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Giornale di Taranto - Economia, Lavoro & Industria
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Economia, Lavoro & Industria

Economia, Lavoro & Industria (1903)

Tutto pronto per la terza edizione della Festa USB Taranto “Noi non dimentichiamo”. La manifestazione si terrà il 26 e 27 agosto  prossimi presso Piazza Lo Jucco a Talsano (Taranto). Un’iniziativa nata dalla volontà del coordinamento USB Taranto, per non dimenticare, appunto, tutte le persone morte sul lavoro e a causa del lavoro. Una festa dunque dove si parlerà delle problematiche legate al lavoro, ma si avrà anche modo di divertirsi con uno spettacolo che vuole accontentare tutti: dai bambini ai più grandi. “E’ un momento molto importante per noi che abbiamo voluto riproporre anche quest’anno – afferma Francesco Rizzo, coordinatore provinciale USB Taranto – non senza difficoltà. E’ una festa quasi completamente auto finanziata che ci sentiamo di dover fare per non far cadere nell’oblio tutti i colleghi morti sul e per il lavoro. Crediamo fortemente che sia il modo migliore per averli sempre con noi. Durante questa due giorni discuteremo con molte persone autorevoli nel mondo del lavoro e della politica sulle difficoltà lavorative, sulla sicurezza, su tutto ciò che non va. Cercheremo delle risposte. Ascolteremo tante testimonianze. Ma vogliamo anche regalare due giorni di spensieratezza, di musica e divertimento a tutte le famiglie e alla nostra città”.

Il programma di quest’anno prevede (per venerdì 26 ore 18.30) un dibattito in cui si fa un excursus in diverse situazioni attuali difficili e irrisolte “Da Bagnoli, alla terra dei fuochi passando da ILVA di Taranto storie di disastri e regalie, tra dramma sanitario – occupazionale e prospettive future per il nostro territorio”. 

A seguire un meraviglioso e magico momento per bambini dell’associazione A.S.D. “Senza pensieri” con Valentina Elia e il suo spettacolo di danza e fuoco “Gioacchino. Quindi spazio alla danza con l’esibizione del gruppo di ballo “Tony dance”. A chiudere questa prima serata il concerto della pop rock band tarantina MOTIVA.

Sabato 27 si parte alle ore 17 con un tavolo tematico con i lavoratori di Ilva, Teleperformance, Eni e Pubblico Impiego “Vogliamo lavoro e stato sociale”. 

Alle ore 19 il dibattito “Referenzum” costituzionale. Quindi uno spettacolo di danza della Fascination Dance che vedrà sul palco ben 88 ballerini.

Grande spazio alla musica con il concerto di Zakalicius e il gruppo dei “99 posse”. Un gran finale che porterà sul palco uno dei gruppi più famosi ed amati nel mondo del raggamuffin rap italiano. Sempre attenti alle problematiche della società, i 99 posse proporranno uno spettacolo in cui ripercorranno 25 anni di carriera con le loro canzoni più famose e quelle del nuovo album. 

 

La Camera di Commercio di Taranto, in ottemperanza a quanto previsto dalla Direttiva del Ministero dello Sviluppo Economico e del Ministero della Giustizia del 25.04.2015, l’Ufficio del Registro delle imprese di Taranto con avviso dell'8 marzo 2016, ha invitato le imprese con indirizzo di posta elettronica certificata inesistente o scaduto o revocato, a comunicare un nuovo indirizzo PEC. In data 5 agosto 2016 è stata iscritta la cancellazione d’ufficio degli indirizzi PEC relativi a 5.134 imprese (individuali e collettive) che non hanno provveduto all’adempimento richiesto, giusto decreto del Giudice del Registro. In allegato un breve comunicato nel quale sono evidenziate le conseguenze per le imprese che non pongano rimedio.

Quali sono le conseguenze?

L’art. 16, comma 6, D.L. n. 185/2008 prevede che le imprese costituite in forma societaria sono tenute ad indicare il proprio indirizzo PEC nella domanda di iscrizione al Registro delle imprese, disposizione sostanzialmente ricalcata dall’art. 5, comma 2, D.L. n. 179/2012 per le imprese individuali.

La cancellazione dell’indirizzo PEC comporterà le seguenti conseguenze:

a) le successive domande di iscrizione di fatti o atti relativi alle predette imprese non potranno essere gestite. Saranno sospese in attesa della comunicazione del nuovo indirizzo PEC e, in mancanza, verranno rifiutate;

b) in base alle indicazioni ministeriali sarà applicabile anche la sanzione amministrativa pecuniaria prevista dall’art. 2194 c.c. (da € 5 a € 516) per le imprese individuali, e dall’art. 2630 c.c. (da € 206 a € 2.065).

Pertanto, le imprese che non abbiano provveduto a comunicare un indirizzo PEC univoco, attivo e riferibile all’impresa al fine di evitare che " le domande di iscrizione di fatti o atti” siano sospese e in caso di ulteriore inerzia rifiutate, sono invitate a comunicare un nuovo indirizzo PEC per consentire loro di operare regolarmente sul mercato.

«Siamo alle solite: la Regione decide, gli agricoltori pagano». Il disegno di legge di riforma dei Consorzi di bonifica, appena presentato dalla Giunta regionale, non convince per nulla Confagricoltura Taranto. 

Nel ddl, che dovrà passare all’esame delle commissioni prima e dell’assemblea poi, è prevista la soppressione dei quattro consorzi attualmente commissariati (Arneo, Ugento Li Foggi, Terre d’Apulia e Stornara e Tara) e il loro successivo accorpamento nel Consorzio unico di bonifica Centro-Sud Puglia, che manterrà le funzioni di bonifica e manutenzione dei territori consorziati, mentre l’attività irrigua passerà ad una nuova Agenzia regionale, l’Araia, destinataria anche di alcune funzioni similari scorporate dall’Arif. «Dalla lettura attenta del ddl – commenta il presidente di Confagricoltura Taranto Luca Lazzàro – si evince un grande disegno di scatole cinesi che ha del luciferino: ed è per questo che sentiamo un gran puzzo di bruciato. La rogna della bonifica e dei debiti pregressi resta al Consorzio unico, mentre il core business della risorsa idrica finisce nelle mani di una nuova Agenzia ma con un codicillo finale che, di fatto, apre la strada della gestione dell’acqua in capo ad Aqp o sua controllata: come dire che l’Agenzia fa testamento ancor prima di nascere». 

In pratica – rimarca il direttore Carmine Palma – «è successo ciò che temevamo: la Regione Puglia sta creando non un Consorzio nuovo, agile ed efficiente ma una specie di “bad bank” in cui finiscono la montagna di debiti accumulati e le relative transazioni. Un sasso lanciato nel buco di bilancio cui restano attaccati mani e piedi i nostri agricoltori, cui toccherà pagare i tributi consortili: tornerà il 630, mentre il 750 verrà sostanzialmente sottratto al Consorzio unico e passerà all’Araia. Tutto questo si legge tra le righe di un ddl che fa esattamente l’opposto di quanto avevamo proposto in passato: gestione irrigua mantenuta all’interno dei consorzi e bonifiche alla Protezione civile, trattandosi di opere d’interesse generale. Al contrario, la “soluzione” adottata è profondamente pilatesca e non risolverà il problema, semmai corre il rischio di aggravarlo. La Regione, infatti, sta assicurando fondi per gestire il passaggio al Consorzio unico, tuttavia non dice apertamente come esso si reggerà nel futuro: in definitiva si sta scaricando quest’onere sulle spalle esclusivamente delle aziende agricole».  

Per Confagricoltura Taranto, invece, la riforma dovrebbe andare in un’altra direzione: «La bonifica e la manutenzione delle aree consortili – sottolinea Lazzàro – non avvantaggia soltanto gli agricoltori e i loro terreni agricoli ma interi territori: per questo dovrebbe essere a carico della fiscalità generale. La Regione Puglia sta partorendo una riformicchia che fa acqua da tutte le parti, mentre dovrebbe usare questo passaggio cruciale per affrontare in maniera complessiva la grave emergenza del dissesto idrogeologico che ha devastato tanti comuni, causando anche vittime, a Taranto come nelle altre province. In questa bozza di riforma, piuttosto, si avverte la presenza di una longa manus che punta a gestire l’acqua, disinteressandosi del governo del territorio. Per il mondo agricolo che rappresentiamo – conclude Lazzàro – è un’occasione mancata cui porre riparo, urgentemente e coscienziosamente, durante l’iter legislativo».    

Un nuovo tassello si aggiunge al grande puzzle di USB Taranto, che negli ultimi mesi ha registrato l’inserimento nelle più grandi realtà lavorative della città. Infatti, a partire da questa mattina, i lavoratori della raffineria ENI di Taranto possono organizzarsi e confrontarsi in azienda con la forza di una nuova sigla sindacale. L’USB ENI nasce da un gruppo consistente di ex iscritti alla FILTCEM CGIL ed è aperta a tutti coloro che vivono di libertà, capacità decisionali, senza paura di mostrare il proprio pensiero e confrontarsi a fronte di una rappresentatività sbiadita delle organizzazioni attuali.

USB ENI rappresenterà i lavoratori e le lavoratrici che non si riconoscono in un grigiore dove si fa strada il baratto al posto della contrattazione e le attuali relazioni industriali sono un compiacersi; dove si promuovono trattative in assenza della delegazione dei lavoratori stessi, tranne che per squallidi scioperi. I lavoratori rappresentano il patrimonio, le risorse umane ne sono la ricchezza e l’azienda ENI si fregia di questi slogan ma poi si maschera dietro la crisi di mercato (che pur riconosciamo) per riorganizzarsi e penalizzare chi lavora. La verità è che in un anno e mezzo si sono persi 70 lavoratori e assunti 10: un vero e proprio baratto, che non basta a sostenere le ore lavorative e risultano insufficienti per coprire tutte le posizioni mancanti. Inoltre sottolineiamo come l’accordo tra ENI e Ministero del Lavoro, in cui si parla di scuola-lavoro per i giovani, abbia coinvolto tutti i siti italiani, tranne Taranto. E nessuna organizzazione sindacale si è fatta sentire. 

L’USB ENI lavorerà per cambiare nel rispetto dei diritti, contro la precarizzazione e l’annichilimento della dignità umana.

“Per noi ciò che è avvenuto oggi è molto importante perché dimostra che USB Taranto continua ad ottenere consensi. Siamo lieti di accogliere questi compagni che hanno le stesse nostre esigenze che sono quelle di rappresentare al meglio le istanze dei lavoratori e dare una svolta rispetto alla caratteristica dei confederali degli ultimi anni di fare accordi a tutti i costi, peggiorando di fatto le condizioni di lavoro dei lavoratori stessi. Il nostro obiettivo sarà ristabilire le regole per sostenere i dipendenti, senza più nessun accordo penalizzante”, commenta Francesco Rizzo, coordinatore USB Taranto.

 

Abbiamo appreso con estremo favore dagli organi di stampa del contratto che un consorzio con sede a Massafra ma operante in tutta la provincia jonica ha stipulato con il Gruppo Barilla in qualità di fornitore di grano “aureo”, così come viene chiamata la qualità, ovviamente molto apprezzabile, del prodotto in questione.

Tale contratto di filiera, per la prima volta realizzato nel Mezzogiorno in questo settore, garantisce produttori ed acquirenti, e dà contezza di come si possa valorizzare al meglio una produzione locale con caratteristiche di eccellenza facendo un “business” pulito e premiante sia per chi lo mette in campo sia per chi, in questo caso il consumatore medio, ha contezza della tracciabilità e validità del prodotto.

Un’esperienza che merita il plauso del territorio e di Confindustria Taranto, fin d’ora disponibile a incontrare, per eventuali forme di collaborazione e di iniziative comuni, le aziende del consorzio.

Evidente miopia politica dell’attuale Esecutivo, che finge di ignorare il ruolo determinante di supporto degli Enti camerali nel Mezzogiorno.

 

L’errata interpretazione del processo di spending review che qualche anno fa tutti, in Italia – e in Europa - auspicavano virtuoso, in quantopreannunciato con le buone intenzioni di razionalizzare la spesa dello Stato, ottimizzare i pubblici uffici, riqualificare e potenziare i pubblici servizi erogati ai cittadini e alle imprese, sta oggi sempre più degradando in tagli lineari tout-court con l’aggravante che il Governo continua a negarsi alla contrattazione sociale, come nel caso delle preannunciate soppressioni e accorpamenti delle Camere di Commercio.

Tra queste figurano le sedi di Taranto e di Brindisi, perciò la Cisl e la Cisl Fp Taranto Brindisi sostengono ed incoraggiano la vertenzialità sindacale posta in essere delle rispettive Rappresentanze Sindacali Unitarie (Rsu)per rivendicare, contrariamente ai desiderata del Governo, la modernizzazione, il rilancio ed il potenziamento delle mission di questi Enti strumentali del territorio avvalorati, oltretutto, da professionalità uniche nel sistema della pubblica amministrazione italiana.

Cisl e Cisl Fp segnalano l’evidente miopia politica dell’attuale Esecutivo, che finge di ignorare quale ruolo determinante di supporto le Camere di Commercio continuino a ricoprire in territori del Mezzogiorno, dove il sistema delle imprese in particolare è costretto a misurarsi  con i rischi diffusi di diseconomie determinate dalla scarsità se non dall’assenza di infrastrutture materiali e immateriali, le stesse che sarebbero in grado di incoraggiare l’innovazione per farle competere, grazie anche all’internazionalizzazione, in un mercato fortemente globalizzato.

Sopprimere o ridimensionare in strutture, funzioni e personale fortemente professionalizzato il sistema camerale – che comprende anche le Aziende speciali, le sedi secondarie e le Unioni regionali – sarebbe, pertanto, scelta scriteriata ed incoerente che penalizzerebbe il Paese, la Puglia e il Sud in particolare.

E nei territori di Taranto e di Brindisi, particolarmente caratterizzati da analoghe situazioni di crisi economica ed occupazionale ma altrettanto accreditati di molteplici potenzialità produttive, attrattive, infrastrutturali – oggetto, peraltro, di attenzioni e di finanziamenti messi a sistema dallo stesso Governo -  con la prefigurata, possibile soppressione delle Camere di Commercio verrebbe a determinarsi un gratuito depotenziamento di compiti e ruoli svolti  anche nella storia recente, grazie anche alla presenza attiva, nei rispettivi Consigli, delle Organizzazioni sindacali.

Il Governo riveda, dunque, le sue priorità, corregga  le scelte preannunciate e prosegua in un percorso credibile di spending review confrontandosi con il sindacato che rappresenta le migliaia e migliaia di lavoratrici e di lavoratori che, nelle Camere di Commercio italiane, svolgono ruoli e compiti fortemente funzionali al progresso sociale, imprenditoriale ed occupazionale del Paese.

Il Presidente del Consiglio si impegna a convocare incontri specifici su ogni argomento posto nel documento consegnato dalle OOSS:

 

Un incontro di quasi un’ora interlocutorio e preliminare con l’on. Teresa Bellanova, sottosegretario al Ministero dello Sviluppo Economico, e successivamente l’incontro a porte chiuse con il presidente del Consiglio Matteo Renzi.

E’ andata così la giornata dei tre segretari generali di CCIL, CISL e UIL di Taranto, Massafra, Castellucci e Turi, che alcuni giorni fa avevano formalizzato la richiesta di incontro con il primo ministro in vista della venuta in città del premier Renzi.

Il dialogo ha toccato tutti i punti della piattaforma rivendicativa consegnata questa mattina a Renzi: dall’ILVA, al Porto, dall’Arsenale alle Bonifiche, passando dai temi della qualificazione culturale fino al sistema sanitario messo in bilico dai ridimensionamenti proposti dal Piano di riordino pugliese.

Renzi ha assicurato che tutte le questioni saranno affrontate a stretto giro di posta in riunione tematiche specifiche affidate ai singoli Ministri.

Iil documento rivendicativo consegnato al Presidente del Consiglio Matteo Renzi


TARANTO OLTRE LA TRANSIZIONE… 

LE BUONE RAGIONI DEL MONDO DEL LAVORO IONICO DA ESPORRE AL PREMIER IN OCCASIONE DELLA SUA VENUTA A TARANTO

Premessa

Il presente documento viene proposto in un momento delicatissimo per le sorti del nostro territorio. Alla crisi, ormai,  conclamata che investe molteplici settori del tessuto socio-economico – produttivo e che occorre affrontare in una logica di breve - medio periodo, si aggiungono le criticità che riguardano, in primis, la macro questione Ilva e, per altri aspetti, quella del sistema portuale.

In entrambi i casi, sia pure con le dovute proporzioni, esiste il rischio tangibile che il territorio si ritrovi, a stretto giro, privato di buona parte delle opportunità che questi pezzi del sistema industriale hanno storicamente rappresentato per l’economia locale e nazionale.

Le emergenze

Per la cessione Ilva, in particolare, i tempi stringono. E’ allarmante, su questo fronte, non avere contezza di un piano industriale, né essere in grado di ipotizzare scenari legati agli assetti occupazionali, proporzionati gioco-forza ai futuri livelli di produzione su cui grava una pesante incognita. Analoga incertezza investe le aziende dell’indotto siderurgico, vessate da una crisi di liquidità,  che perdura oramai da almeno due anni.

La questione presenta alcuni aspetti che le parti ritengono imprescindibili ai fini delle ricadute che tale delicatissimo passaggio potrebbe comportare per lo sviluppo del territorio nella fase che si aprirà con i nuovi assetti societari. Il riferimento è, in particolare, agli  oneri di ambientalizzazione di cui lo Stato dovrebbe farsi carico così come già avvenuto in casi analoghi in Francia, Germania e Gran Bretagna, ma resi problematici dall'intervento europeo. La garanzia dell'intervento statale, oltre a rendere l’acquisizione del complesso siderurgico,  o di parte di esso,  meno gravosa per le società attualmente interessate, (con tutto quello che tale condizione comporta in un’ottica di “ribasso” dell’eventuale acquisizione) contribuirebbe a fornire un quadro più chiaro di un ipotetico futuro dell’Ilva. In sostanza, renderebbe più nitide le prospettive del centro siderurgico, dei suoi dipendenti diretti e indiretti e delle ricadute sulla Città nella sua interezza, anche in considerazione di un possibile e auspicabile sviluppo di tipo alternativo di cui potrebbe essere destinataria di qui ai prossimi anni.

Propendiamo convintamente per il rilancio di un’Azienda resa sostenibile  da corposi investimenti per completare il processo di ambientalizzazione e non semplicemente preda di investitori privati più interessati alle sue quote di mercato.

Una particolare situazione di impasse investe anche il Porto, anche se grande importanza riveste l’Intesa Istituzionale siglata il 27 luglio scorso, a Palazzo Chigi con il Governo, che incanala verso un rilancio delle attività portuali.  In analogia al caso ILVA, malgrado si registri in questo periodo una sensibile ripresa dei traffici, si è in attesa di conoscere quali saranno i nuovi concessionari che opereranno su un Terminal totalmente ammodernato. Messi in sicurezza  gli oltre 500 lavoratori portuali (cfr. accordo raggiunto  presso il Ministero del Lavoro con l’istituzione dell’agenzia di somministrazione), rimangono ancora indefinite le proposte degli investitori. E’ evidente che in assenza di certezze sugli investimenti che potranno interessare lo scalo portuale, altrettanto sarebbe incerta anche la collocazione stabile degli stessi lavoratori.

Analoga valutazione va fatta per tutte quelle situazioni di crisi del territorio (sia a Taranto che in provincia) in cui si registrano sofferenze occupazionali, in termini di tagli ed esuberi: solo creando le condizioni per l’attrazione di nuovi investimenti si potrà guardare ad un riposizionamento lavorativo delle risorse tagliate fuori dal mercato e valutare eventuali prospettive di crescita dell’intera area jonica anche in settori non tradizionali.

I contenuti ed il metodo da porre a base degli interventi

Cgil Cisl  Uil, al fine di evitare che questioni di vitale importanza per il territorio, in considerazione delle scadenze importanti e imminenti che lo riguardano, si traducano in emergenze drammatiche,  hanno intensificato gli sforzi per una gestione “attenta” della crisi, ponendosi come obiettivi principali la creazione di strategie di sviluppo condivise e la salvaguardia dei livelli occupazionali, guardando all’attrazione di nuovi investimenti come volano necessario per la programmazione di una crescita ecosostenibile del territorio.

Il potenziale infrastrutturale risulta essere penalizzante per le aree produttive del territorio; infatti la provincia dimostra una bassa sensibilità all'intero ciclo economico imputabile, sostanzialmente a vari fattori, tra cui:

       scarsa propensione alla progettazione e agli investimenti;

       alta parcellizzazione del tessuto economico e sociale;

       assenza negli ultimi decenni di politiche dedicate al rilancio dell'intero Mezzogiorno;

       isolamento internazionale, che limita la possibilità di beneficiare dei segnali di ripresa dell’economia internazionale.

Pur in presenza di forti elementi di criticità, il territorio dispone, però,  di risorse importanti. Al riguardo vanno valutate le alte potenzialità del settore turistico, di quello commerciale e dei servizi, ad oggi,  di fatto, marginalizzati.          

Occorre cogliere le opportunità di sviluppo offerte, si valutino i percorsi di  Matera 2019 capitale della cultura e puntare al miglioramento dei collegamenti infrastrutturali. Il  sistema portuale e retroportuale va dotato di un’efficace rete infrastrutturale intermodale (tra cui, per esempio,va definito il ruolo dello scalo aeroportuale di Grottaglie).

Cosi come va posta la giusta attenzione ai percorsi di recupero e di valorizzazione del   patrimonio storico, artistico e culturale del territorio, come sta avvenendo col MARTA, il quale espone opere dal valore culturale inestimabili. Serve un riprogettazione urbanistica del territorio, a partire dal capoluogo, immaginando un processo di ripopolamento che possa assecondare una nuova fase di sviluppo che possa coinvolgere anche il settore dell’edilizia con tutti i suoi comparti del manifatturiero collegati. In tale ottica è possibile individuare diversi settori dell’economia locale su cui  innestare la costruzione di un percorso di rinascita culturale, economica e socialedell’intero territorio.

L’intero  sistema produttivo andrebbe sviluppato in  modo sinergico e armonico tra i diversi comparti in modo da realizzare una maggiore integrazione con i mercati esteri, favorendo un aumento dell’export di tutti i settori e realizzando evidenti economie  dei costi di produzione.

Occorre raccogliere la sfida dell’innovazione per rilanciare quella della competitività.

L'innovazione e la ricerca, con la stessa università, sono un vantaggio ed una soluzione; il rilancio dei comparti ad alto contenuto tecnologico, sono una strategia per accrescere la competitività delle imprese locali, e suggeriscono di finanziare non solo la ricerca e l’innovazione, ma di sostenere anche nuovi modelli di sviluppo incentrati sulla cooperazione tra gli attori del territorio e sulla condivisione delle conoscenze.

In questa ottica possono assumere un ruolo centrale le collaborazioni tra Istituzioni, il sistema universitario, quello della ricerca e i corpi intermedi.

L’esigenza di fare fronte comune (assieme ad altri attori territoriali, ndr) nasce dalla constatata limitata efficacia dei “tavoli” preposti alla pianificazione dei progetti di sviluppo (vedi Cis) causa l’inevitabile parzialità con cui gli stessi trovano accoglimento allo stesso tavolo, venendo a mancare i cosiddetti corpi intermedi spesso espressione più puntuale e completa degli effettivi fabbisogni del territorio.

Negli ultimi mesi  i sindacati non  sono, infatti, stati sufficientemente coinvolti, nella cosiddetta gestione dell’area di crisi,  intendendo come tale l’occasione di confronto inter istituzionale in cui:

  • si tracciano puntualmente e fedelmente gli effettivi bisogni del territorio;
  • si avanzano proposte in merito alle suddette necessità;
  • si operano delle scelte a supporto o a soluzione di tali urgenze.

Abbiamo atteso finora al fine di poter avere un tangibile riscontro di quanto fatto e sulla base di questo poter intervenire con spirito propositivo, ma non è stato possibile.

La discussione circa lo sviluppo del territorio è stata infatti demandata a tavoli in cui, finora, è emersa chiaramente la poca capacità  dei referenti istituzionali locali nella proposizione  da porre all’attenzione del Governo, di progettualità di ampio respiro, da posizionare oltre il ristretto “orticello”: si assiste invece, finora, all’elencazione di piccoli e limitati interventi sul territorio che mirano più al recupero dell’esistente,  che non alla creazione di vere opportunità e di conseguenza di reale di sviluppo.

Ai suddetti approcci “restrittivi” che ai tavoli istituzionali concorrono alla costruzione di una vision progettuale, si affiancano, inoltre, altri approcci – è il caso dell’Ente Regione - ancor più preoccupanti in quanto privi, sovente,  di qualsiasi proposta, sia di breve che di ampio respiro, e che appaiono a tutt’oggi subordinati ad un pericoloso braccio di ferro Governo-Regione dalle ricadute tutt’altro che positive.

Due gli ambiti da trattare con rinnovata attenzione:

- arsenale marittimo

Scarsa l’attenzione sin qui dedicata ad uno degli ambiti “potenzialmente” suscettibile di creare sviluppo economico ed occupazionale.

Buona la dotazione per il completamento delle opere infrastrutturali (cd. Piano Brin) prevista dal CIS, rimane da completare il ventaglio delle attività economiche da svolgere (decommissioning, cantieristica, allestimento navale). Ad oggi l’unica attività esperita riguarda la manutenzione del naviglio militare che, è noto, è fase in costante ridimensionamento. Inoltre il tanto invocato turn over,  che è alla base di una prospettiva di rilancio reale del sistema Difesa, si paventa incomprensibilmente,possa essere realizzato attraverso il travaso di personale militare da adibire a funzioni civili.

Per una migliore intelligibilità, in appendice, si riproduce un report analitico[1] sull’attività di manutenzione esposta in chiave prospettica.

- bonifiche

Intensa l’attività propedeutica di studio, però,  decisamente, lenta quella degli interventi effettuati. Ad oltre quattro anni dall’insorgere della crisi ambientale, stanno per essere completati gli interventi di ambientalizzazione delle scuole del quartiere Tamburi; un bilancio davvero magro se comparato con la superficie totale da bonificare che ammonta a circa 115 Km2! ([2]) Anostro avviso, le bonifiche devono rappresentare, tra l’altro, una straordinaria opportunità di sviluppo e di occupazione per il territorio, non a caso, la norma che le regola in modo specifico (art.4 bis Legge 4 marzo 2015, n.20), prevede l’applicazione della cd. clausola sociale. Necessita, in sintesi, una maggiorepolitica di coordinamento, orientamento e sostegno del tessuto produttivo locale che innesti un vero e proprio processo “contagioso”di sviluppo. 

Gli strumenti

Contestualmente alla carente offerta progettuale che parte dai vari attori istituzionali territoriali va anche sottolineato che gli strumenti di sviluppo messi a disposizione fino ad oggi,dal Governo e al momento fruibili, come il Contratto Istituzionale di Sviluppo, seppur prezioso, avrebbe necessità di concretizzare i  contenuti in modo da  riportarli ad una vision più ampia di sviluppo sostenibile, per realizzare un reale cambiamento di rotta.

Ciò significa, in altre parole, che guardare oggi al CIS come occasione unica di riscatto del territorio è una logica forse limitata in quanto non  esaustiva di tutte le emergenze.

C’è inoltre da interrogarsi circa gli altri strumenti di cui Taranto è stata destinataria, oltre al CIS. Ricordiamo infatti che Il Governo si è attivato per costruire 15 Patti per il Sud, uno per ognuna delle 8 Regioni meridionali e uno per ognuna delle 7 cosiddette Città Metropolitane. L’obiettivo è proprio quello di definire per ognuna di esse gli interventi prioritari e trainanti, le azioni da intraprendere per attuarli e gli ostacoli da rimuovere, la tempistica e le reciproche responsabilità. Fra i capitoli che compongono i Patti c’è la visione che la Regione o la Città ha del proprio futuro e che condivide col Governo (aree di industrializzazione o reindustrializzazione, bonifiche e tutela ambientale, agricoltura e industria agroalimentare, turismo e attrattori culturali, servizi e logistica, infrastrutture e servizi di pubblica utilità).

L’obiettivo era di sottoscrivere i “Patti”, a seguito di un lavoro comune fra Governo, Regioni e Città, entro dicembre 2015, in modo da renderlo attuabile a partire da gennaio 2016.

Alla luce di quanto esposto, le scriventi Organizzazioni Sindacali intendono eventualmente portare avanti, in una logica di sistema, possibili ulteriori strumenti di intervento.

Occorre pertanto recuperare l’impostazione già consolidata nel Decreto 129, con particolare riferimento al riconoscimento dell’area industriale di Taranto quale “Area in situazione di crisi industriale complessa” (art. 2, DL 129) ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 27 del decreto legge n. 83/2012

Tale normativa prevede, infatti, che per le situazioni di crisi industriale complessa possano essere attivati i progetti di riconversione e riqualificazione industriale la cui finalità è quella di agevolare gli investimenti produttivi, anche a carattere innovativo, nonché la riconversione industriale e la riqualificazione economico - produttiva dei territori interessati.

Taranto, area di crisi industriale complessa per antonomasia (la definizione governativa, lo ricordiamo, era stata coniata proprio in virtù della complessa vicenda Ilva) è riconosciuta fra queste aree e quindi può ricorrere all’adozione di strumenti di pianificazione previsti per queste aree, primo fra tutti l’Accordo di Programma, attraverso il quale vengono esplicitati gli obiettivi di riconversione e riqualificazione e indicati i fabbisogni, anche infrastrutturali, di riqualificazione; i settori verso i quali orientare la riconversione; le azioni da intraprendere; la strumentazione e le risorse finanziarie regionali e nazionali attivabili; le eventuali proposte normative e amministrative strettamente funzionali   alle azioni proposte.

 

Gli ammortizzatori sociali

Un capitolo a parte meritano le misure previste per le aree di crisi complessa, su cui occorre soffermarsi in relazione alla fase di accompagnamento dei lavoratori nelle fasi transitorie delle crisi. Si tratta in realtà di un aspetto che proprio in questi giorni è all’attenzione del Governo: recente è stato infatti l'impegno assunto dal Ministro Poletti a gestire le aree di crisi complesse, anche attraverso l'introduzione di ammortizzatori sociali specifici e con la loro eventuale proroga .

Occorrerà pertanto affidare contemporaneamente ad un tavolo di coordinamento interministeriale (Sviluppo, Infrastrutture, Lavoro, Regione Puglia) presso la presidenza del Consiglio, la verifica delle migliori condizioni per il rilancio e la realizzazione dei progetti di riqualificazione, rimodulare l’intervento degli ammortizzatori sociali in rapporto con lo stato di progettazione degli interventi e dei tempi di realizzazione dei progetti già definiti. Occorrerà, altresì,   assicurare i fabbisogni formativi utili all’acquisizione delle competenze specifiche dei lavoratori appartenenti al bacino previsto nella definizione dell’area  di crisi. Al riguardo si segnala come l’accordo (cfr. intesa istituzionale) raggiunto per i lavoratori del  bacino del Porto, può rappresentare un modello di welfare – state da utilizzare anche per ambiti diversi che versino in analogo stato di crisi.

Sistema sanitario

Discorso a sé merita la questione sanitaria a Taranto che, solo recentemente, è stata elevata a vera e propria emergenza.

Le politiche di sviluppo vanno raccordate con un sistema sanitario territorialein stato di grave, conclamata debolezza.  L’obiettivo è quello di affermare un sistema sanitario in grado di effettuare il monitoraggio ambientale del territorio,  che esca da quella condizione di incertezza e di precarietà in cui oggi è ancora confinato.

Il Piano di riordino ospedaliero che la Regione Puglia si appresta a varare incrocia un ampio dissenso nell’intera comunità,  per  motivazioni che riguardano sia il metodo, con il quale si è affrontata l'intera analisi,  che il merito.

Nel metodo si denunciano due preoccupanti mancanze da parte del legislatore regionale:

      il limitato confronto di analisi sulla materia;

      un Piano incentrato sui tagli, più o meno omogenei, su tutto il territorio regionale, che nulla ha concesso alla visione della specificità dei singoli territori, differenti già in partenza, sia sotto il profilo logistico che strutturale, nonché ambientale ed epidemiologico.

Nel merito, per le pesanti  ricadute negative che lo stesso comporta per la Provincia di Taranto :

      Si registra grande sconcerto di fronte alle notevoli contraddizioni presenti nel piano, proprio perché interessa un territorio ormai definito da tutti ad elevato rischio ambientale  e bisognoso di forte attenzione.  Il bisogno di controllo, prevenzione ed assistenza sanitaria  deve diventare una risposta prioritaria  come argine sia al disagio socio-sanitario al quale i cittadini sono sottoposti, che alla notevole “ mobilità passiva”.

      Non si tiene conto dei  pesanti tagli già subiti dal nostro territorio, effettuati dai Piani di Rientro somministrati dai precedenti governi.

      La medicina territoriale non è stata potenziata e versa ancora in molte difficoltà.

Per questi motivi è necessaria l'apertura di un  articolato ed immediato confronto, per chiedere che venga sospeso e rivisto, territorio per territorio, il Piano di Riordino Ospedaliero, per non mortificare e, quindi,  mettere in sicurezza il diritto costituzionale alla salute dei cittadini, garantirne l’esigibilità e creare allo stesso tempo  i presupposti per ricadute positive sull’economia locale. In tal senso sarebbe utile rivedere i tetti massimi di spesa imposti dal DM 70/95, attraverso delle deroghe, e un rifinanziamento del decreto Terra dei Fuochi, al fine di consentire il potenziamento delle strutture, la giusta dotazione strumentale e un’adeguata dotazione organica di personale sanitariosupportato da un monitoraggio e da un relativo screenning sanitario.

In relazione a tale ultimo aspetto, si segnala che il gap tra la provincia di Taranto e le altre della Puglia si traduce in  una carenza di oltre 2.000 unità  di personale sanitario. Al momento il sistema di reclutamento del personale è totalmente inesistente.

Infine, si propone una valutazione specifica  per la costruzione del nuovo ospedale “San Cataldo”. A distanza di quattro anni, pur in presenza di un finanziamento congruo, nulla si è concretato. Le esperienze sin qui accumulate, ci inducono a proporre l’istituzione di una figura commissariale dotata di prerogative di scopo al fine di velocizzare le procedure burocratico/amministrative.

A margine si riportano valutazioni di carattere eminentemente tecnico.[3]

conclusioni

Evidente ed importante l’impegno sin qui profuso dal Governo per Taranto, che le scriventi riconoscono ed apprezzano (CIS per Taranto, adozione di misure legislative e finanziarie per sostenere la complessa transizione del sito industriale, accordi sulla tenuta occupazionale dei lavoratori del Porto, strumenti ah hoc per il rilancio del museo Archeologico). Ma proprio per rendere concreti e tangibili i propositi di sviluppo di questo territorio,  le scriventi sollecitano, in prima istanza, gli interventi indicati nella presente piattaforma e auspicano un maggiore coinvolgimento del mondo del lavoro attraverso le sue rappresentanze, affermando, in ciò,  il giusto riconoscimento del lavoro, soprattutto di quello più esposto ai mille rischi di una realtà industriale complessa qual è quella di Taranto.

Ringraziano per l’attenzione dedicata.

 

Taranto, 29 luglio 2016

                                   Le Organizzazioni Sindacali Confederali CGIL – CISL - UIL

 



[1]         Studio condotto dalle Federazioni di Categoria

                Lavori trasferiti ad Augusta,  ma destinati a Taranto ( Nave Euro e sommergibili Pelosi e Prini).

                La nave Euro è stata oggetto di interventi di carenaggio e di altri lavori importanti di manutenzione nel 2012.

                Nave Euro è stata destinata ad Augusta da questo anno,  ma questo non significa che i lavori si facciano necessariamente  nella base di appartenenza perché su altre navi sono stati realizzati a Taranto; questo sia per esigenza della Marina Militare che per convenienza economica.

                Il sommergibile Todaro sarà oggetto di interventi importanti di batteria e sarà trasferito a La Spezia.

                A Taranto sono di stanza le navi San Giusto, che sta completando i lavori ( mancano pochi mesi  al termine) , e la nave Espero (i lavori di manutenzione sono stati quasi ultimati).

                Poi più nulla.

                Del Piano Brin sono disponibili 11 milioni di euro che riguardano lavori di impiantistica a terra e, solo marginalmente, toccheranno tutte le  imprese locali.

                Tornando alle gare, la condizione è la seguente:

                - Nave Stromboli, a bando 2016-2017 con investimenti pari a 1,8 milioni;

                - Nave Duran de la Penne, a bando 2017-2018 con investimenti pari a 2,9 milioni;

                - Nave Mimbelli, a bando 2018-2019 con investimenti pari a 1, 908 milioni.

                Si precisa, inoltre, che i lavori sono a bando oggi,  ma saranno esigibili solo  negli anni 2017-2018-2019.

                Il bacino di addetti, se riferito anche alle aziende esterne, è valutabile in circa 400 addetti.

[2]                      Il sito SIN di Taranto

                La superficie interessata dagli interventi di bonifica e ripristino ambientale è pari a circa, così ripartiti: 22Km2 (aree private), 10,02 Km2 (aree pubbliche), 22,0Km2 (Mar Piccolo), 51,1 Km2 (Mar Grande), 9,8Km2 (Salina Grande)

 

[3]              Il Piano di riordino elaborato dalla Regione Puglia ha rimosso, totalmente, l’elaborazione pregressa e guarda a Taranto con la stessa attenzione rivolta alle altre province pugliesi. La parte occidentale si vede assegnato un ospedale di1° livello  (Castellaneta); dall’altra, quella orientale,  mutano il nomen dei presìdi, con la previsione di una dimensione organizzativa (cfr. l’ospedale rinforzato) che sfugge, finanche, agli stilemi della bizantina burocrazia italica.

                L’occasione per riequilibrare il deficit strutturale è, per ora,  un ‘occasione persa!

                A conti fatti mancano duemila unità di personale sanitario, 600 posti letto, un HUB di secondo livello reale (quello attuale  è, meramente, virtuale); spicca l’assenza (vedi infra) di reparti per la cura delle acuzie: questo il gap che rimane nella sua dimensione originaria.

                Taranto, lo ricordiamo, area in situazione di crisi industriale complessa, deve vedersi riconosciuto  un asset ospedaliero che fondi su tre presidi: Santissima Annunziata, Moscati e San Marco di Grottaglie. La rete sanitaria jonica, che prenderà forma con la costruzione HUB del San Cataldo (non prima del 2022), solo dopo potrà essere riconfigurata. Oggi non esistono alternative vere e serie.

                Occorre organizzare una transizione che preveda questa struttura tripolare, riservando, all’ ospedale Santissima Annunziata, la trattazione dei casi di maggiore complessità; all’ ospedale Moscati tutta la parte oncologica e di supporto al SS. Annunziata; all’Ospedale San Marco di Grottaglie, infine, i casi meno gravi, da trattare anche in day surgery.

                Vanno istituiti (almeno) i seguenti reparti, che dovranno curare le patologie frutto del carico ambientale:

·                        Oncoematologia Pediatrica

·                        Chirurgia Toracica

·                        Pneumologia

·                        Allergologia

 

 

 

 

 

 

 

 

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Mentre il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha inaugurato a Taranto il secondo piano del Museo MarTa, in Prefettura le sigle sindacali hanno incontrato il Viceministro allo Sviluppo Economico Teresa Bellanova. Un lungo colloquio in separata sede tra CGIL, CISL e UIL e USB. “Una richiesta fatta espressamente dalle tre sigle sindacali che, come al solito, non vogliono aprire dialoghi con noi. Abbiamo sottolineato l’importanza della democrazia sindacale”, commenta Francesco Rizzo, coordinatore provinciale USB Taranto. “E’ stato un incontro molto importante in cui abbiamo ribadito la nostra posizione, sottolineando soprattutto che nessuno ha il diritto di scommettere sulla salute delle persone – va avanti Rizzo -. Abbiamo smontato i dieci decreti che mirano solo alla salvaguardia dei possibili acquirenti e non alla città e ai lavoratori. Abbiamo fatto sentire forte il nostro NO a questa situazione che è ormai insostenibile, soprattutto perché non dà uno spiraglio di apertura verso orizzonti positivi. Crediamo che non si voglia davvero creare un obiettivo per la città quanto continuare a regalare il nostro futuro e la nostra salute, per far arricchire le tasche di chi in fondo di Taranto si disinteressa. Abbiamo sottolineato come in questi quattro anni, dal 26 luglio 2012, non si sia fatto realmente nulla per la città, ma che tutti i decreti, in particolare l’ultimo, mirino solo al sostegno ai prossimi proprietari dell’azienda. Abbiamo voluto far presente che l’unica soluzione per lo stabilimento, che è centrale, così come dice lo stesso Governo, per l’economia tarantina e italiana, sia la nazionalizzazione. Solo lo Stato può mettere le risorse economiche per garantire i due importantissimi diritti che i lavoratori e i cittadini debbano avere: lavoro e tutela della salute. Nel corso di quest’anno abbiamo dovuto fare decine di collette all’interno dell’Ilva per sostenere le tante famiglie colpite dal tumore. Solo questa mattina la morte di una giovane donna, moglie di un collega. Negli ultimi due anni abbiamo perso cinque colleghi. Credo sia giusto dare una risposta concreta a quella che è ormai un’emergenza per la nostra città, ma dovrebbe essere per l’Italia intera. Ed è paradossale rilevare che le uniche risposte che otteniamo per il territorio sono le chiusure dei pronto soccorso. Ci aspettavamo da parte del governo un’azione forte, che tutelasse, arrivati a questo punto, dopo quarant’anni di inquinamento, la nostra vita e quella dei nostri familiari. Una catastrofe da cui nessuna famiglia tarantina è immune. Non crediamo nei cambiamenti immediati, ma vogliamo che il Governo appronti un progetto per la città che dia la possibilità ai nostri figli di dover scegliere di essere disoccupati o lavorare in Ilva o dover andare via da Taranto.  Sabato scorso si consigliava ai genitori del quartiere Tamburi, a causa del wind days, di chiudere le finestre e di non mandare i bambini per strada: in un paese civile e democratico questo non DEVE accadere e non può essere parte di una scommessa. E lo Studio Sentieri è stato chiaro: a Taranto si muore di più a causa dell’Ilva e i lavoratori sono i più esposti. Le relazioni mediche di varie istituzioni sono inconfutabili, siamo il primo produttore di diossina a livello europeo, con dati shock sul quartiere Tamburi, i lavoratori sono a contatto con le peggiori sostanze nocive, ma sembra che il Governo resti impassibile. Ci chiediamo come mai davanti a questi studi e dati continui a non prendere una posizione più sensibile e chiara nei confronti dei lavoratori, con un riconoscimento di beneficio sulla pensione”. Il viceministro ha ascoltato attentamente l’intervento di Rizzo e ha chiesto un documento con tutte queste informazioni che presto saranno al vaglio del Governo. Un’ ultima battuta Rizzo la rivolge a Renzi: “Credo sia vergognoso che il Presidente del Consiglio in visita a Taranto abbia completamente snobbato l’Ilva: un atteggiamento che non condividiamo e che crediamo sia sintomo di grande disinteresse. Renzi dovrebbe sentirsi parte in causa, ma invece scappa da quella che è la realtà”.

Dare ora avvio al processo di vendita o di fitto del Gruppo Ilva e dello stabilimento siderurgico di Taranto.

 

 

“Il decimo Decreto Ilva autorizza ulteriore fiducia nel futuro industriale di Taranto e del Paese, perciò riteniamo si possa mettere parola fine al commissariamento straordinario, dando avvio al processo di vendita o di fitto del Gruppo Ilva e, dunque, dello stabilimento siderurgico di Taranto. Le condizioni definite dal Decreto possono consentire, adesso, di rilanciare tutto il nuovo processo di natura industriale, occupazionale ed ambientale che da tempo come Cisl auspichiamo, insieme con la categoria dei lavoratori metalmeccanici.Del provvedimento, sottolineiamo tra i tanti elementi importanti, la scelta della tutela delle  Pmi dell’indotto e dell’autotrasporto e l’autorizzazione all’Arpa ad assumere, a tempo indeterminato, personale che assicuri le attività di accertamento relative all’attuazione del piano ambientale.  Inoltre, vengono confermati 800 milioni (di cui 600 nel 2016 e 200 nel 2017) vincolati esclusivamente al completamento dell’AiA (Autorizzazione integrata ambientale).La Cisl Taranto Brindisi nel dare atto al Governo della coerenza manifestata tra quanto finora promesso e quanto sta realizzando per il rilancio societario e produttivo del segmento siderurgia, chiede oggi che esso si faccia parte attiva nei confronti dei potenziali acquirenti, affinché questi presentino preventivamente anche al sindacato il Piano industriale. Piano che dovrà indispensabilmente prevedere, come da noi più volte evidenziato, garanzie ambientali, occupazionali e produttive.”

AUMENTA LA PRESSIONE IN CITTA' PER LA VISITA DEL PREMIER.

Dopo l'approvazione e la conversione in legge del decreto ILVA avvenuta con il sistema della fiducia, la visita del Presidente del Consiglio Matteo Renzi a Taranto accende i tarantini che venerdi 29 alle ORE 9,00 si troveranno al sit – in e alle iniziative già convocate in piazza Garibaldi da altre organizzazioni. alle ORE 18.30 poi è previsto un CORTEO CITTADINO #TUTTAMIALACITTA' da Piazza Immacolata. “Taranto sfiducia il Governo Renzi. Decide la Città” Renzi sarà in visita a Taranto anche per l’inaugurazione del secondo piano del Museo MarTà. Un appuntamento privato - recita un comunicato di DECIDE LA CITTÀ! #TUTTAMIALACITTA' -  in un luogo di tutti, che si presenta come passerella da parte del Governo rispetto agli scempi provocati dopo anni di decreti autoritari e di scelte scellerate (vedi progetto Tempa Rossa), riempiti con la solita retorica del ricatto occupazionale e del “non c’è alternativa”. Dopo anni di commissariamento governativo, tutelato da immunità penale, i risultati sono sotto gli occhi di tutti: si svende a nuovi acquirenti lo stabilimento siderurgico senza averlo mai espropriato, socializzando le perdite prodotte ma privatizzando i profitti, e in barba alle prescrizioni della magistratura si rinvia nel tempo il piano di bonifica e riconversione di fabbrica e città, in nome di presunti interessi strategici nazionali, garantendo la continuità produttiva a scapito dell’ambiente e della salute dei cittadini. Nel frattempo Taranto rimane ancora città dei diritti negati: emergenza sanitaria ed ospedaliera, desertificazione economica, emigrazione, precarietà, tasso di disoccupazione giovanile al 60%, patrimonio culturale abbandonato, rete dei trasporti e dei collegamenti carente ed inefficiente, chiusura delle facoltà universitarie e di importanti presìdi per il territorio (Soprintendenza, Corte d’appello, Tribunale dei minori, etc). La città non può più accettare scelte calate dall'alto ed incompatibili con la vita di chi la abita. Un’alternativa - conclude DECIDE LA CITTÀ! #TUTTAMIALACITTA' - diversa per Taranto toccherà ai suoi cittadini scriverla, attraverso un processo partecipato che rimetta al centro le energie propositive della nostra comunità e la possibilità di decidere un destino differente. È per questo che invitiamo tutti a manifestare contro la passerella del Governo Renzi venerdì 29 Luglio, il governo dei decreti Ilva, dello Sblocca Italia, del Jobs Act e della Buona Scuola. Basta passerelle sulla vita dei tarantini!

Sulla questione Taranto si registra anche un intervento del Presidente della Puglia in Più sen. Dario Stefàno che parlando si timidi segnali sostiene la volontà di affrontare la questione per evitare la chiusura della realtà produttiva e occupazionale più grande del Paese ma, a distanza di 4 anni dall'applicazione dei sigilli "virtuali",  dice ancora Stefàno - ci troviamo a votare l'undicesimo provvedimento che riguarda l'Ilva senza che siano definitivamente sciolti i nodi che strozzano lo stabilimento ma soprattutto la città di Taranto che soffoca sempre di più nell'inquinamento". Sono le parole con cui il Senatore Dario Stefàno, Presidente de La Puglia in Più, ha annunciato, durante il suo intervento in dichiarazione di voto in Senato, la sua decisione di non partecipare al voto di fiducia sul decreto legge in materia di cessione dello stabilimento siderurgico. "Questo provvedimento non si discosta poi così tanto da quelli precedenti, anche se compie qualche timido passo avanti come nel caso della previsione di aumento dell'organico di Arpa Puglia, proposta già avanzata più volte e bocciata dal governo nelle puntate precedenti. Spiace però che la stessa volontà non sia stata manifestata anche per autorizzare il potenziamento degli organici ASL e garantire così un migliore controllo del territorio, o per dare urgenza agli interventi previsti dall'Aia, necessità che abbiamo più volte posto in risalto, anche in passato. Apprezziamo invece la marcia indietro su quello che poteva essere definito come "super Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri" che di fatto superava i vincoli della VIA, dalla Valutazione di Impatto Ambientale, mentre è giusto tenere in conto le richieste che vengono da tutti i portatori di interesse, raccolte nelle osservazioni che ora vengono ritenute finalmente necessarie". 

"L'ordalia messa tragicamente in essere tra il diritto alla salute e il diritto al lavoro, di cui Ilva e Taranto sono una drammatica sintesi, non può - continua Stefàno - essere affrontata nè tantomeno risolta solo a colpi di decreti e ancora di più a colpi di cieca fiducia. Spero sia abbastanza chiaro che la decretazione d'urgenza non funzioni per casi come quello dell'Ilva, che non funziona la strategia di operare soluzioni tampone e che manca soprattutto una visione strategica. Resta centrale dunque l’importanza di costruire, in maniera allargata e condivisa, un percorso di futuro per una città meravigliosa che ha troppo sofferto per la mancanza di prospettive ampie e globali. Ci troviamo sempre allo stesso punto, si spostano magari un po' più in là le scadenze e le proroghe, concedendo o estendendo qualche "guarantigia" a commissari o possibili acquirenti ma il territorio ferito di Taranto - conclude Stefàno - sta ancora aspettando, e merita, un percorso di cambiamento, la sua "volta buona", per dirla usando una locuzione cara al Premier, che purtroppo da quest'Aula, ancora oggi, tarda ad arrivare".


 

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