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Giornale di Taranto - L’INCHIESTA/ Pressioni per ammorbidire posizioni su ex Ilva, nuovi guai per l’ex procuratore di Taranto Capristo, arrestato l’avvocato Amara
Martedì, 08 Giugno 2021 15:14

L’INCHIESTA/ Pressioni per ammorbidire posizioni su ex Ilva, nuovi guai per l’ex procuratore di Taranto Capristo, arrestato l’avvocato Amara In evidenza

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 La Procura della Repubblica di Potenza accende un nuovo faro sull’ex procuratore di Taranto, Carlo Maria Capristo, sottoposto da oggi all’obbligo di dimora. L’inchiesta riguarda la gestione di alcune vicende relative all’ex Ilva quando Capristo guidava la Procura di Taranto. L’avvocato siciliano Pietro Amara, oggi arrestato, sarebbe stato l’uomo di contatto con Capristo quando il legale era consulente per conto dell’amministrazione straordinaria di Ilva, quest’ultima affidata a commissari di nomina Mise. Ci sarebbe stato, secondo la Procura di Potenza, uno scambio di favori relativi ai procedimenti giudiziari per l’ex Ilva, azienda che negli anni di Capristo a Taranto chiese anche un patteggiamento. Ai nuovi provvedimenti di oggi, i magistrati di Potenza sono arrivati sulle tracce della prima inchiesta, quella che a maggio dello scorso anno aveva portato Capristo agli arresti domiciliari per una vicenda relativa a pressioni che lo stesso Capristo, quando guidava la Procura di Trani, avrebbe esercitato sulla pm Silvia Curione in merito a un'inchiesta. Quest’ultima, moglie di un pm, Lanfranco Marazia, che è stato sostituto di Capristo a Taranto (Curione e Marazia sono oggi alla Procura di Bari mentre Capristo, che ha sempre respinto tutte le accuse ed è attualmente a processo a Potenza, è in pensione).

   Sotto la sua gestione a Taranto, Capristo si è interessato più volte di questioni relative all’ex Ilva. Un attivismo che non passó inosservato anche se ripetute volte la Procura si è interessata della fabbrica e non solo per le vicende relative all’inchiesta Ambiente Svenduto, cioè la gestione del gruppo Riva, inchiesta sfociata in un processo in Corte d’Assise conclusosi a fine maggio scorso con pesanti condanne. A marzo 2019, per esempio, Capristo promosse nel suo ufficio un vertice con diversi soggetti, non solo giudiziari, per un punto di situazione sui lavori di bonifica agli impianti. Al vertice parteciparono l’allora commissario di Governo alla bonifica di Taranto, Vera Corbelli, l’Arpa Puglia ed anche ArcelorMittal Italia, con l’allora amministratore delegato Matthieu Jehl.

 

ArcelorMittal era subentrata da novembre 2018 ai commissari di Ilva divenendo gestore degli impianti. Finito il vertice, nessuno dei partecipanti rilasció dichiarazioni ai giornalisti. Parlò solo Capristo e disse: “Ci saranno incontri periodici in Procura. Ognuno rappresenterà i lavori che vengono eseguiti e programmati sotto la supervisione del nostro uffici”. “Lo Stato c'è - disse ancora il procuratore - e oggi era presente in tutte le sue componenti di verifica e di validazione di dati certi. Le risposte immediate ci sono perché i programmi in corso d'opera saranno verificati anche da noi”.

    Ma prim’ancora, a settembre 2016, Capristo dissequestró dopo breve tempo il nastro trasportatore dell’altoforno 4 del siderurgico di Taranto dove c’era stato un incidente mortale sul lavoro. Aveva perso la vita Giacomo Campo, un operaio 25enne dipendente dell’impresa appaltatrice Steel Service, rimasto incastrato nel nastro trasportatore mentre rimuoveva il minerale dallo stesso nastro. Il procuratore Capristo, annunciando il dissequestro del nastro e della relativa area, affermò che l’operazione si rendeva necessaria anche per motivi di sicurezza non potendo un impianto particolare e complesso tecnicamente quale è un altoforno, stare fermo per molto tempo.

   Emerse inoltre che il nastro trasportatore in questione presentava un ampio squarcio, di circa 200 metri, tant’è che l’azienda dovette sostituirlo mentre il nastro tagliato rimase sotto sequestro, a disposizione della Magistratura e dei periti per analizzare le motivazioni che avevano determinato la rottura. A proposito dell’ampiezza dello squarcio, il procuratore Capristo, allora, pur non parlando esplicitamente di sabotaggio, disse tuttavia che c’erano segnali, al vaglio dell’autorità giudiziaria, che facevano ipotizzare la presenza di azioni interne ed esterne alla fabbrica contrarie al progetto di risanamento ambientale.

 

Nell’ordinanza si legge che, per l’incidente mortale nel 2016 dell’operaio Giacomo Campo, l’ex procuratore Carlo Maria Capristo “sollecitava i suoi sostituti a provvedere con massima sollecitudine al dissequestro dell’altoforno”. Capristo, secondo i magistrati di Potenza, “gestiva, subito dopo l’incidente, i rapporti con la stampa (rientranti nei suoi compiti istituzionali secondo l’ordinamento giudiziario) in modo da fare intendere, sia pure implicitamente, ma univocamente, che l’Ilva, ovvero i suoi dirigenti, potessero essere stati vittime di attività di sabotaggio in loro danno e comunque proponendosi quale garante delle politiche di risanamento ambientale poste in essere dall’Ilva e quindi dai Commissari straordinari”. 

 

 La Procura di Potenza ha inoltre disposto il sequestro preventivo di 278 mila euro nei confronti dell’avvocato Giacomo Ragno — pari all’importo delle parcelle professionali pagate dall’ ex Ilva in suo favore a seguito degli incarichi professionali che  otteneva nei procedimenti a carico di dirigenti di tale società pendenti Innanzi alla AG di Taranto nel contesto del patto corruttivo tra le persone arrestate oggi nell'ambito dell'indagine sull'ex Ilva. Tali somme sono state, infatti, ritenute  provento del delitto di corruzione in atti giudiziari e del delitto di concussione. Sono state eseguite perquisizioni presso le abitazioni e luoghi di lavoro dei cinque indagati raggiunti da misura cautelare personale. 

 

Le indaginiche hanno portato stamani all'emissione di cinque provvedimenti cautelari da parte della procura di Potenza hanno avuto inizio nel giugno del 2020, dopo i primi accertamenti nei confronti di Carlo Maria Capristo, sfociati in una prima misura cautelare nel maggio del 2020 e nel successivo rinvio a giudizio degli imputati. Le accuse mosse dalla Procura di Potenza ai cinque indagati,  “che, allo stato ed in questa fase procedimentale - secondo gli inquirenti -  hanno trovato conferma a livello di gravità indiziaria nell’ordinanza cautelare del Gip”, si fondano su complesse indagini che hanno comportato l’audizione di circa

 80 testimoni, sull’acquisizione di copiosa documentazione cartacea ed informatica,  ottenuta anche attraverso lo scambio di atti ed informazioni con le Procure di Milano, Roma, Messina, Lecce e Perugia, su indagini finanziarie e bancarie, sulla acquisizione  di atti processuali presso gli uffici giudiziari di Trani e Taranto. 

 

 ”Una incessante attività di raccomandazione, persuasione, sollecitazione svolta nei confronti di chi era in grado di determinare la nomina di Capristo su membri del Csm” veniva svolta dall’avvocato Piero Amara e dal poliziotto Filippo Paradiso per un incarico direttivo all’ex procuratore di Trani e Taranto Carlo Maria Capristo. E’ questa una delle accuse di corruzione in atti giudiziari contestata dalla Procura di Potenza ai cinque indagati. Tale attività veniva svolta su membri del Csm, conosciuti ‘direttamente o indirettamente’ e veniva svolta pure su ”soggetti ritenuti in grado di influire su questi ultimi, in occasione della pubblicazione di posti direttivi vacanti d’interesse di Capristo.