Taranto, la polvere, il fumo, i camini, le domande, sempre le stesse, la paura, sempre quella. Si parlerà di
siderurgico nella puntata di questa sera, di “Che ci faccio qui”, di Domenico Iannacone, dal titolo “La polvere negli occhi” che andrà in onda su Raitre, a partire dalle 21.45.
Tra coloro che interverranno c’è Alessandro Marescotti, presidente di Peacelink, a cui si devono battaglie vecchie e nuove in difesa dell’ambiente e contro gli inquinatori che si sono avvicendati nella gestione del più grande siderurgico d’Europa, uno dei pochi ad avere ancora l’area a caldo, gli altiforni, il carboncoke, l’immarcescibile E312.
“Quando il giornalista e regista RAI Domenico Iannacone mi ha contattato- scrive Marescotti- ho subito pensato che era il miglior modo per marcare il traguardo dei trenta anni di PeaceLink, una rete telematica che cominciava a muovere i suoi primi passi proprio fra il settembre e l'ottobre del 1991.
"Come è nata PeaceLink?", mi ha chiesto per prima cosa Iannacone.
E da lì è cominciato un racconto che si è snodato per ore e ore, registrato da due cameramen, un fonico, un coordinatore di produzione, un aiuto regista e lui, Domenico Iannacone, che ha uno stile tutto suo di fare televisione e giornalismo.
Sono venuti a Taranto con in pulmino, come una squadra di mediattivisti.E quando li ho visti scendere tutti e sei, con giraffa del fonico e varie telecamere che riprendevano da più angolazioni in contemporanea, mi sono reso conto che era qualcosa di grosso.
Hanno fatto le riprese anche con il drone.
Hanno curato i dettagli con una precisione massima. Mi sono dovuto persino togliere il braccialetto dal polso perché produceva un lieve ticchettio sulla scrivania mentre parlavo, muovendo le mani.Domenico Iaccacone, prima di venire a Taranto, mi ha fatto contattare da un'assistente che ha preso tutte le informazioni su di me e infine mi ha telefonato lui in persona, parlandomi come se mi conoscesse da sempre e mi ha detto, senza tanti giri di parole: "Vengo a Taranto e mi racconterai la tua storia. La tua storia sarà il master".
All'inizio non capivo bene cosa fosse il "master".
Credevo che fosse un'ora di conversazione.
E invece mi hanno "sequestrato" per due giorni. E "spremuto": quello era il master. Ossia una storia che raccontasse altre storie che poi Iannacone andava a raccontare, attraverso le persone che cercava nelle loro case e, a loro volta raccontavano, le storie si agganciavano fra loro. Era una storia corale che si riannodava e che io avevo "lanciato" nel "master". Una "storia di storie" che si snoda per immagini e anche molti silenzi. Come se fosse una ricerca di persone collegate da un filo invisibile, quello della memoria. Qualcosa di diverso rispetto al giornalismo di inchiesta, qualcosa che assomiglia di più al film emozionale vero e proprio, con i ricordi, le pause, gli sguardi.
Mi ha colpito il fatto che ad un certo punto mi hanno chiesto di muovere le mani e toccare le cose in un certo modo. E io non capivo: "Tocca questa l'analizzatore IPA con l'altra mano, fallo così".
Centrale nella storia è stata la connessione fra la vicenda ILVA e gli esperti che abbiamo incrociato, le statistiche di Antonio Poggi sulle polveri sottili e il suo software, le statistiche di Stefano Cervellera sulla salute dei tarantini, le mie misurazioni degli IPA. Una storia di cittadinanza attiva fluida che ha toccato storie a volte incredibili e mai raccontate, di cui ho ricostruito il filo. Come quella del campo sportivo con 650 tonnellate di polveri contaminate, fatto chiudere da un allenatore che adesso Iannacone sta intervistando. Tutta la squadra, tutti i calciatori sono morti, dopo aver giocato su quel campo di pallone realizzato vicino all'Italsider/ILVA. "Ilva football club".
Ovviamente ci saranno molti tagli e solo il 10% di ciò che è stato girato andrà nel filmato che vedremo il prossimo gennaio. Credo che saranno tagliate, e tantissimo, le frasi e che parleranno le immagini, il senso delle persone che sbucano nel racconto. Ma quei racconti servivano a ricreare la sofferenza e l'entusiasmo di una storia di resistenza civile.
Tantissime cose che ho raccontato scompariranno dalla versione finale, è bene saperlo, ma il senso una "storia di storie" credo ci starà tutta, e spero che questa esperienza narrativa renda bene l'idea dei tanti "link" che PeaceLink ha creato in questi anni.”