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Giornale di Taranto - Economia, Lavoro & Industria
Economia, Lavoro & Industria

Economia, Lavoro & Industria (1903)

Un nuovo evento organizzato dalla Fondazione dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Taranto si terrà domani, martedì 30 gennaio, con inizio alle ore 15,30 nella sala conferenze della sede tarantina della Banca di Bari e Taranto Credito Cooperativo  in Via Angelo Berardi n.31 dal titolo “LE VENDITE IMMOBILIARI NEL FALLIMENTO E NELLA LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE”. A pochi giorni dal precedente incontro tenutosi lo scorso 20 gennaio presso la stessa sede dal titolo «Perché una holding?», la Fondazione dedica un pomeriggio di studi ai professionisti, dottori commercialisti, esperti contabili ed avvocati, nominati curatori e commissari liquidatori nelle procedure concorsuali. Gli argomenti che saranno trattati focalizzeranno l\\\'attenzione non solo sulle procedure previste dalla normativa vigente ma anche sui compiti e le responsabilità del soggetto specializzato incaricato delle stesse; la parte conclusiva del convegno sarà dedicata ad un laboratorio pratico che fornirà gli strumenti operativi.  Dopo i saluti istituzionali del Presidente della Fondazione dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Taranto Laura Baccaro,del Presidente dell\\\'Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Taranto Francesco Vizzarro e del Consigliere delegato FDCEC per la Commissione “ Composizione della crisi, Procedure Concorsuali e attività ausiliarie” Alfredo Cerabino, interverranno in qualità di relatori all’evento, accreditato ai fini della formazione professionale: Giuseppe De Francesca (Giudice Delegato della seconda Sezione Civile – Ufficio delle Procedure Concorsuali del Tribunale di Taranto), Antonio Sgrò (Responsabile Regionale di EDICOM srl),  Cosimo Damiano Latorre (Consigliere della Fondazione Nazionale di Ricerca dei Commercialisti), Dario Lupo(Avvocato del Foro di Taranto) e Gaetano Di Gregorio (Dottore Commercialista ODCEC Taranto). I lavori saranno coordinati da Roberta Zaccaria (Presidente della Commissione “ Composizione della crisi, Procedure Concorsuali e attività ausiliarie” FDCEC Taranto).

 

“Taranto è di tutti noi: abbracciamola insieme”. Così alla manifestazione del 29 gennaio, promossa dai sindacati metalmeccanici Fim, Fiom, Uilm e Usb, parteciperanno Aigi, Confapi e Casartigiani. Le prime due sono associazioni delle imprese, alla terza, invece, fanno capo i trasportatori. Comune il motivo della protesta: la crisi di Acciaierie d’Italia e i suoi pesanti riflessi sull’indotto, che, non essendo pagato da Acciaierie, da diversi giorni ha ormai fermato ogni attività assicurando solo il pronto intervento per le emergenze e la messa in sicurezza. Aigi ha dichiarato che le imprese hanno chiesto la cassa integrazione per circa 2.600 lavoratori, che si aggiungono ai 2.500 diretti di Acciaierie che si trovano già in cassa.  Nel condividere e partecipare alla protesta dei sindacati di lunedì, le tre associazioni datoriali parlano di “vicinanza che i più definiscono straordinaria, probabilmente perché non è mai stata realizzata in precedenza. Un’unione che è frutto d’intenti comuni, per cui non sono state necessarie riunioni estenuanti, compromessi e bilancini per sottolineare presenza, visibilità e il lavoro faticoso di questi giorni. In questo periodo - dicono Aigi, Confapi e Casartigiani - ognuno ha fatto la sua parte con competenza e dedizione assoluta: chi sobbarcandosi le più faticose interlocuzioni e chi stazionando, con i propri mezzi, davanti ai cancelli. E questo sarà il risultato finale”. L’appello di Aigi, Confapi e Casartigiani è: “Chiediamo a tutte le associazioni di categoria e gli ordini professionali di unirsi alla protesta. Cerchiamo tutti insieme di arginare lo tsunami che starebbe per abbattersi sulla comunità. Taranto è di tutti noi: abbracciamola insieme”.   Per lunedì mattina é previsto il concentramento alle 7 davanti alla portineria imprese del siderurgico. Il corteo attraverserà il perimetro esterno della fabbrica e toccherà prima la portineria dei tubifici, poi la C, da dove entrano i mezzi pesanti e sul cui piazzale dal 2 gennaio sono fermi i trasportatori di Casartigiani, per poi andare sulla statale Appia verso la direzione di stabilimento. “A causa dello sciopero indotto dalle organizzazioni sindacali dell\'indotto Acciaierie d\'Italia, potrebbero verificarsi rallentamenti nella circolazione stradale sulle arterie in entrata ed uscita del capoluogo” fa sapere la Questura di Taranto. 

“Eventuali spostamenti di personale avvengono come sempre nel pieno rispetto delle vigenti disposizioni di legge e di contratto”. Lo dice in una nota Acciaierie d’Italia, l’ex Ilva, rispondendo ai sindacati che hanno sostenuto che nel siderurgico si starebbe verificando “uno spostamento illecito di personale da un impianto all\'altro”. Questo per attutire le conseguenze della protesta delle imprese dell’indotto che, non pagate da Acciaierie per i lavori effettuate, da giorni hanno fermato lavori, attività e forniture all’infuori del pronto intervento o di ció che necessita per la sicurezza degli impianti. Un tipo di protesta che continua. “Recentemente - dichiara Acciaierie - l’azienda si è attivata per svolgere attraverso suo personale diretto alcune mansioni di base in precedenza svolte da fornitori esterni, verificando preventivamente l’esistenza delle necessarie competenze e la disponibilità delle risorse interpellate, nonché, come di regola, previa idonea informazione e formazione. L’azienda - precisa Acciaierie - continua a operare nel pieno rispetto delle normative vigenti riguardanti la sicurezza del personale e degli impianti”. E intanto in vista della manifestazione di lunedì prossimo, quando un corteo di lavoratori sfilerà attorno al, perimetro esterno del siderurgico, Casartigiani, l’associazione dei trasportatori, anch’essi fermi per i mancati pagamenti, fa sapere che aderirà alla protesta, alla quale ha già detto che parteciperà Aigi, l’associazione delle imprese dell’indotto. “Casartigiani Taranto - si evidenzia - condivide appieno la rabbia e lo sgomento per la totale indifferenza palesata, nelle ultime settimane, dalla governance di Acciaierie d’Italia. È inaccettabile addossare tutte le responsabilità del fermo delle attività unicamente alle imprese dell’indotto. Il settore dell’autotrasporto è in ginocchio sia moralmente sia economicamente perché da diversi mesi non vengono rispettati i diritti essenziali del lavoro. Oramai la situazione è tale da essere una bomba pronta a esplodere, a cui potrebbero sommarsi le ulteriori chiusure delle attività imprenditoriali”. 

L’assunzione di “tutte le iniziative necessarie per garantire la continuità aziendale e la sicurezza dei lavoratori e degli impianti” è stata chiesta con una lettera da Invitalia ad Acciaierie d’Italia, l’ex Ilva. Lo si apprende da fonti vicine al dossier. Una iniziativa, questa, che si unisce a quella attivata dai commissari dell’amministrazione straordinaria di Ilva, che ad Acciaierie hanno chiesto notizie urgenti sullo stato degli impianti e annunciato di voler fare un’ispezione in fabbrica. Invitalia - dicono le fonti - manifesta \"grande preoccupazione se fossero fondate le notizie circa un eventuale spegnimento degli impianti, con le gravissime conseguenze, potenzialmente disastrose e irreversibili, in particolare per i lavoratori, per i fornitori, oltre che naturalmente per la continuità aziendale\". In qualità di azionista e partner di minoranza, Invitalia ha chiesto ad Acciaierie di “esercitare i propri compiti e doveri gestori, essendo chiaro che Invitalia non ha alcuna prerogativa o diritto di governance in tal senso”. La società del Mef ha infine chiesto “di essere informata tempestivamente delle iniziative assunte dai commissari in relazione all\'ispezione che gli stessi avrebbero richiesto sugli impianti”. 

“Ad oggi sono 2.640 i lavoratori dell’indotto in cassa integrazione, una misura che le aziende non hanno potuto evitare a causa dei mancati pagamenti da parte di AdI, che rischiano di mandare sul lastrico le imprese dell’appalto”.

Lo dichiara  Aigi, l’associazione dell’indotto di Taranto di Acciaierie d’Italia, l’ex Ilva. “Aziende - si afferma - che in questi anni hanno garantito produzione e manutenzione degli impianti. Imprese strategiche per il ciclo produttivo e per l’attuazione del piano ambientale che, strette nella morsa della crisi dovuta alla mancata corresponsione dei crediti vantati, non hanno potuto far altro che ricorrere agli ammortizzatori sociali non potendo più garantire il pagamento degli stipendi ai propri dipendenti”.

Aigi condivide “le ragioni della manifestazione indetta dalle sigle sindacali metalmeccaniche in programma lunedì prossimo 29 gennaio. Imprese e sindacati insieme in difesa della produzione ecocompatibile, del lavoro e del territorio tarantino, in difesa della sopravvivenza dello stabilimento siderurgico il cui futuro è fortemente a rischio mentre incombe lo spettro della seconda amministrazione straordinaria nel giro di un decennio. Quella di lunedì - si afferma - sarà una data storica per la città. Per la prima volta a manifestare con le stesse, medesime rivendicazioni, saranno imprenditori e organizzazioni sindacali che scendono per strada in difesa della città. Manifestano per l’ex Ilva, la madre di tutte le vertenze, mentre Taranto si è trasformata nella città delle vertenze”. Intanto continuano a calendarizzarsi azioni di protesta.

 “Nella giornata del 29 gennaio terremo una manifestazione con concentramento davanti alla portineria imprese che proseguirà in corteo attorno al perimetro dello stabilimento, con l’obiettivo, nell’iter di conversione del decreto, di trovare le opportune garanzie a tutela dei lavoratori e dei crediti delle imprese, al fine di garantire la salvaguardia ambientale, occupazionale e industriale”. È la manifestazione che viene promossa dai sindacati Fim, Fiom, Uilm e Usb. La manifestazione partirà dalla portineria imprese del siderurgico. Concentramento alle 7 del 29 gennaio. “In queste ore - dicono i sindacati - apprendiamo che l’unico altoforno attualmente in marcia già ridotta si sta avviando ad un ulteriore abbassamento della carica e si stanno adoperando anche alla fermata delle batterie 7- 8 determinando di fatto la chiusura definitiva della fabbrica”. “È del tutto evidente - proseguono le sigle metalmeccaniche - che avremmo potuto evitare questa situazione di criticità in cui si trova la vertenza ex Ilva e come sindacato abbiamo, in più occasioni, scioperato per chiedere l’estromissione di Arcelor Mittal che aveva già ampiamente dimostrato di non voler investire sia per il rilancio della produzione che per il processo della transizione ecologica”. Per i sindacati, “la gestione della multinazionale ha infatti prodotto soltanto cassa integrazione ed un impoverimento del tessuto produttivo della provincia ionica portando al lastrico molte aziende dell’appalto con conseguenti procedure di licenziamento collettivo per i lavoratori”.

La crisi di Acciaierie d’Italia, l’ex Ilva, costituisce una “vera e propria tempesta perfetta, in cui nessuno si salva: né lo stabilimento, né i lavoratori, né le aziende e tantomeno la città, che da anni attende una riconversione in chiave green di uno stabilimento che una volta spento produrrebbe solo abnormi criticità”. Lo dice Confindustria Taranto. L’associazione degli industriali “prende atto della incapacità, non voluta ma imposta dalle circostanze, di buona parte delle aziende dell’indotto, a garantire continuità lavorativa. Sono le stesse imprese che già da mesi denunciano assenza di liquidità per i crediti non corrisposti, oramai al limite della esasperazione”. Confindustria Taranto, quindi, “chiama ancora una volta alle sue responsabilità il management di Acciaierie d’Italia, unico reale responsabile di una gestione scellerata e di una situazione oramai fuori controllo”. Per Confindustria Taranto, le proposte formulate “andrebbero a scongiurare, laddove acquisite e tradotte in uno strumento normativo, sia lo stop operativo delle imprese dell’indotto sia, conseguentemente, i rischi di spegnimento in cui, a breve, incorre lo stabilimento tarantino. Fra le proposte - si annuncia - c’è la richiesta al Governo di delineare il perimetro esatto in cui ricade la tipologia di imprese definite dell’indotto e la possibile cartolarizzazione dei crediti delle ditte fornitrici, attraverso un Ente di Stato, che consentirebbe alle stesse imprese di poter beneficiare di una boccata d’ossigeno utile a traguardare la difficilissima congiuntura e tornare subito al lavoro”. Infine al ministro Urso Confindustria chiede “un ulteriore confronto, in qualsiasi forma possibile, al fine di poter illustrare istanze e azioni da poter eventualmente prendere in considerazione”.

 

“In riferimento ai crediti vantati dalle imprese che le risultano associate AIGI, Acciaierie d’Italia precisa che l’esposizione corrente per servizi resi nel 2023 è ampiamente inferiore ai dati pubblicati dalle associazioni di categoria ed è disponibile a una verifica condivisa”. Lo dichiara Acciaierie d’Italia. “Relativamente ai crediti ceduti dai fornitori a Banca Ifis per l’anticipo degli importi, Acciaierie d’Italia - spiega la società - informa di aver sempre onorato tutte le scadenze mensili nei confronti dell’Istituto finanziario, inclusa quella del 31 dicembre scorso”.

La particolare situazione dell’indotto di Acciaierie d’Italia, ex Ilva, a Taranto, fa saltare la normalità delle mense e la fornitura dei pasti caldi sia nelle sale di refezione che sui posti di lavoro. Acciaierie ha infatti comunicato oggi che le mense Acciaieria 1, Pla (Produzione lamiere) 1 e Ima (Impianti marittimi) 3 “saranno regolarmente aperte e serviranno cestini freddi in sostituzione del pasto caldo”. Normalmente, invece, i dipendenti di Acciaierie, che hanno un menù predisposto su base settimanale, possono scegliere tra cinque primi e quattro secondi caldi. Ogni giorno sono preparati migliaia di pasti. La copertura è assicurata su primo e secondo turno. Nel primo, con le mense e la consegna sulle postazioni di lavoro, nel secondo turno, invece, solo con la consegna.

    La distribuzione dei cestini al posto dei piatti caldi è dovuta al fatto che il personale dell’impresa Pellegrini, addetta al servizio di refezione nel siderurgico, sta entrando in fabbrica, nelle primissime ore del mattino, in numero inferiore rispetto alle necessità organizzative a causa dei presìdi di protesta in corso davanti alle portinerie di stabilimento da parte dell’indotto che rivendica i pagamenti arretrati. 

Stessa difficoltà per il servizio di pulizia dei luoghi di lavoro, appaltato alla stessa Pellegrini. I sindacati Fim, Fiom e Uilm hanno già protestato con Acciaierie chiedendo “la giusta igiene e pulizia dei luoghi di lavoro” mentre, visto che non ci sono i pasti caldi, è stata chiesta per gli operai normalisti l’uscita alle 15 con ingresso alle 7. 

    Aigi, l’associazione delle imprese dell’indotto, dichiara oggi che “l’interruzione di tutte le attività proclamata da tutte le aziende operanti all’interno dello stabilimento e del porto, è volta al solo fine di tutelare la sopravvivenza di tutte le aziende dell’indotto che attendono ancora da mesi di ottenere quanto dovuto a fronte del lavoro svolto sino a ora. Acciaierie d’Italia, infatti, continua a non pagare le fatture dei suoi fornitori e l’attuale management, in questo momento, è l’unico responsabile, in quanto è l’unico soggetto in grado di garantire il pagamento delle fatture, propedeutico allo svolgimento delle attività di manutenzione e prosecuzione delle attività produttive dello stabilimento. Auspichiamo quindi - conclude Aigi - da parte del Governo una ripresa immediata dell’interlocuzione con l’indotto al fine di scongiurare gli effetti nefasti derivanti dall’eventuale amministrazione straordinaria” conclude Aigi. 

“In merito alla proposta di accordo inviata lo scorso giovedì 18 gennaio al Governo italiano, al momento Arcelor Mittal non ha ricevuto riscontro”. Lo dicono fonti vicine alla multinazionale dell’acciaio. La proposta é quella inviata al premier Meloni e al sottosegretario alla presidenza Mantovano. “Accettiamo di essere diluiti al rango di azionisti di minoranza (e perdere il controllo congiunto e qualunque potere di veto o casting vote) attraverso la conversione dei finanziamenti soci e un’iniezione di capitale da parte di Invitalia”, ha scritto il ceo Aditya Mittal a Meloni e Mantovano. Inoltre, prosegue la lettera, “al fine di eliminare ex ante qualunque preoccupazione in materia di aiuti di Stato, AM è altresì disponibile a contribuire in ADIH esattamente un terzo del contributo pubblico finalizzato all’acquisto dei rami”.

    “Confermo che siamo disponibili - ha scritto ancora Mittal - a vendere la nostra partecipazione azionaria a un investitore che il Governo dovesse indicare a un prezzo almeno pari a tale nostro ultimo intervento”. Ma viene anche confermata la disponibilità a cedere l’intera partecipazione “a Invitalia per un prezzo che riflette solo una frazione del nostro investimento per cassa”. Invitalia ha declinato, ma “l’offerta rimane sul tavolo nel caso in cui il Governo desiderasse riconsiderarla”. Mittal ha affermato infine che “siamo disponibili a rimanere come partner strategico di minoranza che fornisca esperienza tecnica e industriale mentre il Governo decide una soluzione permanente”.

Per il futuro dell\'ex Ilva di Taranto siamo alle grandi manovre. Partirà dal Senato, a quanto si apprende, l\'esame del decreto legge con disposizioni urgenti in materia di amministrazione straordinaria delle imprese di carattere strategico, varato martedì dal Consiglio dei ministri.

Il provvedimento - pubblicato nella serata di ieri in Gazzetta ufficiale - rafforza, in caso di ricorso all\'amministrazione straordinaria, le misure già presenti nell\'ordinamento a tutela della continuità produttiva e occupazionale delle aziende in crisi, fra cui l\'ex Ilva, e prevede garanzie di cassa integrazione straordinaria durante l\'eventuale amministrazione straordinaria. Il decreto prepara la strada per l\'utilizzo della norma nell\'ambito del confronto con ArcelorMittal sull\'ex Ilva.

\"Continua l’interlocuzione già avviata con tutti gli attori del sistema siderurgico per elaborare il piano siderurgico nazionale, che è nostra intenzione presentare al Paese entro giugno. Consulteremo tutti gli attori. Un piano che possa concretizzare il rilancio siderurgico del nostro Paese”. Lo ha detto il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, a proposito del sito pugliese intervenendo alla video call che insieme al ministro del Lavoro, Marina Calderone, ha avuto con le associazioni dell’indotto di Taranto. Lo riferiscono fonti presenti alla video call. “Lo stiamo facendo con Arvedi, con l’accordo di programma che dovrebbe essere sottoscritto a febbraio, lo stiamo facendo a Piombino, con due significative ipotesi di investimento complementari, una Metinvest, con cui abbiamo firmato un protocollo d’intesa, l’altra Jindal che ho incontrato proprio in questi giorni e con cui dovremmo concludere la prossima settimana per far risorgere il polo siderurgico, green in questo caso, di Piombino. Inoltre - ha detto Urso - c’è la lodevole attività che stanno svolgendo gli acciaieri del Nord che sono i più avanzati sul piano della sostenibilità ecologica a livello europeo e che contribuiranno a questo piano che è nostra intenzione realizzare”. Le fonti aggiungono che il ministro Urso ha sostenuto che “quello che era il più importante stabilimento siderurgico europeo, l’ex Ilva, può tornare ad essere uno dei più significativi stabilimenti siderurgici green d’Europa con le sue realtà a Taranto, Genova e Novi Ligure. Noi siamo impegnati affinché ove si passasse attraverso l’amministrazione straordinaria, questo percorso fosse celere stiamo già interloquendo con diversi - e quando parlo di diversi significa che dico più di 3-4 - interlocutori importanti sul piano internazionale, interessati a investire nell’ex Ilva di Taranto”. “Nostra intenzione - ha specificato Urso - è che attraverso l’amministrazione straordinaria, ove questa fosse la strada, si puntasse non solo alla continuità produttiva e alla manutenzione degli impianti, ma anche, ovviamente, e da subito, all’aumento della produzione di Taranto che lo scorso anno sarà pari, se non inferiore, a quella negativa del 2022 - ha spiegato Urso -. La decisione dell’amministrazione straordinaria e di far scendere in campo il Governo è dovuto anche a questo, ad evitare la lenta ma continua e progressiva riduzione della capacità produttiva di Taranto che comunque avrebbe avuto ripercussioni anche sulle vostre imprese”.

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