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Giornale di Taranto - AMBIENTE SVENDUTO/ Dissequestro degli impianti, i legali di Ilva in as “se necessario arriveremo alla Cassazione”
Lunedì, 16 Maggio 2022 17:45

AMBIENTE SVENDUTO/ Dissequestro degli impianti, i legali di Ilva in as “se necessario arriveremo alla Cassazione” In evidenza

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Dopo il no della Procura di Taranto al dissequestro degli impianti dell’ex Ilva, ora Acciaierie d’Italia, gli avvocati di Ilva in amministrazione straordinaria, società proprietaria degli stessi impianti, attendono la decisione della Corte d’Assise di Taranto. È questo infatti il verdetto che conta. Se anch’esso fosse negativo, i legali avranno dieci giorni di tempo per impugnare il provvedimento al Tribunale del Riesame. A valle dell’istanza dei legali della società proprietaria degli impianti siderurgici, quello depositato oggi dalla Procura è infatti solo un parere. La decisione, invece, toccherà alla Corte (ma non ci sono previsioni temporali al riguardo) che a fine maggio dello scorso anno, con la sentenza del processo “Ambiente Svenduto” (i gravi reati ambientali contestati alla vecchia gestione Riva, cioè prima del commissariamento di Stato), ha disposto la confisca degli impianti su richiesta dei pubblici ministeri. E qualora anche il ricorso al Tribunale del Riesame desse esito sfavorevole per Ilva in amministrazione straordinaria, fonti legali precisano ad AGI che a quel punto la battaglia si sposterebbe in Corte di Cassazione. La stessa confisca degli impianti, peraltro, scatterebbe solo dopo il giudizio della Suprema Corte. 

 

 Il sequestro degli impianti, che oggi la Procura ha confermato, riguarda tutta l’area a caldo della fabbrica. È la parte più importante del siderurgico in quanto comprende parchi minerali, agglomerato, gestione rottami ferrosi, altiforni, acciaierie etc. Il sequestro è stato disposto a luglio 2012 dall’allora gip Patrizia Todisco nell’ambito dell’inchiesta “Ambiente Svenduto” ed era senza facoltà d’uso per l’azienda. Si è in seguito addivenuti alla facoltà d’uso e in questo stato gli impianti di Taranto sono ormai da dieci anni.

   Il fatto che non ci sia stato il dissequestro - probabilità che era già nell’aria da settimane - rinvia di almeno un anno il riassetto societario di Acciaierie d’Italia. Quest’ultimo si sarebbe dovuto basare entro fine mese, secondo il contratto di dicembre 2020 che ha dato luogo alla società con ArcelorMittal e Invitalia, sul passaggio dello Stato dal 38 per cento al 60 per cento del capitale, col versamento di altri 680 milioni dopo i primi 400 milioni sborsati l’anno scorso, e sull’acquisto dei rami di azienda di Ilva dall’amministrazione straordinaria (ora Acciaierie d’Italia li gestisce in fitto). Ma perché si verifichino questi due passaggi mancano le condizioni fondamentali indicate nello stesso contratto di fine 2020 a partire proprio dal dissequestro impianti che non c’è. Di qui la necessità per ArcelorMittal, Invitalia e Ilva in amministrazione straordinaria di procedere alla riformulazione del contratto allungandone i tempi di messa a regime. Si parla adesso di un altro anno o comunque di fine 2023.

 

 Peraltro, ad agosto 2023 tutte le prescrizioni ambientali Aia dovranno essere definitivamente completate e in base a questo si ritiene che il prossimo anno, rispetto alla primavera 2022, sia anche più favorevole per il dissequestro. Dopo le prime tre riunioni sul contratto di Acciaierie d’Italia svoltesi tra Roma e Milano, oggi è in corso un nuovo confronto tra le parti assistite dai rispettivi legali. A quanto pare, il nuovo contratto - o la riformulazione dell’attuale - dovrebbe vedere la luce alla fine del mese.

   Il tempo stringe, quindi, e la trattativa, sinora, ha incontrato due ostacoli nelle richieste del socio privato di Acciaierie d’Italia, cioè Mittal: sconto di 200 milioni sul prezzo di acquisto dell’azienda, fissato in 1,8 miliardi, e riduzione ulteriore del 25 per cento del canone di fitto già tagliato del 50 per cento a marzo 2020 con l’obbligo di saldare la parte non corrisposta al momento dell’acquisto. In virtù di questa riduzione, il canone versato è passato da 180 a 90 milioni annui. La rata trimestrale è ora di 22 milioni e 250 mila euro. Mittal, però, punta a scendere ancora ma Ilva in as fa muro.