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Giornale di Taranto - Economia, Lavoro & Industria
Economia, Lavoro & Industria

Economia, Lavoro & Industria (1903)

Nulla di fatto per l\\\'ex Ilva di Taranto all\\\'incontro tenutosi ieri a Palazzo Chigi. Lo Stato è disposto a mettere 

630 milioni per il salvataggio dell\\\'azienda ma il socio di maggioranza Arcelor Mittal che non ritiene strategico lo stabilimento 

siderurgico tarantino e non vuole quindi impegnarsi.

<La delegazione del Governo - riferisce Palazzo Chigi- ha proposto ai vertici dell’azienda la sottoscrizione dell’aumento di capitale sociale, pari a 320 milioni di euro, così da concorrere ad aumentare al 66% la partecipazione del socio pubblico Invitalia, unitamente a quanto necessario per garantire la continuità produttiva. Il Governo ha preso atto della indisponibilità di ArcelorMittal ad assumere impegni finanziari e di investimento, anche come socio di minoranza, e ha incaricato Invitalia di assumere le decisioni conseguenti, attraverso il proprio team legale».

A questo punto si potrebbe riaprire lo scenario dell’amministrazione straordinaria. Il governo ha convocato i sindacati per giovedì 11 gennaio e in quella sede potrebbero essere forniti i dettagli della procedura che si intende seguire.

L’assemblea degli autotrasportatori di Casartigiani Taranto, alla portineria C area Tir del siderurgico ex Ilva di Taranto, continuerà fino al 12 gennaio. È quanto deciso ieri sera in seguito agli esiti dell’incontro tra Governo e Arcelor Mittal. “Risultati che, ancora una volta, lasciano intendere che ci si ritrovi dinnanzi a una situazione dai contorni poco chiari e dal futuro instabile, in cui i lavoratori vengono costantemente lasciati ai margini” commenta Casartigiani che nei giorni scorsi in un documento al Governo ha scritto che il credito vantato dal settore trasporto verso l’ex Ilva ammonta a circa 20 milioni.

“Gli autotrasportatori - dichiara Casartigiani - continueranno l’assemblea fin quando non verranno saldati i pagamenti di tutte le fatture scadute entro la data sopra indicata. Qualora i pagamenti non venissero disposti, saranno costretti ad avviare ulteriori azioni a tutela dei propri diritti. Gli autotrasportatori restano in attesa di essere ricevuti dai vertici di Acciaierie d’Italia, disponibili a sottoscrivere un accordo di rientro delle somme dovute”. 

I sindacati hanno definito gravissimo il comportamento di Mittal ritenendo necessari il controllo pubblico dell\\\'azienda e interventi che mettano in sicurezza i lavoratori, compresi quell\\\'indotto la salvaguardia occupazionale, la salute e la sicurezza, il risanamento ambientale e il rilancio industriale. 

Lu.Lo.

Speravamo che l’ingresso dello Stato nell’azionariato del siderurgico

segnasse un cambio di passo stabile rispetto al passato. Al contrario, l’azienda continua a

disattendere gli accordi commerciali con i propri fornitori. A partire dai trasportatori, le nostre

imprese si trovano ancora una volta a fare i conti con gravi ritardi di pagamento, in spregio a

qualsivoglia norma contrattuale e negoziale. C’è molta preoccupazione per il futuro di Acciaierie

d’Italia e siamo in attesa di conoscere l’esito delle trattative in sede governativa” – così

Francesco Sgherza, Presidente di Confartigianato Imprese Puglia, commenta l’ennesima

vertenza tra le imprese dell’indotto e l’ex Ilva.

Gli autotrasportatori, in particolare, così come molte altre imprese dell’indotto, hanno

garantito continuità nella fornitura dei loro servizi nonostante i gravi ritardi nei pagamenti

che in alcuni casi sono avvenuti solo a parziale saldo delle fatture. Sebbene l’azienda stia in

proprio in queste ore cominciando a sanare gli arretrati più risalenti (fine 2022 e primi mesi

del 2023), le criticità sono ancora molte e ad esse si aggiunge l’incertezza sul futuro di

Acciaierie d’Italia, il cui dossier è al centro di trattative tra il Governo, Invitalia e Arcelor

Mittal, che si incontreranno nuovamente la prossima settimana.

Per i trasportatori lo spettro è quello della gestione commissariale dell’ex Ilva che ha

determinato in molti casi pagamenti irrisori rispetto ai servizi forniti, con conseguenze

devastanti per imprese, lavoratrici e lavoratori.

Il cronico e prolungato ritardo nei pagamenti si somma al fatto che già prima dell’ingresso di

Invitalia l’azienda aveva radicalmente rivisto le modalità di assegnazione dei trasporti,

innescando un regime di spietata competizione tra i piccoli vettori, con il risultato che in

moltissimi sono rimasti esclusi dal sistema. A farne le spese sono state in primis le piccole

imprese fornitrici storiche del siderurgico, che hanno sempre dato il proprio contributo,

specie negli anni di maggiore difficoltà dell’ex Ilva.

“È francamente incredibile che il fatto che ADI stia dando seguito al pagamento di fatture della

fine del 2022 e di inizio 2023 debba suonare come una vittoria, quando non è altro che

l’adempimento di un obbligo contrattuale – continua Michele Giglio, presidente regionale

dei Trasportatori di Confartigianato Puglia. Ci auguriamo che gli incontri della prossima

settimana abbiano come esito il superamento, una volta per tutte, di questa situazione che si

trascina ormai da anni. È assolutamente necessario e urgente recuperare il prima possibile la

normale operatività di un polo industriale strategico del Paese, a partire dai rapporti con

centinaia di piccole imprese del territorio di fatto espulse dall’indotto ex Ilva: occorre lavorare

nell’interesse della correttezza dei rapporti e nell’ottica di una competitività sana tra le aziende

fornitrici, non unicamente improntata al principio del massimo ribasso ma tesa all’innovazione e

al miglioramento dei processi aziendali.

Proprio per questo e per rappresentare al meglio lo stato delle nostre imprese, abbiamo avviato

ogni utile interlocuzione politica sul piano nazionale e territoriale, a partire da quella con il prefetto di Taranto>.

Ci sono stati passi avanti, ritenuti utili per il confronto che Mittal e Governo avranno l’8 gennaio sul futuro di Acciaierie d’Italia, l’ex Ilva. Così viene riassunto da fonti vicine al dossier - apprende AGI - l’incontro che nel pomeriggio di ieri hanno avuto l’amministratore delegato di Invitalia, Bernardo Mattarella, e Ondra Otradovec, rappresentante di primo piano della multinazionale Arcelor Mittal. Quest’ultimo è il manager che si occupa di Mergers and Acquisitions, cioè delle operazioni di acquisizioni e/o fusioni e Otradovec è stato in campo anche anni fa, quando Mittal si preparava alla gara per rilevare in gestione l’ex Ilva dall’amministrazione straordinaria. Compito di Bernardo Mattarella e di Otradovec sarebbe stato quello di preparare la strada al vertice imminente, analizzando le possibili soluzioni, la parte finanziaria e le modalità di costruzione di un’eventuale intesa, fermo restando che poi la sintesi, e quindi la conferma o meno di un accordo, la dovrà necessariamente fare il tavolo dell’8, dove siederanno i ministri interessati al dossier ex Ilva e, a quanto pare, Aditya Mittal, figlio di Lakshmi e ceo di ArcelorMittal.  Intanto, si registra una prima, parziale schiarita per il pagamento delle fatture arretrate agli autotrasportatori. Secondo Giacinto Fallone di Casartigiani,  sono arrivati dei bonifici da Acciaierie. La copertura varierebbe da soggetto a soggetto. In linea generale, sarebbero state saldate le fatture che partendo da dicembre 2022, arrivano ai primi tre-quattro mesi dell’anno scorso. In qualche caso sarebbero state pagate anche le fatture di giugno. Gli autotrasportatori di Casartigiani dal 2 gennaio sono con i mezzi sul piazzale della portineria C della fabbrica e oggi  alle 9.30 incontreranno il senatore Mario Turco, del M5S, e alle 11 andranno dal prefetto di Taranto, Paola Dessì. Casartigiani ha anche scritto ai ministri Urso, Fitto e Salvini evidenziando che il credito maturato verso Acciaierie ammonta a 20 milioni.

Gli autotrasportatori di Casartigiani alzano il tiro della protesta verso Acciaierie d’Italia, l’ex Ilva, per le fatture scadute e non pagate. Dopo il presidio di ieri sul piazzale della portineria C della fabbrica, quella da cui transitano i mezzi pesanti, oggi sono stati al varco merci del siderurgico, fermando i camion che fanno la spola tra i pontili portuali e lo stabilimento trasportando le materie prime necessarie alla produzione una volta scaricate dalle navi. Il fermo dei camion, secondo i manifestanti, ha fatto slittare le operazioni di prelievo a bordo dei minerali e ad un certo punto la nave che era in banchina avrebbe chiuso la stiva. Casartigiani, intanto, annuncia che sospenderà la protesta solo il 6 e 7 gennaio, rispettivamente festa dell’Epifania e domenica, per riprenderla poi dalle 7 dell’8 gennaio, giorno in cui é anche programmato il confronto - che viene definito chiarificatore - tra i Mittal, azionisti di maggioranza di Acciaierie col 62 per cento, e il Governo, che è presente nella società attraverso Invitalia, partner di minoranza che detiene il 38. In un documento inviato ai ministri Adolfo Urso (Imprese), Raffaele Fitto (Affari europei, Coesione, Sud e Pnrr) e Matteo Salvini (Trasporti e infrastrutture), Casartigiani, col coordinatore regionale Stefano Castronuovo, scrive che “il settore rappresentato si ritrova al collasso. Già pesantemente colpito dall’amministrazione straordinaria dell’ex Ilva nel 2015, la categoria dell’autotrasporto-trasporto merci, dipendente di Acciaierie D’Italia spa denuncia da mesi il mancato pagamento del fatturato che, allo stato attuale, ammonta a circa 20 milioni di euro. Fatturato comprensivo non solo delle spese sostenute relative al trasporto di materie prime ma, altresì, delle spese di rifornimento carburante, necessario ai fini dello svolgimento dell’attività di trasporto delle materie prime del committente. Il mancato pagamento delle fatture di trasporto si protrae ben oltre i termini di pagamento ex lege”. Casartigian richiama infatti la legge n. 133 del 6 agosto 2008 ed evidenzia che “il termine di pagamento del corrispettivo relativo ai contratti di trasporto di merci su strada non può, comunque, essere superiore a sessanta giorni, decorrenti dalla data di emissione della fattura da parte del creditore”. 

\"Siamo in una situazione ancora di gravissima emergenza\" e \"profondamente negativa\": non abbiamo nuove notizie da dare ai lavoratori\" di Acciaierie Italia. Lo ha detto il segretario generale della Fim, Roberto Benaglia, al termine dell\'incontro tra governo e sindacati a palazzo Chigi sull\'ex Ilva. 

Ci sarà un nuovo incontro tra governo e sindacati sull’ex Ilva il 9 gennaio, dopo il vertice tra governo, Invitalia e Arcelor Mittal previsto per l’8 gennaio.  \"Siamo a un passo dallo scontro\" questo è quanto ha aggiunto il segretario generale della Fiom, Michele De Palma, dopo l\'incontro con il governo a palazzo Chigi sull\'ex Ilva.

L\'incontro di oggi segue il nulla di fatto nel consiglio di amministrazione di Acciaierie d’Italia (ex Ilva), con gli azionisti ArcelorMittal e Invitalia che non hanno preso alcuna decisione ma rinviato tutto in attesa del confronto, ai primi di gennaio, tra Governo e vertici della multinazionale dell’acciaio. A poche ore dopo la seduta a vuoto del cda di Acciaierie, l’indotto che fa capo ad Aigi - associazione di imprese - ha annunciato il ricorso alla cassa integrazione.

   Il presidente di Aigi, Fabio Greco, ha infatti spedito tre lettere. La prima ai vertici di Invitalia (ad Bernardo Mattarella) e di Acciaierie (presidente Bernabè e ad Morselli). Si prende atto del “nulla di fatto” e si dichiara che c’è “una situazione di paralisi che si riverbera negativamente sulla situazione delle aziende nostre associate le quali, oltre a vantare crediti, non registrano novità sul fronte di nuovi ordini. Una situazione che non potrà non determinare il ricorso allo strumento della cassa integrazione”.

   C’è poi una lettera ai sindacati Fim, Fiom, Uilm, Usb e Ugl, ai quali Aigi chiede un “incontro urgente, stante la gravissima situazione che si registra in AdI dopo l’ennesimo rinvio del consiglio di amministrazione della società”. Incontro, quello con le sigle, che servirà a formalizzare l’avvio della procedura di cassa.

Lu.Lo.

Sull’ex Ilva le posizioni tra i soci Arcelor Mittal (maggioranza) e Invitalia (minoranza) restano distinte e distanti. E non c’è alcuna certezza che nel cda di Acciaierie del 28 dicembre scoppi la pace. Sullo sfondo, ma sarebbe una soluzione estrema, c’é anche la “Composizione negoziata della crisi” (Codice della crisi e dell’insolvenza) per gestire il difficile momento di Acciaierie, portare Invitalia in maggioranza e negoziare con Mittal eventuali pretese risarcitorie. Allo stato. Invitalia, partner pubblico, ritiene che se si vuole salvare e rilanciare l’ex Ilva, bisogna alzare l’asticella e quindi mettere risorse adeguate, 1,320 miliardi, da dividere in quota parte secondo i rapporti societari: 62 per cento di Mittal e 38 di Invitalia. Mittal, invece, si ferma per ora a 320 milioni, si impegna a sottoscrivere la sua parte, e guarda soprattutto alla scadenza di maggio prossimo, quando bisognerà acquistare gli impianti siderurgici, ora gestiti in fitto. Mittal sosterrebbe che questo del possesso degli impianti è il vero snodo della continuità aziendale. L’acquisto era già all’ordine del giorno a maggio 2022, ma fu posticipato di due anni in quanto gli impianti erano ancora sotto sequestro e alla richiesta di dissequestro fatta dalla proprietà, Ilva in amministrazione straordinaria, dissero no la Procura e la Corte d’Assise di Taranto essendo stata già disposta la loro confisca con una sentenza. Se c’è già battaglia tra i due soci su cosa fare oggi per assicurare sostegno alla società (che tra bassa produzione, cassa integrazione, impianti al minimo e indotto non pagato, sta messa male), è presumibile che possa esserci anche quando bisognerà negoziare il prezzo di acquisto degli impianti.  

Nella delibera che il cda di Acciaierie avrebbe dovuto licenziare ieri, cda che non si è più tenuto per l’assenza della componente pubblica, si parla di “riduzione dell’importo netto da versarsi”, sostenendo che Acciaierie ha crediti da vantare verso la società concedente, Ilva in as. E per dar forza alla richiesta di riduzione dell’esborso, la parte privata di Acciaierie tira in ballo la legge n. 103 del 10 agosto scorso, quella che ha convertito il decreto n. 69 del 13 giugno 2023 relativo a “disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi derivanti da atti dell’Unione Europea e da procedure di infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano”. È una legge che contiene alcuni passaggi sull’ex Ilva, tra cui “In caso di imprese ammesse all’amministrazione straordinaria, il sequestro preventivo non impedisce il trasferimento dei beni in sequestro”. Ma a Mittal, in questa fase, interessa soprattutto il punto che dice che “congruità del prezzo è attestata mediante apposita perizia giurata”, tenendo anche conto “delle valutazioni fatte nell’ambito delle procedure competitive per la cessione a terzi dei complessi aziendali”, e che queste “disposizioni si applicano nel caso in cui sia intervenuto un provvedimento di confisca”.  Attualmente il prezzo di cessione è stabilito in 1,8 miliardi, che devono servire a Ilva in as a pagare i creditori e che quest’ultima ha già contestato ad Acciaierie varie inadempienze, non ultimo lo stato estremamente critico in cui la società avrebbe portato gli impianti in questi cinque anni di gestione.

Acciaierie d’Italia (ex Ilva) ha contestato con una lettera la prestazione di lavoro offerta dalle imprese appaltatrici del siderurgico di Taranto nella giornata (ieri) in cui i dipendenti delle stesse, su iniziativa del sindacato Usb, hanno scioperato perché in questo mese i datori di lavoro erogheranno solo lo stipendio e non la tredicesima. Ad assumere la decisione del pagamento parziale é stata Aigi, associazione che raggruppa le aziende dell’indotto, le quali attendono i pagamenti da Acciaierie per i lavori eseguiti in fabbrica, fatturati e scaduti, e lamentano il mancato arrivo di nuovi ordini per i prossimi mesi. Nella lettera di Acciaierie, firmata dai dirigenti Domenico Ponzio e Vincenzo Dimastromatteo (quest’ultimo direttore dello stabilimento di Taranto), si afferma tra l’altro che “il grave danno alla nostra produzione cagionato dalla scarsa o, comunque, incompleta presenza dei vostri addetti allo svolgimento delle prestazioni dei servizi appaltati”. Si tratta, recita la contestazione di Acciaierie, di “grave inadempimento della prestazione dovuta, direttamente imputabile alla vostra società” che “ha compromesso irrimediabilmente la produzione odierna del nostro stabilimenti”. L’inadempimento “ha cagionato alla nostra società una rilevante perdita economica. Non esiteremo - dice Acciaierie - ad addebitarvi tutti i costi e le perdite, dirette e indirette conseguenziali alla ridotta prestazione e riserviamo ogni decisione sulla risoluzione dei contratti o sul riaffidamento dei servizi alla relativa scadenza”. Fonti vicine ad Aigi affermano che nelle ultime ore Acciaierie ha comunicato a poco più di una ventina di aziende gli avvisi di bonifico, ma si tratterebbe di una somma pari al 20 per cento dello scaduto maturato (le aziende hanno detto in Prefettura che vantano crediti per una settantina di milioni) e in ogni caso resta per il momento la decisione delle imprese di erogare solo lo stipendio e non la tredicesima.

Questa mattina i lavoratori dell’indotto di Acciaierie d’Italia, ex Ilva, hanno occupato temporaneamente la Concattedrale di Taranto. Sono stati nella parte inferiore del tempio progettato da Giò Ponti. L’iniziativa è stata presa dal sindacato Usb. In segno di protesta per il fatto che le aziende dell’indotto rappresentate da Aigi pagheranno solo lo stipendio e non anche la tredicesima, l’Usb ha indetto nelle imprese appaltatrici uno sciopero di 24 ore che si concluderà alle 23 di questa sera. Questa mattina, molto presto, c’è stato un presidio di protesta davanti alla portinerie imprese del siderurgico. Poi il sit in si è spostato in città, alla Concattedrale. “Chiediamo il pagamento puntuale dei nostri stipendi e delle nostre tredicesime e invitiamo le istituzioni tutte a lavorare per il superamento di questa situazione insostenibile e arbitraria - rileva Usb -. Rivendichiamo un sacrosanto diritto dei lavoratori. La tredicesima non può essere oggetto di ricatto. L\'assurda pretesa di poter non pagare in tempo utile le tredicesime prima delle festività natalizie da parte di alcune aziende d\'appalto è un chiaro tentativo di sfruttare come arma di ricatto i lavoratori dell\'appalto Acciaierie d\'Italia”. 

“Da giorni ormai gli spogliatoi della portineria operai all’interno dello stabilimento, sono senza  acqua calda. Questo significa che i dipendenti non hanno la possibilità di fare la doccia prima di finire il turno e tornare a casa. Ne deriva un serio problema di igiene e sicurezza, dal momento che i lavoratori portano su di sé, e quindi all’esterno, anche negli ambienti domestici, le polveri inquinanti”. Lo afferma il sindacato Usb a proposito dell’ex Ilva, Acciaierie d’Italia, a Taranto. “Si tratta di una questione atavica che non si risolve - rileva il sindacato -, anzi peggiora a causa della mancanza di corretta manutenzione e, nel caso specifico della caldaia, dell’assenza dei pezzi di ricambio. Moltissime, a più riprese, le denunce dell\'Unione Sindacale di Base. Recente anche un intervento dello Spesal, le cui prescrizioni però sono cadute nel vuoto. L’Usb, nel caso in cui non ci dovesse essere un celere intervento mirato a risolvere in maniera definitiva questa grave mancanza, sarà costretta a chiedere l’intervento degli enti esterni competenti”, conclude il sindacato. 

\"Ci vediamo costretti, nostro malgrado, a comunicare l’impossibilità per le nostre imprese metalmeccaniche di far fronte nel mese corrente al pagamento degli oneri fiscali e previdenziali e, purtroppo, alla erogazione di stipendi e della tredicesima mensilità ai nostri collaboratori. Nonostante gli appelli lanciati più volte, le numerose richieste di incontro inviate al management della società, al presidente del Consiglio dei ministri e ai ministri Urso e Fitto, al fine di addivenire ad una soluzione ai fini di una ripresa della produzione in chiave ecocompatibile, sono rimaste lettera morta”. È il passaggio cruciale della lettera che oggi l’Aigi (l’associazione delle imprese dell’indotto ex Ilva e metalmeccanico) ha inviato ai vertici nazionali (Roberto Benaglia, Michele De Palma e Rocco Palombella) e tarantini (Biagio Prisciano, Francesco Brigati e Davide Sperti) dei sindacati Fim, Fiom e Uilm. Stessa lettera anche a Franco Rizzo di Usb nazionale. Non pagate, o pagate con molto ritardo, da Acciaierie d’Italia per i lavori eseguiti nella fabbrica e fatturati, le imprese lanciano l’allarme. Un primo segnale Aigi lo aveva manifestato già nei giorni scorsi, in altre lettere ad Acciaierie e al prefetto di Taranto, evidenziando che l’esposizione delle imprese associate era intorno ai 90 milioni e che questo, in mancanza di soluzioni, rischiava di provocare altre conseguenze a breve, a partire da stipendi e tredicesime ai dipendenti. E così ora rischia di essere. É un effetto della crisi di liquidità che assedia da mesi Acciaierie. Che, non avendo soldi in cassa, circolante, credito dalle banche e sostegno dall’azionista di maggioranza Mittal, cerca di stringere ovunque possibile: dall’acquisto delle materie prime per la produzione al pagamento dei fornitori. “Chiediamo da mesi di poter rientrare dello scaduto alla luce dello stallo decisionale a cui si è giunti da parte degli attori interessati - Governo e parte privata - con conseguente riduzione totale delle commesse ed addirittura il blocco di quelle che avevamo acquisito sulle quali abbiamo anche investito ingenti risorse economico-finanziarie” evidenzia l’Aigi.  Si registrano reazioni del sindacato e della politica. Per Davide Sperti, della Uilm, “non vorremmo che si trattasse di un modo per esercitare pressioni sul Governo affinchè eroghi altri soldi ad Acciaierie dopo i tanti già dati senza costrutto, visto che questi stessi imprenditori hanno sempre plaudito al management di Acciaierie e accettato tempi di pagamento lunghissimi”. Per Ubaldo Pagano, capogruppo Pd in commissione Bilancio alla Camera, “il Governo deve intervenire immediatamente per ricomporre la crisi. Se lo Stato non si attiva subito per assumere il controllo dell’ex Ilva, a morire definitivamente non sarà solo uno dei più grandi poli siderurgici d’Europa, ma anche tutta l’economia del territorio ad esso legata, con conseguenze sociali catastrofiche. Il ministro Fitto, che ha gravissime responsabilità, riuscirà a mettere l’orgoglio da parte e fare marcia indietro prima che tutto ciò accada?” 

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