa il tempo, più si trova.

Credevamo di sapere tutto, o quasi, attorno al mai dimenticato attore castellanetano  Rodolfo Valentino; conosciamo i suoi film, la sua vita e la sua morte; conosciamo i suoi tragici amori, le donne che l’hanno amato e, talvolta, usato; eravamo convinti che questo mito del cinema non avrebbe avuto più nulla per sorprenderci , ad ottantotto anni della sua morte.

E invece no; ultimamente si sta scoprendo, o meglio, riscoprendo, il Rodolfo Valentino poeta, un raffinatissimo poeta, capace di emozionare, coinvolgere e regalare momenti di assoluta freschezza .

Edvige Cuccarese, profonda conoscitrice di Rodolfo Valentino poeta, ha raccolto alcune delle sue poesie in un volumetto che presenterà al Museo Rodolfo Valentino di Castellaneta martedì 19 agosto 2014alle ore 20,30; con lei due giovani talenti musicali, la violinista Tiziana Toscano e la chitarrista Floriana Laporta. Le note di Paganini, Bach e altri classici si fonderanno alle parole delle struggenti poesie di Rodolfo Valentino, quasi a sottolinearne la profonda bellezza.

Un evento raffinatissimo che non mancherà di coinvolgere emotivamente il pubblico. Un coro generale, quello della Fondazione Rodolfo Valentino e del suo staff,  che in pochi anni ha  portato il museo dedicato al mito fuori dai confini di Castellaneta.

“Sarebbe davvero una perdita per la cultura non fare arrivare a conoscenza di un più vasto pubblico le poesie di Rodolfo Valentino  che è stato, lasciatecelo dire con un pizzico di orgoglio, il simbolo mondiale dell’Italia e della nostra terra”, dicono i responsabili della Fondazione Rodolfo Valentino.

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Pubblichiamo una testimonianza dal presidio permanente presso il nido di tartarughe Caretta Caretta scoperto a Campomarino

Stamane un risveglio solito, ma essendo un giorno di ferie, è uno di quei giorni in cui lo spirito si anima di voglia di nuove scoperte, di nuove emozioni.

Si è deciso quindi di fare qualcosa di diverso, qualcosa di speciale…

Si parte verso Taranto per incontrare Fabio, responsabile del WWF di Taranto il quale ci porterà al presidio a tutela del nido della tartaruga Caretta Caretta .

Chiunque non abbia mai vissuto un interesse specifico verso la natura e gli animali, si ritrova a vivere la proposta con relativo slancio e a partire con la consapevolezza che, in ogni caso tra il mare e la spiaggia, che hanno davvero tanto da offrire, la giornata potrà comunque essere ricca di piacevoli momenti.

Ebbene una volta giunti sul sito, ecco che guardandosi attorno si comincia a respirare un’aria diversa, non ci si ritrova solo in una bella spiaggia dal mare stupendo in compagnia di bagnanti e campeggiatori, se si guarda, con gli occhi di chi vuole vedere oltre cio’ che ci mostra il senso della vista, ebbene lì comincia il vero spettacolo.

Un occhio al nido delle tartarughe con la curiosità di chi immagina quei piccoli esserini li intenti a crescere per poi partire verso la loro prima corsa per la vita, un nido meticolosamente circondato da una rete al fine di proteggerlo contro ogni avversità, i volontari accorsi per partecipare alla sorveglianza del sito, tra i quali Nicola e Venera, intenti a destreggiarsi tra bambini e passanti curiosi e in un punto antistante il nido un telo steso raffigurante “Le tartarughe” e su di esso sassi e conchiglie raccolte dai bambini e pronta la colla per una composizione d’effetto.

Con altri ragazzi Venera comincia ad unire cio’ che la natura ci ha lasciato dopo aver effettuato il suo corso: le pietre pomice a far da corpo e i gusci dei molluschi a far da zampe…ecco riprodotta una tartarughina.

Sempre all’occhio umano, puo’ sembrare un lavoretto da asilo e invece andando a fondo, ogni cosa riporta alla consapevolezza di voler cogliere un momento di grande valore umano e di senso di comunità unito ad un grande senso di responsabilità di questi ragazzi.

Il clima diventa di genuina amicizia e nel fare da “guardia” alle 21 uova rimaste al nido, sopraggiungono altri ragazzi a trascorrere con noi la notte, si impara quanto, con poco ma tanto senso di condivisione, si possa trascorrere piacevoli momenti a contatto solo con la natura, senza grandi organizzazioni o attrezzature da spiaggia particolari, ma talvolta con semplicemente un paio di asticelle tenute su dalla sabbia a far da stendino.

La scelta di questa mamma tartaruga di venir a depositare le uova su questa spiaggia ,sarà stata dettata da tanti fattori scientifici ma, oltre, io ci vedo anche un messaggio importante che spesso viaggia sul famoso social network, e che tanti condividono probabilmente solo perché d’effetto: (Dalai Lama) “Dona a chi ami ali per volare, radici per tornare e motivi per rimanere”.

Doniamo a noi stessi, proteggendo la NOSTRA natura, la NOSTRA VITA, i nostri animali “ALI PER VOLARE” perché si puo’ volare anche solo con il cuore con un battito accelerato per un ‘emozione.

Facciamo in modo di non distruggere fosse anche il piu’ piccolo filo d’erba affinchè ci siano “MOTIVI PER RIMANERE” e soprattutto guardiamo con gli occhi di chi pensa in comunione con il prossimo e di chi raccoglierà i frutti del nostro impegno e costruiamo muovendo i nostri passi in maniera che ci siano “RADICI PER TORNARE”.

Questo è il valore dell’essere umano, il rispetto per cio’ che ci circonda, il dono dell’oggi e la speranza per domani il ciclo irrefrenabile della vita che sta a noi proteggere sempre e comunque.

Nell’attesa di quel meraviglioso accelerarsi del battito di cuore che avverrà alla schiusa delle uova, ringrazio Fabio e tutti i volontari del WWF perché oggi piu’ di ieri sono consapevole di quanto significhi per noi il loro grande impegno nella lotta contro il degrado dell’ambiente naturale.

x il WWF e per il nostro Mondo

Tiziana D.

Riceviamo e pubblichiamo un intervento di Vito Massimano

A Taranto è in atto “l’operazione passato”, una sorta di ritorno alle origini, al mito di Sparta e della Magna Grecia.

In soldoni si tratta di una serie di manifestazioni (le tarantiadi sono solo uno dei possibili esempi) che, unitamente ad uno studio abbozzato sulla carta teso a fare del mito di Sparta un vero e proprio brand, si propongono di risvegliare la coscienza collettiva e l’orgoglio dell’appartenenza cercando nel frattempo di tirar su due soldi con il turismo.

Iniziativa sbagliata? No per carità, tentativo ammirevole anche se il confine oltre il quale un’idea meritoria si trasforma in una buffonata senza senso è molto sottile e merita un supplemento di attenzione e serietà.

Tale responsabilità prescinde dai bravi organizzatori degli eventi in questione diventando un fatto che interessa tutta la città la quale deve abbandonare la voglia di saper apparire spartana cercando di saperlo essere, senza riempirsi grottescamente la bocca con un mito che è quanto di più lontano esista da ciò che Taranto è diventata.

Il pericolo è che, senza tale operazione verità, Taranto tenda a voler diventare un enorme set cinematografico popolato di disperati che, come i centurioni abusivi intorno al Colosseo,posano per una foto in abito d’epoca in cambio di due spicci.

Gli Spartani erano un popolo di guerrieri che avevano ben presente cosa fosse l’onore, il coraggio e la lotta dura contro chiunque osasse minacciare il proprio sacro territorio tanto che,nella ormai famosa battaglia delle Termopili, trecento valorosi irriducibili tennero rabbiosamente testa all’esercito Persiano grande quasi quattro volte quello del condottiero Leonida.

Non da meno erano i discendenti Tarantini che, con l’aiuto di Pirro, dettero non pochi grattacapo all’esercito Romano.

Prova ne sia la ormai epica vicenda di Filonide il quale, dimostrando fierezza e scarso timore reverenziale,  si sollevò la veste e orinò sulla toga degli ambasciatori romani giunti a Taranto con l'intento apparente mediare.

La Taranto moderna non è così, non ha nemmeno un briciolo dell’amor proprio di quella gente.

L’orgoglio spartano è una coglioneria che si sfoggia vacuamente in pubblico per gonfiare il petto come atto di folclore.

Noi non tuteliamo la nostra terra e a Roma al massimo mandiamo le letterine del sindaco, presi come siamo dalla consolidata moda  tarantina di inviare missive ora per convocare inutili tavoli tecnici per (non) risolvere le vertenze aperte, ora per chiedere vanamente che la Costa Concordia venga smantellata dalle nostre maestranze.

Alle missive in genere da Roma non risponde nessuno perché gli spartani “arraganati” non sono né temuti né tantomeno rispettati.

Come dire: siamo stati rappresentati da Filonide mentre oggi le nostre lettere vengono trattate come la toga degli ambasciatori di cui sopra.

"Ridete finché potete, Tarantini, ridete! In futuro dovrete a lungo versare lacrime!", sembra quasi che si siano avverate le parole di Postumio, il console romano oltraggiato da Filonide, visto che nel frattempo troppe volte, almeno negli ultimi settant’anni, Roma ci ha abbandonato al nostro destino (con noi poco spartanamente collusi) dopo averci saccheggiato dal punto di vista industriale, ambientale, militare, sociale, culturale, sanitario e infrastrutturale.

Adesso, via Sicilia, ci mandano anche gli immigrati, o migranti come amano poeticamente chiamarli, come se noi non avessimo ferite aperte e come se non sapessimo che per noi non ci sono risorse, mentre loro ci costano qualche miliardo di euro l’anno (per chi volesse è consultabile lo studio della Fondazione Leone Moressa mentre, secondo L’Espresso, la sola operazione Marenostrum è costata 600 milioni in sei mesi).

La storia si ripete e magari, dopo il regalo di Alfano, Taranto ritornerà ad essere l'Emirato di Taranto proprio come l’ insediamento musulmano sorto a partire dall'840 e composto da guerrieri provenienti dalla Sicilia (ecco appunto) che rese la nostra città  per circa un trentennio scomoda presenza islamica nel Mezzogiorno, al pari dello stato costituito a Bari da Khalfùn, direttamente collegato con Baghdad, sede dell’allora califfato (proprio come oggi!).

“Se un uomo libero passerà di qui nei secoli a venire, possa ascoltare le nostre voci provenire dalle antiche pietre”, questo recita un epitaffio posto nel luogo ove morirono eroicamente i trecento Spartani guidati da Leonida.

In estrema sincerità: possono i Tarantini di oggi definirsi Spartani? Cosa diranno di noi le antiche pietre?

 


Vito Massimano

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