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Giornale di Taranto - Economia, Lavoro & Industria
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Economia, Lavoro & Industria

Economia, Lavoro & Industria (1903)

Vegani e vegetariani sono ghiotti dei suoi germogli, il suo legno è utilizzabile in 1500 modi diversi. Ed è anche ottimo per le bonifiche ambientali. Per gli agricoltori tarantini il bambù può diventare la nuova frontiera dell’innovazione: investimento iniziale contenuto, buon reddito per ettaro e interessanti qualità ecologiche. 

 

Caratteristiche e potenzialità così invitanti che nel 2013 una ventina di imprenditori, manager, medici e professionisti, che nella vita fanno tutto tranne che gli agricoltori, ha deciso di mettersi insieme creando il “Gruppo terre della Magna Grecia”. Una costituenda cooperativa  - dice Fabio Balzotti, consulente aziendale e tra i fondatori del gruppo - «con una particolare attenzione al benessere e alla rinascita del proprio territorio nel rispetto del bene comune». Buoni propositi che uniti alla concreta possibilità di «creare opportunità di lavoro tra i giovani» e di «riprendere il passo dell’economia dalla base, la terra» ha reso possibile affrontare questa sfida: piantare il  bambù dove sembrava impossibile. Non è un caso, del resto, che questa coltivazione stia prendendo piede proprio a Taranto e provincia, tra Pulsano e Faggiano, una terra ambientalmente molto “sensibile”: «La volontà comune – sottolinea Balzotti - è sempre stata quella di aiutare le aree devastate dall’inquinamento del nostro territorio con un progetto tanto innovativo quanto purificativo. In più, vogliamo dimostrare che, pur senza ricevere alcun contributo pubblico, esiste uno spazio utile in agricoltura per investire e creare occasioni: di lavoro, d’impresa e di studio». 

 

Il bambù, insomma, è sembrato subito l’elemento perfetto per ridare una “missione” unificante a professionisti provenienti dai settori più disparati ma innamorati della terra e a terreni che, in non pochi casi, sarebbero rimasti improduttivi per scarsa convenienza economica. Il bambù, infatti, cresce molto velocemente, ha bisogno di poche cure e non necessita di pesticidi né di erbicidi. Al contrario, ha un ottimo impatto ambientale perché il suo apparato radicale supporta il consolidamento e il rimboschimento delle scarpate, prevenendo frane e smottamenti; elaborando i nitrati, contribuisce a mantenere pulite le acque di fiumi e laghi; contrasta l’effetto serra grazie all’elevato assorbimento di anidride carbonica: un bosco di bambù è in grado di catturare fino a 17 tonnellate di carbonio per ettaro all’anno ed è capace di trasformare gli inquinanti (compreso l’azoto ed i metalli pesanti) in biomassa. 

 

Ideale, quindi, per le bonifiche ambientali grazie alla capacità di contrastare l’inquinamento del suolo e dell’atmosfera: «E’ questa la caratteristica -  dice Balzotti – che rende unico il nostro progetto, non solo in Italia ma in Europa: abbiamo finanziato uno studio scientifico grazie anche al dott. Pecci, presidente del Consorzio Bambù Italia, che ha creduto in noi. La ricerca, in uscita a settembre e curata dal prof. Raffaele Lafortezza della Facoltà di Agraria e dal ricercatore dr. Mario Elia, certificherà la capacità del bambù di bonificare i terreni dalle sostanze nocive e di assorbire anidride carbonica restituendo il 30 per cento in più di ossigeno. Al nostro fianco in questa avventura c’è il direttore scientifico di Tecnopolis, dottor Galeandro, ma abbiamo un canale aperto anche con l’Università di Pisa, oltre che con imprenditori stranieri che sono venuti a vedere i nostri bambuseti e a studiare il nostro microclima così adatto a questa coltivazione».

 

«I tantissimi usi del bambù – spiega il direttore di Confagricoltura Taranto, Carmine Palma - dall'alimentazione all'arredamento, passando per il tessile e la cosmesi e la forte domanda mondiale consentono di scommettere per i prossimi 15 anni sulla redditività di questa innovativa coltivazione. Per noi tutto ciò che serve a ridare reddito stabile e duraturo alle aziende agricole è una buona idea: per chi vi investe e per la prospettiva nuova che offre al mondo agricolo». «Il nostro sogno – aggiunge Balzotti -  è creare un polmone verde che ridia speranza a tanti. La formula giusta sta nell’aver unito tante professionalità e competenze diverse, generando economie di scala e la possibilità di far nascere qui a Taranto una filiera del bambù». Grazie alla versatilità di questa straordinaria pianta graminacea, capace di colonizzare i terreni e di “piegarsi” ad ogni utilizzo: «Esistono 1500 campi d’impiego – conferma Balzotti - da sfruttare con piccoli investimenti mirati. La prospettiva di ciò che stiamo realizzando sta nell’avviare la nascita di decine di aziende cooperative che producono, trasformano e portano sul mercato il bambù. Nel mondo l’uso del bambù è diffusissimo e, grazie al Protocollo di Kyoto, produrlo vuol dire salvare intere foreste».

 

Un’idea “green” come la canapa e valida anche dal punto di vista economico. Il bambù produce fino a 20 volte la quantità di legname rispetto ad una stessa area composta da alberi e ha un’elevata redditività già a partire dal terzo anno: i suoi culmi (le canne) hanno un prezzo di mercato che può arrivare ai 45 euro al pezzo (in base all’altezza e al diametro), mentre i germogli partono dai circa 10 euro al chilo al produttore sino ai 28 euro al dettaglio. Guadagni per l’agricoltore molto interessanti, con stime prudenziali che partono dai 20.000 euro fino a superare, più ottimisticamente, i 100.000 euro ad ettaro a fronte di un investimento iniziale tra 14 e 26mila euro (in base al numero di piante). «Fra un anno e mezzo – spiega Balzotti - raccoglieremo i germogli dei primi 30 ettari piantati ad aprile sui 50 disponibili, fra due e mezzo i culmi. Ora, dopo tre anni di studio, c’è solo da lavorare e far crescere anche il gruppo che, nel frattempo, si sta allargando al Salento, alla Calabria, alla Basilicata e prossimamente alla Sicilia». Una piccola “miniera verde” che attende solo d’essere sfruttata. Qui a Taranto che, molto prima che dell’acciaio, fu capitale della Magna Grecia.

L’USB Taranto comunica di aver inviato nella serata di ieri alla direzione dell’ILVA tutta la procedura per il rinnovo delle elezioni dei delegati RSU. “Abbiamo usufruito delle indicazioni del regolamento che prevedono la possibilità di procedere con le richieste tre mesi prima delle scadenze naturali – spiega Francesco Rizzo, coordinatore provinciale USB Taranto -. Un atto necessario per scegliere i rappresentanti all’interno dell’azienda, quanto mai importanti in questo momento per i lavoratori che si trovano a vivere una situazione insostenibile, sotto ogni punto di vista, all’interno dell’Ilva. E in queste elezioni finalmente tutto sarà proporzionale al numero dei voti, in quanto ai federali non spetterà più la quota di garanzia. Un atto democratico dovuto. I lavoratori avranno i loro rappresentanti, così come hanno scelto”.

 

Intanto un nuovo infortunio è avvenuto questa mattina nella zona LAF dell’Ilva di Taranto. Un operaio della Ferplast è rimasto ferito presso ZIN2 da un forchino in movimento. “Fortunatamente Oronzo Basile non è in pericolo di vita, ma questo sta a riprova del fatto che nell’azienda orai vige il disordine più assoluto – continua Rizzo -. C’è l’arte di arrangiarsi e gli infortuni sono all’ordine del giorno”

Per la prima volta a Taranto, sabato 9 settembre alle ore 20.30, lo spettacolo-documentario sull'Iva vista dagli occhi delle donne che di Taranto e l’Ilva sanno molto: operaie, madri, mogli, sorelle, fidanzate e figlie. Uno spettacolo-documentario che, attraverso le testimonianze delle donne, ripercorre le problematiche inerenti le vicende dell'Ilva: lavoro, salute e ambiente.
In un groviglio di decreti e in un susseguirsi di promesse mai rispettate abbiamo deciso di raccogliere le testimonianze di coloro che la vita la generano, la difendono e la proteggono con tenacia e caparbietà.
"La necessità di soffermare lo sguardo sul microcosmo femminile, che si muove dentro e intorno al  mostro llva, - si legge in una nota - l’urgenza di ascoltare le voci di quelle donne che vivono lottando è nata da Roberta  Natalini , ideatrice dello spettacolo “Le rose d’acciaio” dal quale è scaturito il lavoro editoriale che ha lo stesso titolo".
In scena L'attrice e regista Roberta Natalini è accompagnata dalle note del maestro Danilo Leo al pianoforte. Alla realizzazione della rappresentazione teatrale ha contribuito la video maker Silvana Padula.
"Lo spettacolo - prosegue la nota - dà voce a quelle donne, vittime innocenti di falsi accomodamenti, che hanno subito la perdita di un loro congiunto per causa del mostro Ilva.  Non a caso è stata scelta come location la masseria Carmine dove furono abbattuti 600 capi di bestiame e da cui partì l'inchiesta sulla diossina. La piace teatrale, portata in giro per il Salento, ha ricevuto straordinari consensi permettendo di far conoscere con lucidità una sconvolgente verità nella quale centinaia di cittadini tarantini sono costretti a vivere".
Nella serata verrà presentato il libro “Le rose d’acciaio” scritto da Roberta Natalini e da Paola Bisconti . La prefazione è a cura di Alessandro  Marescotti , presidente di PeaceLink, presente in serata assieme agli autori e al responsabile editoriale Savino D’Andrea.

E’ Taranto la patria italiana del melograno. L’oro rosso, simbolo di abbondanza e di longevità e ricco di molteplici proprietà terapeutiche e antitumorali, viene prodotto in buona parte nelle campagne del Tarantino, territorio divenuto leader in Puglia (con una quota di impianti di circa il 70%) e in Italia (40%).

E’ qui che alcuni produttori hanno trovato le condizioni ottimali per sviluppare una coltivazione innovativa, originaria dell’Iran e molto presente in Cina. In pochi anni gli ettari coltivati sono passati da poche decine a oltre 400, sparsi tra Grottaglie, Castellaneta, Ginosa, Massafra e Fragagnano, attirando l’interesse degli addetti ai lavori e conquistando consistenti fette di un mercato altrimenti terra di conquista del prodotto importato. 

«Il lavoro fatto con il melograno – spiega Luca Lazzàro, presidente di Confagricoltura Taranto – è la prova che in agricoltura si può innovare in maniera accorta e intelligente. Abbiamo la fortuna d’avere una terra generosa e condizioni climatiche ideali, il resto tocca farlo a imprenditori agricoli capaci di investire su produzioni e sistemi nuovi ma soprattutto in grado di assicurare reddito: quella sul melograno è senz’altro una scommessa vinta ed è il risultato dell’intuizione e della lungimiranza di chi ha fiutato la pista giusta». 

E’ il clima particolarmente favorevole di quest’angolo di Puglia a rendere elevata la resa delle coltivazioni di melograno, soprattutto Acco e Wonderful, varietà  impiantate anche in Sicilia (a Marsala, Trapani e  Catania), Calabria (a Reggio), Basilicata e Campania. La prima è più precoce, ha una campagna che comincia nella prima decade di settembre e una produttività variabile dalle 25 alle 30 tonnellate per ettaro, mentre la seconda parte a ottobre inoltrato e produce tra 35 e 45 tonnellate per ettaro.

Giacomo Linoci, trentenne produttore di Grottaglie, è stato tra i pionieri dell’investimento nel melograno: «Ho cominciato ad interessarmene nel 2010 – dice Linoci – quando ero ancora studente e nel 2012 sono partito con i primi impianti. In breve tempo mi sono reso conto che il melograno è un elisir per i consumatori, viste le sue grandi proprietà antitumorali e la ricchezza di polifenoli, ma anche per i produttori, perché permette di recuperare alla produzione terreni di scarso rendimento e di ottenere un prodotto bello da vedere e sano da mangiare, perché privo di qualsivoglia trattamento chimico: i nostri melograni sono assolutamente biologici ed è la marcia in più rispetto a ciò che arriva dall’estero. Farlo capire ai consumatori è fondamentale, perché il clima e il territorio pugliese sono sicuramente tra i più vocati d'Italia per questa magnifica coltura e il gusto e il colore che le nostre melagrane riescono a raggiungere è incomparabile». 

Numeri interessanti sia per l’investimento, sia per la resa: 18mila euro per impiantare un ettaro di melograno che va in produzione in tre anni e a regime dal quarto, con un ricavo netto annuo di 10-15mila euro. La chiusura del cerchio è arrivata con un’idea semplice ma efficace: utilizzare le acque di vegetazione delle olive nella fase di conservazione. Primo passo per la costruzione di una filiera vera e propria che sfrutta la grande versatilità del melograno, non solo come frutto fresco da tavola, ma soprattutto nella fase di trasformazione. Si va dall’estrazione succhi ai chicchi sgranati venduti in bricco (la cosiddetta quarta gamma) o surgelati (per la pasticceria), oppure alla possibilità di vinificazione grazie al succo fermentato molto simile al vino d’uva. Del melograno poi non si butta niente: buccia e nocciolino vengono usati per estrarre oli e sono anche impiegati in zootecnia per la capacità di migliorare carni e latte. «Sta nascendo una filiera completa – sottolinea Linoci – che ci permette di rifornire la grande distribuzione, i mercati all’ingrosso del Nord e Sud Italia e la rete dei bar. Da quest’anno, grazie all’estrazione succhi, si sta sviluppando un indotto attorno al melograno che dà posti di lavoro e offre una nuova possibilità a terreni prima inutilizzati. In più regala una prospettiva tutta nuova a Taranto e alla sua provincia, che ne hanno un gran bisogno».   

 

E’ la stessa strada battuta da Davide De Lisi a Castellaneta, in contrada Terzo Dieci: una distesa di 120 ettari di melograni, di cui 40 già in produzione, che a breve diventeranno 210. Un progetto ambizioso che mira a costruire un distretto produttivo completo, dal fresco alla trasformazione: «Abbiamo già acquisito i terreni dell’ex Parco a tema Felifonte – spiega De Lisi – e tre capannoni per le fasi successive: quarta gamma ed estrazione succhi. Abbiamo scommesso su questa nuova coltura dalle enormi potenzialità e la fortissima richiesta che arriva dal mercato conforta la nostra scelta imprenditoriale. In Italia il consumo di melograno era insignificante sino a  pochi anni fa, ora è in decisa espansione e in tutto il mondo è già un frutto conosciuto e affermato da tempo». 

Merito delle qualità salutistiche, terapeutiche ed energizzanti che il melograno ha in comune con le bacche di Goji, un altro frutto “miracoloso” coltivato a Castellaneta: «Vogliamo creare – sottolinea De Lisi - un polo di agricoltura legata alle proprietà benefiche e salutistiche di melograno e Goji, frutti che hanno mercato nella gdo e anche nel settore farmaceutico. Tutto ciò, al netto di qualche lungaggine burocratica, lo realizzeremo nella Masseria Frutti Rossi, così chiamata per onorare questi frutti colorati e in grado d’innescare un meccanismo virtuoso: per l’azienda, capace di anticipare di un anno la produzione, e per il tanto lavoro che sta generando» 

Insomma, piccoli tesori da gustare uno ad uno come pillole della felicità: una volta tanto anche per l’agricoltore che le coltiva.   

 

Francesco Rizzo, coordinatore provinciale USB Taranto torna sulla questione della mancanza di materiale D.P.I. (in parole più semplici tutto l’occorrente per lavorare, come per esempio le tute) all’interno dello stabilimento ILVA di Taranto.

“Partendo dal presupposto che tutto ciò che viene fatto per solidarietà è degno di lode, credo fortemente che però l’operazione di fornire alla Protezione Civile delle zone colpite dal terremoto il materiale D.P.I. sia solo una questione di facciata, perché chi lavora invece in azienda si scontra ogni giorno con problemi enormi. È facile farsi belli in una situazione particolare, sotto i riflettori. Il difficile è mantenere l’attenzione in casa propria. Ed è proprio ciò che sta accadendo in Ilva. Si va avanti solo grazie alla buona volontà dei lavoratori. Per le attrezzature e gli impianti sembra di essere all’anno zero. Non ricordo un periodo peggiore di questo da quando lavoro nello stabilimento. Carenza totale di D.P.I., impianti dove non si stanno usando le tute ignifughe, mancano i pezzi di ricambio per i mezzi… Una condizione insostenibile”. Secondo Rizzo si tratta di una grandissima responsabilità del Governo che brancola nel buio e continua a disinteressarsi fondamentalmente dei lavoratori Ilva. “Tutto ciò ovviamente influisce sulla sicurezza, visto che inoltre si stanno effettuando pochissime manutenzioni impiantistiche a causa della mancanza dei pezzi di ricambio – continua Rizzo -. Purtroppo non si vede uno spiraglio di luce, visto che ancora non si capisce come andrà a finire la questione vendita o affitto, che va avanti da quattro anni e che comunque non garantirà il necessario per lo stabilimento. Non basta solo pagare lo stipendio per rendere le condizioni dei lavoratori migliori. Qui si tratta di farci lavorare in sicurezza, garantendoci il minimo necessario per proseguire in tranquillità il nostro impiego”. In merito alla questione ambientale Rizzo si chiede come siano andate a finire tutte quelle attività messe in campo dall’azienda, ma di cui non si è sentito più nulla. “Vorremmo sapere che fine hanno fatto tutte quelle migliorie ambientali che sono state paventate in questo periodo? Mi sembra che ci siano una serie di questioni, già contrattualizzate che non sono partite ed altre che sono state riviste a ribasso dei costi e quindi a scapito ovviamente di ambiente e salute”, conclude Rizzo.

 

 

In una Sala Monfredi particolarmente affollata, il Presidente della Camera di commercio di Taranto, Luigi Sportelli, ha consegnato al Comune di Taranto il Piano operativo di sviluppo del Distretto Urbano del Commercio di Taranto (DUC) elaborato dall’Ente camerale.

A ricevere il progetto, Giovanni Guttagliere e Giovanni Cataldino, Assessori comunali rispettivamente alle Attività produttive ed all’Urbanistica - i due settori maggiormente coinvolti nell’attuazione - che hanno preso l’impegno di avviare rapidamente le prime azioni consequenziali. Presente al tavolo Vito Lobasso, presidente di Confesercenti Taranto, associazione che ha fortemente collaborato alla definizione del Pian

In sala, i consiglieri camerali in rappresentanza di tutti i comparti economici, diverse Organizzazioni delle categorie economiche e sindacali, numerosi operatori commerciali, alcune realtà associative operanti nell’ambito della promozione del territorio tarantino.

“Cinque anni fa introdussi il concetto di Intelligenza Economica Territoriale (IET) quale modalità di confronto sia fra le Istituzioni di un territorio, sia fra istituzioni e stakeholder in merito alle priorità di sviluppo locale, individuazione delle soluzioni e pianificazione condivisa delle azioni necessarie. Il Piano operativo di sviluppo del Distretto Urbano del Commercio di Taranto (DUC) è uno dei più concreti esempi di questo approccio” ha sottolineato Sportelli.

“Nel 2015 la Camera di commercio di Taranto, a ciò sollecitata dai consiglieri camerali in rappresentanza del comparto commerciale e dalle altre principali Associazioni di categoria, ha, infatti, inserito nella propria programmazione pluriennale l’obiettivo di promuovere e sostenere la costituzione di DUC nella provincia di Taranto”.

Come previsto dalla normativa regionale, l’Ente ha manifestato al Comune di Taranto, soggetto che promuove il DUC del capoluogo presso la Regione Puglia, la disponibilità a svolgere un ruolo attivo nella compagine operativa a livello locale, predisponendo, in collaborazione con Confcommercio e Confesercenti, i documenti tecnici di sviluppo del Distretto anche sulla base degli atti di indirizzo dell’Amministrazione comunale.

“Riunendo competenze diversificate, attraverso l’ascolto di Focus Group di imprese e consumatori, la Camera di commercio ha elaborato un Piano che, partendo dall’individuazione iniziale di 5 Centri del Commercio Naturale (aree simili per configurazione urbana e vocazione commerciale prevalente), razionalizzati poi in 2 Centri (Città Vecchia/Borgo e Tre Carrare/Solito/Italia –Montegranaro), rappresenta un progetto unico nel suo genere, se posto a confronto con simili elaborazioni realizzate a livello nazionale, e fortemente innovativo. Esso costituisce, altresì, strumento operativo fondamentale per una programmazione ed una esecuzione efficaci delle politiche di intervento nel settore” commenta il Presidente Sportelli.

Il Piano di DUC consegnato oggi al Comune ha come ambito di riferimento primario lo sviluppo delle attività e gli intrecci delle piccole e medie imprese del commercio, dell’artigianato e dei servizi. Si posiziona, inoltre, tra tutti quegli interventi utilizzati per rilanciare l’immagine urbana non solo a livello estetico-architettonico, ma anche a livello culturale, sociale, economico e ambientale, finalizzato a un incremento della qualità della vita dei residenti e dell’accoglienza turistica, specificamente volte a sostenere le attività commerciali nelle aree individuate.

“Non solo – ha concluso il Presidente della Camera di commercio di Taranto, integrandosi con le policy urbanistiche locali e le norme nazionali e comunitarie (legge n.20/2015, Europa 2020) il DUC di Taranto offre una prospettiva che, se ben attuata, va anche oltre la tanto auspicata ripresa del commercio, proiettando Taranto in un panorama internazionale di città del futuro e Smart City”.

Una vision, insomma, quella offerta dalla Camera di commercio che, se sviluppata in raccordo con altri strumenti e attraverso la partecipazione degli stakeholder, potrà costituire una vera e propria base di rinnovamento del concetto stesso di spazio urbano. A partire da questo assunto, l’Ente camerale continuerà a svolgere l’importante azione sussidiaria sin qui condotta, insieme al Comune di Taranto, a sostegno delle piccole e medie imprese operanti sul territorio.

L'abstract del Piano operativo è disponibile sul blog ufficiale della Camera di commercio di Taranto http://goo.gl/mCdPXi

Accogliamo con compiacimento la volontà del nuovo Assessore all’Urbanistica del Comune di Taranto Cataldino di mettersi con decisione al lavoro per risollevare le sorti di un settore, il governo del territorio, determinante per le sorti di Taranto ma colpevolmente trascurato in tutti questi anni.

E’ evidente che il governo dei fatti urbani in una città problematica come Taranto - che ha visto emergenze e sofferenze accumularsi negli anni con periferie sempre più degradate ed una città storica in progressivo declino – è questione assai complessa, soprattutto nell’assenza fino ad ora di un’azione amministrativa attenta e fattiva nel condividere visioni e azioni concrete.

Di fronte a questa complessità ed alla colpevole stratificazione dei problemi negli anni, sicuramente nove mesi sono insufficienti ma come ANCE crediamo che gli intendimenti dell’Assessore siano una vera opportunità per riprendere il dialogo e rimettersi al lavoro in un clima di rinnovata collaborazione.

E’ indispensabile, però, seguire un approccio pragmatico che, con la concretezza che ci pare di cogliere nelle parole dell’Assessore, ci porti in questi mesi a fare alcune semplici cose.

Da una parte, anche ricorrendo a soluzioni organizzative diverse dal recente passato, occorre provare a sciogliere alcuni nodi amministrativi che impediscono l’attuazione di alcune iniziative e programmi già varati. Dall’altra, si potrebbero piantare alcuni semi importanti, in termini di riavvio di processi di programmazione e definizione di proposte per attivare finanziamenti su iniziative complesse di rigenerazione, basti pensare al Piano delle Periferie ed alla Città Vecchia con il CIS. E non importa se i frutti potranno essere colti solo in futuro, sarà comunque la città a beneficiare di mesi di lavoro e di riscatto da un’insostenibile inerzia.

Come ANCE, dunque, ci auguriamo quanto prima di poterci confrontare con l’Assessore e la altre forze vive della città, per provare ad avviare ed impostare, secondo le due direttrici prima delineate, il lavoro di questi mesi.

«Agricoltura sotto attacco, chiediamo al prefetto di Taranto di riunire con urgenza il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica». È la richiesta avanzata da Luca Lazzàro, presidente di Confagricoltura Taranto, dopo il danneggiamento subito dalle vigne di Primitivo di Bruno Vespa a Lizzano e, a strettissimo giro, un caso analogo verificatosi a Castellaneta.  «La situazione sta degenerando – dice Lazzàro – e per questo chiediamo un intervento forte e rapido». 

Stavolta è stato danneggiato un tendone di diversi ettari nell’agro di Castellaneta, cui sono stati recisi i tiranti: una tecnica tristemente nota ai tanti produttori che hanno subito questo tipo di “attenzioni malavitose”. «Un filo rosso – sottolinea Lazzàro – tiene assieme la capitozzatura dei ceppi dei vigneti di Vespa con il taglio dei tiranti a Castellaneta e, tornando indietro agli eventi delittuosi del giugno scorso, con i danni inferti al settore dell’uva da tavola di Grottaglie, dove abbiamo contato almeno 38 casi in meno di due mesi. Non so se dietro ci sia una regìa, ma di sicuro questi colpi di coda dimostrano l’esistenza di una “mala” decisa ad allungare le mani sulla nostra agricoltura in un momento delicatissimo, perché da una parte è cominciata la vendemmia del Primitivo di Manduria e dall’altra siamo nel pieno della campagna dell’uva da tavola». 

La necessità del rafforzamento del dispositivo di sicurezza nelle campagne è per Confagricoltura Taranto un punto imprescindibile: «E’ urgente serrare le fila – dice Lazzàro – e chiedere alle Forze dell’Ordine uno sforzo di uomini e mezzi come, con successo, è stato fatto a Grottaglie. Di fronte al ritorno di certi episodi, non bisogna abbassare la guardia ma rinnovare l’impegno e, lo ribadiamo, denunciare tutto: avvertimenti, minacce, richieste estorsive. La collaborazione con chi deve prevenire o reprimere è un fattore fondamentale nella lotta contro questo tipo di reati». Soprattutto perché è in gioco un settore trainante dell’economia ionica: «Vino e uva da tavola – conferma  Lazzàro – rappresentano uno snodo cruciale per la Terra ionica. Solo l‘uva, infatti, coinvolge 3mila imprese agricole, il 27 per cento del totale e oltre 5300 addetti, con una produzione di circa 240mila tonnellate (dato Ismea 2014, 40% sul totale regionale) che pone Taranto in una posizione di leadership in Puglia e a livello nazionale. Un motivo in più – conclude Lazzàro – affinché il prefetto, che ha già dimostrato sensibilità e prontezza, rinnovi l’intervento del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica in modo da bloccare sul nascere questo pericoloso fenomeno criminoso». 

«Un atto ignobile per il quale le autorità giudiziarie troveranno sicuramente una soluzione – commenta Angelo Maci . Intanto, quel che è accaduto deve essere elemento di profonda riflessione per tutti: politici e imprenditori. Un danno di immagine per la provincia di Taranto, per il Salento e per la Puglia tutta. Un danno in termini di mancata sicurezza per un imprenditore che vuole venire a investire denaro e risorse in questa parte di Sud che ha grandi potenzialità. Noi per primi nel 2012 abbiamo scelto la provincia di Taranto e il territorio di Lizzano per ampliare la capacità produttiva della nostra cooperativa. Sarebbe stato sufficiente acquistare il vino per potere avere un primitivo doc, ma la grande sfida per l’azienda Due Palme e per Taranto, è stata un investimento che nel 2012, con l’acquisizione della cantina di San Gaetano a Lizzano, si è ridata vita a 160 viticoltori del tarantino con i loro 200 ettari.

 

Bruno Vespa ha dichiarato di essere pronto a ripartire, ma siamo sicuri che quanto accaduto non metta a rischio il desiderio del giornalista di continuare a investire a Taranto? La politica deve scongiurare questo pericolo e lo dico da imprenditore che ogni giorno deve fare i conti con investimenti e ricavi. Un clima di serenità politica e istituzionale può contribuire a creare un humus accattivante per chi decide di mettere in gioco il proprio denaro.

Io da imprenditore e da amico sarò al fianco diBruno Vespa che tra l’altro quest’anno ha scelto la nostra cantina di Lizzano per trasformare i suoi vini. Mi auguro che la provincia di Taranto con le sue istituzioni possa farsi da garante per il ripristino di una serenità che per un imprenditore è elemento essenziale per sviluppare il proprio business.

 

Qui non è in discussione il valore economico del danno fatto, ma il gesto ha una valenza ben più importante se si dovesse valutare il danno di immagine e lo scoramento che una bravata simile può scatenare in chi ha voglia di lavorare con la schiena dritta e senza scendere a compromessi. Questo è il momento più delicato per la vita professionale di un imprenditore agricolo. Siamo prossimi alla raccolta delle uve del primitivo, insomma oggi si tirano le somme del lavoro durato un anno intero.

 

Nessuno si lascerà intimorire da questo gesto – conclude Maci - men che meno Bruno Vespa che ha già dichiarato che tirerà dritto, ma oggi più che mai serve che la comunità intera faccia squadra e che dalla solidarietà all’uomo e all’imprenditore passi alla tutela dei diritti per  chi vive e per chi investe in un Sud che non merita di essere oltraggiato da gesti così meschini».

Esprimiamo viva condanna per il vile atto ai danni del giornalista Vespa che stiamo seguendo nella sua attività di vitivinicoltore e promotore del territorio pugliese. Le ragioni dovranno essere accertate dagli inquirenti. Resta il fatto che si tratta di un gesto che ha arrecato un danno a Vespa, ma anche all’immagine complessiva di una regione accogliente produttiva, laboriosa che non accetta in alcun modo episodi lesivi di un settore che è asset strategico per lo sviluppo di tutta l’economia pugliese”. E’ il commento del Presidente di Coldiretti Puglia, Gianni Cantele, vitivinicoltore anch’esso, alla notizia dei 70 ceppi tranciati in un vigneto di proprietà di Bruno Vespa a Lizzano.

“Chiediamo a Bruno Vespa di non arrendersi – incalza il Presidente di Coldiretti Taranto, Alfonso Cavallo – a causa di questo atto proditorio, anzi di continuare a testimoniare la bellezza e la produttività del territorio pugliese, di cui è divenuto straordinario testimonial. Purtroppo, non si tratta di un atto isolato, per cui chiediamo alle forze dell’ordine di continuare a vigilare e intensificare l’attività di contrasto alla criminalità che continua ad agire con estrema audacia in provincia di Taranto”.

“E’ urgente l’istituzione di una cabina di regia delle forze dell’ordine, un sistema interforze che affronti in maniera strategica, ferma e dura la criminalità nelle campagne. In provincia di Taranto – denuncia il Direttore di Coldiretti Taranto, Aldo De Sario - si sono quadruplicati i furti di rame e mezzi agricoli e stiamo registrando fenomeni estorsivi, chiaramente evidenziati dai numerosi tendoni tagliati che abbiamo denunciato incessantemente. Il fronte dell’illegalità è sempre più ampio e riguarda la proprietà fondiaria, le infrastrutture di servizio all’attività agricola e, non da ultime, le produzioni agricole ed agroalimentari. I reati contro il patrimonio (furto, abigeato, usura, danneggiamento, pascolo abusivo, estorsione, ecc.) rappresentano la “porta di ingresso principale” della malavita organizzata e spicciola nella vita dell’imprenditore e nella regolare conduzione aziendale”.


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