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Giornale di Taranto - Economia, Lavoro & Industria
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Economia, Lavoro & Industria

Economia, Lavoro & Industria (1902)

 

La verità politica dei numeri spaventa il sistema dei partiti e degli affari.
Tra la campagna oscurantista del governo Renzi, il boicottaggio del Pd e il solito sostegno mediatico piegato alle lobby del consenso, il quorum non è stato raggiunto: un solo giorno di urne aperte, come prevedibile, non è bastato. E’ vero. Se fossimo in una democrazia reale, però, il voto di 15 milioni di cittadini (più di 13 milioni ha votato si') dovrebbe essere ascoltato. Dovrebbe avere un peso. 

Questo voto va rappresentato! 
Noi continueremo a farlo da Bruxelles alla Puglia, alla Basilicata, passando da Roma.
La nostra battaglia per un futuro migliore e pulito non si fermerà certo dinanzi all'ostruzionismo demagogico e servo di un Renzi qualunque.
Anzi, questa battaglia trova nuova linfa.Quella che arriva dai 70mila tarantini, ad esempio. La città dove l'attualesindaco è stato eletto tra 75mila votanti su 180mila aventi diritto. Dove il referendum 2011 registrò il 49% di affluenza. E dove, alle regionali 2015, voto' appena la metà del corpo elettorale.

Ieri, 70mila tarantini sono andati ai seggi e hanno lanciato un segnale.

RIPARTIAMO DA QUI!
RIPRENDIAMOCI LA CITTA’, SALVIAMOLA DALLA LOGICA DELL’AFFARISMO SENZA FUTURO!

La città simbolo della vertenza per l’ambiente, il lavoro e la salute, ieri si è espressa più di quanto il Pd e i suoi accoliti immaginassero: 43%.  
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Taranto è TRA I SIMBOLI di un Paese che ha spedito un messaggio importante dai seggi: 70mila persone si sono espresse sulle trivelle anche per dire BASTA all’arroganza del doverno dei decreti salva Ilva e delle vane promesse.


Insomma, i dati sull’affluenza contestualizzati in questo periodo storico del NON VOTO spaventano il sistema dei partiti.
Faranno finta di nulla, abbasseranno i toni… ma non serve.

Taranto, la Puglia e la Basilicata (regione che ha superato il quorum in pieno scandalo politico-affartistico, regione che evidentemente si ribella alle trivelle e ai veleni)  hanno trascinato quel si' che se avesse incontrato sul campo il suo avversario naturale, il fronte del no, oggi commenteremmo come una vittoria schiacciante.  

Ma hanno preferito astenersi. Il Pd e Renzi hanno preferito non giocare per non perdere. E credere di aver vinto.
Infine, Emiliano. Il governatore ha caricato di significato politico questo referendum.
Ma a noi la sua guerra personale e partitica ingaggiata con Renzi non riguarda. Non ci interessano le loro dispute di segreteria. Emiliano si dia una mossa: lasci stare i giochetti di partito e difenda le istanze dei pugliesi. Blocchi il progetto Tempa Rossa, alzi la voce sulla vicenda Ilva, magari palesando una posizione ferma e coerente.
Tuteli i tarantini, si concentri sulla regione.  

 

“Il referendum è, per antonomasia, lo strumento di consultazione popolare sul quale nessuno può immaginare di interpretare o costruire leadership personali. È stato sbagliato viverlo così sin dall’inizio, perseverare ancora anche sul risultato sarebbe un doppio errore: evitiamo di fare altri danni”. Lo dichiara il senatore Dario Stefàno, presidente del Movimento la Puglia in Più.

 

“È stato un errore a monte – spiega Stefàno – assecondando interpretazioni personali, vivere la battaglia referendaria come un braccio di ferro fra leader, come un’occasione per misurarsi. Ancor più sbagliato sarebbe se si perseverasse oggi, utilizzando l’esito del referendum come terreno di scontro, come la rivendicazione di un risultato personale".

 

" Il 30% del referendum benché lontano dal quorum - conclude Stefàno -  ha espresso una sensibilità diffusa, e anche politicamente trasversale, che poco si presta a utilizzi strumentali che, peraltro, rischierebbero di ripercuotersi anche sulla Puglia. D’altro canto, quello stesso 30% non può essere ignorato dal presidente Renzi ma, al contrario, tenuto dentro il disegno di politiche di governo innovative, nell’ottica di una politica energetica nuova di cui il nostro Paese ha urgente necessità. Basta bracci di ferro inutili e dannosi”. 

“Preso atto del mancato raggiungimento del quorum, non posso che essere soddisfatto dei dati dell'affluenza in diocesi. Sappiamo bene che gli elettori sono sempre meno inclini ad esercitare il diritto di voto; questa però è stata l'occasione per  sensibilizzare le persone su temi di grande importanza per la vita della nostra comunità e per approfondire il messaggio di papa Francesco sulla cura della casa comune nell'enciclica Laudato Si".

Così mons. Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto, all'indomani del responso elettorale del referendum sulle trivelle. Nonostante il quorum non raggiunto abbia, di fatto, disinnescato l'afflato ecologista, mons. Santoro sottolinea come "non si intraprendono solo le battaglie che si è sicuri di vincere,  ma anche quelle che ci sentiamo impegnati a perseguire per un obiettivo nobile, qual è la difesa del nostro mare e del bene comune. Rispettiamo il valore del gioco democratico e del suo responso e, allo stesso tempo, auspichiamo con ancora più forza un diverso modello di sviluppo in cui l'economia sia al servizio della persona e la terra, il mare e l'aria perché siano custodite per mezzo del lavoro umano e non depredate dalla logica del puro guadagno".

Secondo l'alto prelato, adesso "diventa ancora più urgente per la nostra arcidiocesi e proprio per tutti sostenere a fondo, soprattutto tra i giovani, il cammino di una vera "conversione ecologica" per essere "custodi dell'opera di Dio" come ci chiede papa Francesco".

Non siamo a un punto di arrivo,  ma ripartiamo per un affascinante cammino”.

“Taranto non diventi Bagnoli2” - il Segretario Generale della Fim Cisl Marco Bentivogli riporta l’attenzione sulla siderurgia italiana e la questione ambientale con un lungo intervento sulle pagine dell’Unità ripercorrendo la storia delle due aree industriali di Bagnoli e Taranto.
 
“Taranto e Bagnoli – dice il sindacalista - hanno molti punti in comune: sono nel Sud e sono aree a grave rischio ambientale -  Bagnoli,  dice è stato  capolavoro del benaltrismo italiano che ha portato un’area ad alto impatto ambientale ad un deserto di inquinamento, camorra e disoccupazione.  Dopo 28 anni, fatti di mille piani di riqualificazione dell’area, finalmente la scorsa settimana si arriva ad un piano. Una sfida in cui le istituzioni devono saper collaborare, a tutti i livelli e non ricercare visibilità nello scontro e nella polemica che in Italia distrugge tutte le speranze. A fronte dell’iniziativa del Governo,  dopo 28 anni di disimpegno, precisa il sindacalista - il sindaco di Napoli - come hanno fatto anche molti politici tarantini – non ha saputo fare altro, purtroppo, che replicare questo vecchio schema.  È una questione di cultura istituzionale – precisa -  le istituzioni, anche locali, hanno non la facoltà, ma il dovere di gestire i problemi e trovare le soluzioni.  Mi sono stufato - dice Bentivogli - di trovarmi in tutte le vertenze industriali, le istituzioni locali che ci appoggiano con posizioni oltranziste, dimenticando che spesso la loro azione  è stata la concausa di molte crisi.
Anche a Taranto dal 1971 – scrive Bentivolgi - si manifesta per l’ambiente. Uno scontro che, diversamente dal resto del mondo, ha dato visibilità ai contendenti e fatto litigare ambiente e acciaio a spese di lavoratori e cittadini.  Per questo abbiamo sostenuto, come avviene in tutto il mondo, che va responsabilizzato chi ha prodotto inquinando senza far pagare le persone oltre che con l’inquinamento con la disoccupazione.
Ecco - conclude nel suo intervento il sindacalista - Bagnoli e Taranto hanno in comune: una classe politica locale golosa di contrapposizioni perché è l’unico paravento alla loro irresponsabilità di gestione, perché nasconde quanto avrebbero dovuto fare e non hanno mai saputo né voluto fare.
Dopo anni in cui le regole del Patto di stabilità interno hanno fortemente limitato la capacità di investimento degli enti locali, determinando una fortissima riduzione della spesa in conto capitale delle Amministrazioni del territorio, gli investimenti in opere pubbliche tornano, finalmente, ad essere possibili.
 
Nei giorni scorsi l’ANCE Taranto ha scritto a tutti i Sindaci dei Comuni ionici per evidenziare l’opportunità che oggi è offerta dal superamento del patto di stabilità, avvenuto con la manovra di finanza pubblica 2016, creando le condizioni per sbloccare gli investimenti in opere pubbliche.
 
Il passaggio al pareggio di bilancio pone fine, infatti, a un meccanismo contabile che, introducendo vincoli ottusi e impedendo alle amministrazioni di spendere le risorse disponibili in cassa, ha ostacolato la realizzazione di interventi utili per tutto il territorio.
 
Spetta quindi ora ai Sindaci il compito di decidere, nel bilancio di previsione che sarà adottato entro il prossimo 30 aprile, come sfruttare i nuovi margini finanziari aperti dalla riforma investendo nel territorio e pagando le imprese.
 
Una decisione importante che deve favorire quelle scelte in grado di rimettere in moto il settore delle costruzioni, duramente penalizzato da anni di blocco della spesa, e migliorare la competitività del territorio.
 
Dopo anni di battaglie e denunce sugli effetti distorsivi e dannosi del patto di stabilità, che hanno visto impegnate a livello nazionale Ance e Anci, è stato dunque raggiunto un importante risultato, ma adesso bisogna dimostrare di saper vincere questa sfida.
 
Per Antonio Marinaro, Presidente di Ance Taranto, non ci sono dubbi: “le risorse che si sono liberate devono essere destinate agli investimenti e ai pagamenti alle imprese, perché solo così saremo in grado di recuperare crescita economica e occupazione. Per quanto di nostra competenza, vigileremo affinché questa occasione non vada sprecata ma siamo certi che  i nostri Sindaci sapranno cogliere l’importante opportunità che oggi si presenta dando nuovo impulso ai necessari investimenti di cui questo territorio ha assoluto bisogno”.
Mercoledì, 13 Aprile 2016 14:39

TARANTO - Cresce sempre di piu' la voglia di orto biologico

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Da anni cresce sul nostro territorio la voglia di coltivare con le proprie mani ortaggi e verdure da portare a tavola, un hobby al quale i proprietari delle ville destinano porzioni sempre più estese dei loro giardini.
Difficile quantificare quanto su questo fenomeno incida più la crisi, i più anziani ricordano gli “orti di guerra” cresciuti in ogni dove nella Seconda Guerra Mondiale, o una moda del momento, o più semplicemente il desiderio di mangiare cibi biologici e più gustosi di quelli in vendita nei supermercati, nonché la soddisfazione di portare in tavola qualcosa coltivato con le proprie mani.
Lo conferma Salvatore Maglie, responsabile di Pet Garden che ospita nel prossimo weekend la “Festa dei Fiori”: «sono diversi anni che vediamo crescere esponenzialmente la richiesta di semi e di piantine di ortaggi e verdure da parte di proprietari di ville che convertono a queste coltivazioni parte dei loro terreni, magari sul retro del giardino; in tanti chiedono consigli su come coltivarli, e non è raro che poi ci portino orgogliosi una rubiconda melanzana o una carota gigante per condividere i loro successi!».
 
La “Festa della Primavera” viene organizzata per la prima volta sul piazzale di Pet Garden, in Contrada Palumbo sulla Via per Leporano, appena fuori Talsano; con ingresso libero e gratuito, sarà aperta al pubblico dalle ore 16.00 alle ore 21.00 di venerdì 15 aprile, dalle ore 9.00 alle ore 13.00 e dalle ore 16.00 alle ore 21.00 di sabato 16 aprile, e dalle ore 9.00 alle ore 13.00 di domenica 17 aprile.
Nell’area della manifestazione le organizzazioni di volontariato allestiranno un mercatino dell’artigianato locale e saranno presenti i volontari dell’Associazione “Gli amici di Spino”, attiva da anni nella protezione dei randagi, che porteranno alcuni cucciolotti per permettere ai più piccoli di “familiarizzare” con i nostri amici a quattro zampe; nell’occasione, inoltre, chi lo desidererà potrà donare qualche genere di conforto o alimenti per cani che i volontari de “Gli Amici di Spino” utilizzeranno a favore dei randagi.
 
Nell’occasione, infine, sarà presentato ai più piccoli il “nuovo arrivo” dello zoo didattico di Pet Garden: uno splendido esemplare di alpaca, un “parente stretto” del lama che vive nel Perù e nella Bolivia.
Salvatore Maglie spiega che «oltre a scivoli e giostrine per i più piccoli, a Pet Garden abbiamo realizzato uno zoo didattico in cui i bambini, oltre a poter ammirare in voliere pappagalli di ogni specie, nonché i cigni e le papere in uno stagno, potranno familiarizzare con pony, conigli, galline, maialini, asini, cavalli, arieti e un daino, tutti animali che vivono in ampi recinti; questa struttura può essere visitata gratuitamente tutti i giorni, domeniche comprese: abbiamo voluto donare a tutte le famiglie tarantine uno spazio verde in cui portare gratuitamente i loro bambini a giocare e ammirare animali che oggi vedono solo sui pc».
 

 

PREANNUCIATE ALTRA INIZIATIVE PER DOMANI 11 APRILE SOTTO IL PALAZZO DEL GOVERNO.


Scusate. Sì, vogliamo iniziare cosi, scusate.
Scusate se abbiamo alzato la voce, scusate se ci siamo arrampicati e dormito sui tetti, se abbiamo intralciato  e anche bloccato il traffico con i nostri cortei. Se abbiamo riempito i notiziari con le nostre proteste. Se abbiamo dormito, mangiato e vissuto 40 giorni in una chiesa, la nostra chiesa. Se per un po’ i giornali hanno parlato di noi nel bene e nel male.
Ma cos’altro avremmo potuto fare … Non prendiamo stipendio da 1 anno, nonostante siamo a tutti gli effetti dipendenti di una società pubblica, nata per stabilizzare lavoratori precari e finita in macerie perché amministrata malamente per favorire clientele politiche. Una società nata per svolgere TUTTI i servizi di competenza della Provincia che VOI e NOI paghiamo e continuiamo a pagare senza averne beneficio ALCUNO, visto che NON SONO ESPLETATI dalla Provincia di Taranto da 1 anno. Intanto continuiamo a PAGARE le accise e i contributi provinciali. E’ come pagare la bolletta della luce senza poter usufruire dell’energia elettrica o del gas in casa. Per esempio, continuiamo a pagare un aumento del premio dell’assicurazione auto che avrebbe dovuto favorire TARANTO ISOLAVERDE. Ma i soldi non ci sono. Vengono incassati, ma non ci sono … questo dice la nostra Provincia.
Taranto Isolaverde si poteva salvare, per esempio con un una gestione più attenta e oculata delle risorse economiche, espletando il servizio di verifica degli impianti termici che il Comune di Taranto aveva trasferito alla Provincia. Ma tutte le opportunità di salvare tanti posti di lavoro sono state vanificate da burocrazia, incompetenza, pigrizia e, a pensar male, anche dalla furbizia dei nostri politici e amministratori.
Avremmo dovuto essere licenziati il 26 novembre 2015. Ma ci fu offerta una speranza. Se il Governo avesse finanziato il Palazzo degli Uffici con fondi Cis, i fondi accantonati dall’Ente Provincia per questo scopo, con un atto di volontà politica, sarebbero stati svincolati e destinati a far uscire la società dalla liquidazione. Questo avrebbe permesso all’azienda di accedere a fondi regionali destinati alla nostra formazione e riqualificazione, nonché alla formulazione di progetti destinati a dare lavoro a 231 dipendenti e serenità alle loro famiglie. Con questa prospettiva, nonostante otto mensilità  non pagate, abbiamo accettato una sospensione non retribuita dal lavoro che non prevedeva neanche il versamento dei contributi previdenziali. Qualunque sacrificio, pur di salvare il posto di lavoro.
Il 5 aprile la presa in carico del restauro del palazzo degli Uffici con i fondi Cis si è finalmente concretizzata, ma la Provincia ha adottato un atteggiamento pretestuoso. Non basta più un impegno da parte del Cis, espresso attraverso il verbale della seduta e che dovrebbe arrivare entro pochissimi giorni. Adesso si richiede anche un trasferimento di risorse economiche che si sapeva già in partenza che non sarebbe arrivato in tempi brevi, sicuramente non nei tempi strettissimi che servono per salvare 231 posti di lavoro.
Al Comune di Taranto, coinvolto nel restauro del Palazzo degli Uffici in maniera ben più impegnativa della Provincia, è bastato quanto è stato detto nel corso della seduta per assumere impegni relativi alla messa in sicurezza del Palazzo e la riparazione del tetto. Invece, la Provincia  vuole la “CARTUCCELLA”, come la chiama il nostro Presidente.
Il parlamentare jonico di maggioranza Ludovico Vico, che con Donatella Duranti si è molto adoperato affinchè il Cis assumesse l’onere del restauro, messo al corrente delle difficoltà messe in campo dal presidente della Provincia è intervenuto al tavolo tecnico ed ha fornito un qualificato contributo chiarificatore e a nostro parere dirimente. I dirigenti della provincia devono assumersi la responsabilità e fare gli atti sulla base di quanto detto nella seduta del 5 aprile. Il verbale della seduta arriverà a giorni e può essere il punto da cui partire per predisporre gli atti per consentire l’uscita di Isolaverde dallo stato di liquidazione. Come promesso dal presidente Tamburano. Solo così la società avrà accesso ai fondi regionali per la formazione e per i progetti. Solo così si salveranno tutti i lavoratori. USANDO I SOLDI CHE CI SONO GIÀ E CHE DEVONO ESSERE SVINCOLATI SULLA BASE DEL VERBALE DEL CIS CHE ARRIVERÀ A GIORNI.
La nostra domanda ora è; “CHI DEVE CHIEDERE SCUSA ALLA CITTA’ OLTRE NOI?”

LUNEDI 11 APRILE ALLE ORE 9.00 ASSEDIO DI TUTTI I LAVORATORI DI TARANTO ISOLAVERDE AL PALAZZO DELL'ENTE PROVINCIA DI TARANTO.
 TARANTO NON PUÒ PERDERE ALTRI 231 POSTI DI LAVORO
LA CITTADINANZA È INVITATA A PARTECIPARE E A COMPRENDERE E TOLLERARE L'ENNESIMO DISAGIO CHE SI POTREBBE CREARE


Comunicato stampa

Bruxelles, 8 aprile 2016
 
D'Amato: “Il progetto Tempa Rossa va fermato”

“Il progetto messo in piedi dalla Total su Tempa Rossa che coinvolge la Raffineria Eni di Taranto, va fermato, le condizioni ambientali e l`anacronismo delle fonti fossili lo dicono”. Lo dice Rosa D'Amato, europarlamentare tarantina del Movimento 5 Stelle.

D'Amato spiega: “La vicenda emersa dalle intercettazioni che coinvolgono l'ormai ex ministro Guidi e il suo compagno non ci sorprendono, avevamo avuto il primo sentore di qualcosa di strano sin dalla comparsa di quell'emendamento presentato dalla sottosegretaria Vicari nel decreto Sblocca Italia, cucito su misura sul progetto Tempa Rossa, bocciato in prima istanza e fatto rientrare nella Legge di Stabilità. C'è da chiedersi qual è la pubblica utilità di un progetto che favorisce soltanto i petrolieri a scapito della salute dei cittadini lucani e tarantini".

L'eurodeputata M5S punta lo sguardo sulle royalty e le franchigie: “Nessuna compensazione potrà mai  ridare agli agricoltori le proprie terre, agli allevatori i propri animali e a tutti i cittadini la salute, neppure se le attuali percentuali del 4 % dei ricavati in mare e 10% per l’estrazione a terra, fossero aumentate”.

“Ho già presentato diverse interrogazioni alla Commissione europea sul quel progetto che regalerà a Taranto il 12% in più emissioni e ridicole ricadute occupazionali, soprattutto se confrontate con i posti di lavoro che si creerebbero nelle energie rinnovabili con gli stessi importi. Le problematiche sollevate in Commissione sono le stesse che oggi sono alla ribalta dei notiziari: le modifiche legislative che il governo si apprestava a fare per favorire il progetto Tempa Rossa e le contaminazioni delle falde".

"In una delle risposte, la Commissione ha comunicato che “sta monitorando da vicino” il progetto e staremo col fiato sul collo all'Ue per conoscere i risultati di questo controllo".

"Il progetto aumenterà il rischio di incidenti nell'intera raffineria e nell’area portuale, sottoposta alla normativa nazionale della direttiva Seveso III, attualmente al vaglio della Commissione per il visto di conformità. Il presidente della Regione Emiliano solleciti il parere del CTR e si opponga alla realizzazione di Tempa di fatto, con atti concreti”, dice D'Amato.

"La politica locale dovrebbe adoperarsi per l’istituzione di una 'Oil free zone' come da art.71 Legge n.221 28/12/2015, ossia area territoriale nella quale, entro un determinato arco temporale e sulla base di specifico atto di indirizzo adottato dai comuni  del  territorio  di  riferimento,  si preveda la progressiva sostituzione del petrolio e dei suoi derivati con energie prodotte da fonti rinnovabili. Nelle Oil free zone sono avviate sperimentazioni sulla realizzazione di prototipi e l'applicazione sul piano industriale  di nuove ipotesi di utilizzo dei beni comuni: non è uno strumento perfetto, ma perché non usarla per l’area tarantina?

Proponiamo ormai da tempo la riconversione della città, trasformandola da città sul mare a città di mare con la valorizzazione dell’habitat marino e delle bellezze storiche-archeologiche che solo la città di Taranto può vantare, senza dimenticare le potenzialità del porto, colonizzato negli anni dalle grandi industrie inquinanti, restituendolo al servizio della città con la sua retroportualità, attualmente solo sulla carta.  

Non accetteremo un nanogrammo di inquinamento in più e siamo consapevoli che solo un governo del M5S è in grado di realizzare progetti di economia  moderna, digitale e circolare, collaborativa e condivisa", conclude D'Amato.

Immediato potenziamento degli ospedali pubblici già esistenti, ossia dell’Ospedale SS. Annunziata e dell’Ospedale Moscati di Taranto, quest’ultimo unica struttura in Puglia ad essere in grado di realizzare con successo il trapianto del midollo anche in pazienti della fascia pediatrica; creazione di 10 posti di oncoematologia pediatrica; 10 posti di chirurgia toracica; 20 posti di pneumologia pubblica (ora esiste solo quello della clinica privata “Villa Verde”); conseguente incremento del personale sanitario; ticket sanitario gratuito per la popolazione di Taranto; ripristino del trasporto gratuito dei malati oncologici.

Sono queste le richieste che i Genitori tarantini hanno avanzato al presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, nel corso dell’incontro svoltosi a Bari e al quale hanno partecipato anche l'ingegner Barbara Valenzano (Direttrice del Dipartimento Mobilità, Qualità urbana, Opere pubbliche e Paesaggio), il dottor Giovanni Gorgoni (Direttore del Dipartimento Promozione della Salute, del Benessere sociale e dello Sport per tutti) e il dottor Felice Ungaro (Direttore Generale dell'Agenzia Regionale sanitaria).

Incontro nel corso del quale i Genitori tarantini hanno consegnato ad Emiliano, e fatto protocollare, un documento nel quale si evidenzia, soprattutto, che i bambini di Taranto si ammalano di cancro il 54% in più rispetto ai loro coetanei del resto della Puglia, e la mortalità in età pediatrica (0-14 anni) è aumentata del 21% rispetto alle medie regionali.

Non solo, al presidente della Regione e ai dirigenti presenti all’incontro, i Genitori tarantini hanno fatto presente come l’insediamento Tempa Rossa costituisca “un’ulteriore insostenibile aggressione, del tutto fuori luogo, dato che incrementerà del 12% l’inquinamento già esistente, a fronte di sole 25 unità lavorative a regime (solo 300 in corso d’opera), progetto da stoppare immediatamente perché - hanno aggiunto i Genitori tarantii non strategico per la nostra città, come ben si sta delineando nella cronaca giudiziaria di questi giorni, nonostante gli sforzi del Governo centrale tendano a far credere il contrario”.

Ma è sul fronte sanitario che i Genitori tarantini hanno insistito molto ritenendo inaccettabile che, a fronte della media di posti letto che la Regione deve avere, ossia 3,4 pl/1000 abitanti, “in provincia di Taranto ce ne siano a disposizione solo 2,9, con una grave carenza di posti letto, che si ripercuote anche sul personale, attualmente in numero nettamente inferiore alle altre province, rispetto alla popolazione residente. Quindi, a Taranto, - hano aggiunto - pur avendo un carico di malattie universalmente riconosciuto più alto, si hanno meno posti letto e molto meno personale sanitario”.
Così come inaccettabile "è la questione del personale che segue tutto il percorso di conoscenza dei danni da inquinamento e della loro prevenzione. Tutto il personale che segue lo screening cardiovascolare e respiratorio ed il personale che sta portando avanti gli studi epidemiologici (registro tumori, ecc. ecc.), sono a tempo determinato. Chiediamo, per questo motivo, una delibera regionale urgente che provveda a stabilizzare questo personale,  in attesa dei concorsi pubblici da attuare, per fare in modo che ad ottobre, alla scadenza dei contratti a tempo determinato, che non potranno essere prorogati, non si verifichi il blocco di tutte le attività”.

Di seguito il testo integrale della lettera protocollata e consegnata al presidente Emiliano


  AL PRESIDENTE DELLA REGIONE PUGLIA
  Dott. Michele EMILIANO
 

In concomitanza dell’incontro del giorno 8 aprile 2016, i Genitori tarantini, comitato spontaneo apartitico nato grazie alla consapevolezza dell’emergenza sanitaria in atto nella città di Taranto e sviluppatosi attraverso i social, con la presente intendono avanzare alcune precise richieste precisa all’Istituzione Regione Puglia, nella persona del suo massimo rappresentante, nella duplice veste di Presidente e di Assessore alla Salute.

PREMESSO

- che la città di Taranto ha subìto e subisce, da oltre cinquant’anni, ogni sorta di aggressione inquinante al suo territorio (aria, suolo, sottosuolo, falde acquifere, Mar Piccolo e Mar Grande) e di conseguenza ai suoi cittadini, da parte dell’Ilva, dell’Eni, della Cementir, della Marina Militare, dei cinque inceneritori e delle discariche varie, pubbliche e private;

- che un’ulteriore insostenibile aggressione è prevista dall’ultimo progettoTempa Rossa, del tutto fuori luogo, dato che incrementerà del 12% l’inquinamento già esistente, a fronte di sole 25 unità lavorative a regime (solo 300 in corso d’opera), progetto da stoppare immediatamente perchénon strategico per la nostra città, come ben si sta delineando nella cronaca giudiziaria di questi giorni, nonostante gli sforzi del Governo centrale tendano a far credere il contrario;

- che, secondo il rapporto 2008 dell'Arpa Puglia, dal solo camino “E132” dello stabilimento Ilva sono fuoriusciti fino a 171 grammi di diossina all'anno, maggiore della somma delle emissioni di tutte le industrie di Spagna, Regno Unito, Svezia e Austria messe insieme;

- che le diossine vengono trasportate dal vento e si vanno a depositare sull’erba, sul terreno e nell’acqua per poi risalire la catena alimentare accumulandosi nel tessuto adiposo degli animali e, con ricadute sanitarie  fortissime, su tutta la popolazione e soprattutto sui più piccoli, con danni irreversibili, documentati dal Rapporto Sentieri dell’ISS, problematiche che le cosiddette opere di  “bonifica e ambientalizzazione”, cioè di ripristino ambientale delle aree più contaminate, a ridosso dell’acciaieria, come il quartiere Tamburi, non possono cancellare;

- che i bambini di Taranto si ammalano di cancro il 54% in più rispetto ai loro coetanei del resto della Puglia, e la mortalità in età pediatrica (0-14 anni) è aumentata del 21% rispetto alle medie regionali;

- che ciononostante le emissioni tossiche continuano, come ci dimostrano i dati confermati dalla stessa ILVA  ad ARPA Puglia il 24 febbraio 2016,  con uno studio del Politecnico di Torino, il quale ha evidenziato che a novembre 2014, all’insaputa della popolazione, la centralina del quartiere Tamburi, il più vicino all’impianto siderurgico, ha registrato un valore medio giornaliero di 791 picogrammi al metro quadro rispetto a un ‘valore soglia’ che si attesta tra 15 e 20 picogrammi;

- che a seguito di tutto ciò si è sviluppata un’emergenza sanitaria fuori controllo che raggiungerà  i picchi massimi solo nel 2020;

- che a fronte di quanto sopra esposto, resta, come unico auspicio primario e indispensabile, la CHIUSURA IMMEDIATA di ogni fonte inquinante e relativa BONIFICA con reimpiego degli stessi operai.

Tutto ciò premesso, i Genitori tarantini

CHIEDONO

alla Regione Puglia, nella persona del suo massimo rappresentante, nonché Assessore alla Salute, dott. Michele Emiliano, di realizzare quanto più celermente possibile, nell’ambito del riordino ospedaliero:

1) l’immediato potenziamento degli ospedali pubblici già esistenti, ossia dell’Ospedale SS. Annunziata e dell’Ospedale Moscati di Taranto, quest’ultimo unica struttura in Puglia ad essere in grado di realizzare con successo il trapianto del midollo anche in pazienti della fascia pediatrica;

2)  la creazione di:

- 10 posti di oncoematologia pediatrica

- 10 posti di chirurgia toracica

- 20 posti di pneumologia pubblica (ora esiste solo quello della clinica privata “Villa Verde”)

3) conseguente incremento del personale sanitario

4) ticket sanitario gratuito per la popolazione di Taranto;

5) ripristino del trasporto gratuito dei malati oncologici.

Quanto sopra, ritenendo inaccettabile che, a fronte della media di posti letto che la Regione deve avere, ossia 3,4 pl/1000 abitanti, in provincia di Taranto ce ne siano a disposizione solo 2,9, con una grave carenza di posti letto, che si ripercuote anche sul personale, attualmente in numero nettamente inferiore alle altre province, rispetto alla popolazione residente.

Quindi, a Taranto, pur avendo un carico di malattie universalmente riconosciuto più alto, si hanno meno posti letto e molto meno personale sanitario!

Inaccettabile, inoltre, è la questione del personale che segue tutto il percorso di conoscenza dei danni da inquinamento e della loro prevenzione. Tutto il personale che segue lo screening cardiovascolare e respiratorio ed il personale che sta portando avanti gli studi epidemiologici (registro tumori, ecc. ecc.), sono a tempo determinato. Chiediamo, per questo motivo, una delibera regionale urgente che provveda astabilizzare questo personale,  in attesa dei concorsi pubblici da attuare, per fare in modo che ad ottobre, alla scadenza dei contratti a tempo determinato, che non potranno essere prorogati, non si verifichi il blocco di tutte le attività.

Quanto su richiesto, come primo passo iniziale di manifesta buona volontà, da parte della Regione Puglia, di prendersi cura, per davvero, del territorio tarantino, nell’immediato, con azioni fattibili e concrete, nel brevissimo tempo, a cui far seguire un piano di riprogettazione generale della città di Taranto  basato su una riconversione economica che tenga conto delle reali vocazioni del territorio che NON SONO quelle industriali inquinanti, bensì quelle legate alla sua storia, alla sua cultura, al suo mare, alla sua enogastronomia, al turismo e a tutte quelle attività ecocompatibili che riusciranno ad emergere con il potenziamento delle piccole e medie imprese, perché Madre Taranto ha già dato tantissimo e pagato troppo.

Quanto su richiesto, come primo passo iniziale di manifesta buona volontà, da parte della Regione Puglia, di prendersi cura, per davvero, del territorio tarantino, nell’immediato, con azioni fattibili e concrete, nel brevissimo tempo, a cui far seguire un piano di riprogettazione generale della città di Taranto  basato su una riconversione economica che tenga conto delle reali vocazioni del territorio che NON SONO quelle industriali inquinanti, bensì quelle legate alla sua storia, alla sua cultura, al suo mare, alla sua enogastronomia, al turismo e a tutte quelle attività ecocompatibili che riusciranno ad emergere con il potenziamento delle piccole e medie imprese, perché Madre Taranto ha già dato tantissimo e pagato troppo.

«Tre importanti provvedimenti sono stati ottenuti grazie alla pressante azione di Coldiretti sul ministro Maurizio Martina, in grado di far tirare una boccata di ossigeno alle aziende zootecniche dell’arco ionico, ma anche di tutta Italia».
Ad affermarlo è Alfonso Cavallo, presidente della federazione provinciale Coldiretti Taranto, aggiungendo che si tratta dei «primi risultati ottenuti a seguito di una intensa battaglia che solo Coldiretti ha messo in campo con forza, intelligenza e veemenza nei confronti della nostra classe politica; non da ultima, la mobilitazione fatta a Bari il 23 marzo scorso che ha visto la presenza del presidente nazionale Roberto Moncalvo, della sua giunta e dello stesso ministro, al quale sono stati strappati impegni che oggi sono diventati operativi».
Ma anche la mobilitazione fatta sabato scoro in Friuli, proprio a sostegno del settore zootecnico, ha continuato a scuotere la coscienza dei consumatori sul latte che beviamo o sulle mozzarelle che mangiamo. «Tre confezioni di latte a lunga conservazione su quattro venduti in Italia sono stranieri – ha spiegato Cavallo –, mentre la metà delle mozzarelle è fatta con latte o addirittura cagliate provenienti dall'estero. Nessuno lo sa, però, perché non è obbligatorio riportarlo in etichetta». Ciò è quanto è emerso dal dossier Coldiretti “Quote latte: un anno dopo”, presentato durante la mobilitazione alle migliaia di allevatori scesi in piazza ad un anno dalla fine delle quote latte, di fronte a un crisi senza precedenti.
«I provvedimenti ottenuti – ha aggiunto il direttore della federazione provinciale Coldiretti Taranto, Aldo Raffaele De Sario – permettono agli allevatori di iniziare a superare con più respiro una crisi del settore lattiero caseario senza precedenti».
Il primo provvedimento è la moratoria sui debiti di 42 mesi per gli allevatori e di 24 mesi per tutti gli altri settori grazie al protocollo Mipaaf e Intesa Sanpaolo, annunciato dal ministro Martina e da Carlo Messina, consigliere delegato e CEO dell’istituto bancario, «una moratoria – ha continuato De Sario – che permetterà alle aziende zootecniche di sospendere i pagamenti dei mutui sottoscritti dalle imprese allevatoriali, con lo stesso protocollo che prevedrà anche per le banche aderenti la possibilità di offrire condizioni migliorative rispetto a quelle previste dall'intesa Mipaaf-Abi». Il secondo provvedimento è ancora più importante perché distribuirà 0,027175 euro per chilogrammo di latte vaccino prodotto nella campagna 2014/2015, direttamente da Agea sui conti correnti degli allevatori entro il 30 giugno, senza fare domanda specifica. «Provvedimento, quest’ultimo – ha specificato il direttore – varato proprio per la grave crisi che la zootecnia sta vivendo in questi giorni». Terzo, ma non ultimo per importanza, è l’accordo quadro stipulato tra Coldiretti ed Enel Energia e che permetterà agli allevatori di risparmiare dal 10% al 16% in bolletta rispetto alle forniture di luce e gas, in funzione del numero di capi posseduti.
Le azioni di Coldiretti, però, non si esauriscono in questo senso. «Oggi, a fronte di una produzione nazionale di circa 110 milioni di quintali di latte – le parole nette del presidente Cavallo –, le importazioni di latte equivalente dall’estero arrivano a 85 milioni di quintali, sotto forma di concentrati, cagliate, semilavorati e polveri per essere imbustati o trasformati industrialmente e diventare magicamente mozzarelle, formaggi o latte italiani, all'insaputa dei consumatori. Nell’ultimo anno hanno addirittura superato il milione di quintali le cosiddette cagliate importate dall’estero, che ora rappresentano circa 10 milioni di quintali equivalenti di latte, pari al 10% dell’intera produzione italiana». Si tratta di prelavorati industriali che arrivano soprattutto dall’Europa orientale, che consentono di produrre mozzarelle e formaggi di bassa qualità. Un chilogrammo di cagliata usata per fare formaggio sostituisce circa dieci chili di latte e la presenza non viene indicata in etichetta. Oltre ad ingannare i consumatori ciò fa concorrenza sleale nei confronti dei produttori che utilizzano esclusivamente latte fresco. «L’assenza di un’indicazione chiara rispetto all’origine del latte a lunga conservazione, ma anche di quello impiegato in yoghurt, latticini e formaggi – ha aggiunto il presidente – non consente di conoscere un elemento di scelta determinante per le caratteristiche qualitative». Impedendo di fatto ai consumatori, elemento tutt’altro che trascurabile, di sostenere le realtà produttive nazionali e con esse il lavoro e l’economia del vero “made in Italy”.
«In un momento difficile per l’economia dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza – le conclusioni di Alfonso Cavallo – con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine degli alimenti, ma anche le loro caratteristiche specifiche a partire dai sottoprodotti. Finalmente ci sono le condizioni per cambiare le norme comunitarie nel senso della trasparenza, sotto la spinta di Italia e Francia, alla quale è stata già concessa l’autorizzazione dalla Commissione europea per l’etichettatura di origine per i derivati del latte e della carne».
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