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Giornale di Taranto - GRANDI MANOVRE/ A Taranto è scontro tra pro e contro la chiusura dell’area a caldo
Domenica, 06 Dicembre 2020 13:10

GRANDI MANOVRE/ A Taranto è scontro tra pro e contro la chiusura dell’area a caldo In evidenza

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Nella settimana che dovrebbe portare alla firma dell’accordo di coinvestimento tra Invitalia e ArcelorMittal, con l’ingresso dello Stato nel capitale della società siderurgica, prima col 50 per cento e poi al 60 nel 2022, si radicalizza a Taranto lo scontro, per nulla nuovo, tra chi vuole il mantenimento dell’area a caldo, sia pure innovata tecnologicamente e resa sostenibile ambientalmente, e chi, invece, l’avversa e ne propone la progressiva e graduale chiusura perché fonte di inquinamento. L’area a caldo è il cuore produttivo del siderurgico. Comprende infatti altiforni e acciaierie senza delle quali non sarebbe possibile la produzione dell’acciaio - almeno per come è strutturato oggi lo stabilimento di Taranto - da trasformare poi in coils. I rotoli di acciaio che sono il prodotto commerciale e che alimentano anche il lavoro del siderurgico di Genova. I sindacati ne chiedono il mantenimento perché senza area a caldo tutta la fabbrica non c’è più. Regione Puglia e Comune di Taranto, invece, no. Tant’è che il governatore pugliese Michele Emiliano e il sindaco Rinaldo Melucci hanno convocato per il 9 dicembre una video call per insediare il Tavolo dell’accordo di programma per giungere appunto alla chiusura dell’area a caldo. La convocazione di Emiliano e Melucci per mezzogiorno del 9 recita: “Costituzione del Tavolo per la sottoscrizione dell’Accordo di Programma per la bonifica pubblica, il risanamento ambientale, la riconversione e lo sviluppo del polo siderurgico di Taranto”. E governatore e sindaco specificano che l’accordo (sul modello Genova e Trieste, che hanno già chiuso le rispettive aree a caldo siderurgiche, ma erano molto più piccole rispetto a Taranto) dovrà tra l’altro contenere “le previsioni necessarie alla chiusura delle lavorazioni siderurgiche a caldo dell’acciaio, il riassetto e lo sviluppo di lavorazioni siderurgiche carbon free in attuazione del piano industriale, le tutele occupazionali e reddituali”. Insieme alle due istituzioni, anche parlamentari locali e consiglieri regionali pugliesi di maggioranza (Pd e M5S), i movimenti e i comitati ambientalisti di Taranto, e un solo sindacato, l’Usb. Il punto è che proprio l’accordo che si accingono a firmare ArcelorMittal e Invitalia (piano approvato dal Governo col premier Giuseppe Conte che da ormai per chiuso l’accordo) prevede l’area a caldo. Riammodernata con l’importante investimento della ricostruzione dell’altoforno 5, oltre al nuovo forno elettrico e al nuovo impianto di preridotto per la decarbonizzazione. 

 

 L’accordo di coinvestimento prevede l’area a caldo perché così si possono produrre a regime di piano, nel 2025, gli 8 milioni di tonnellate necessari a conservare l’attuale occupazione di gruppo, che invece nella transizione verso il 2025 scenderà con la cassa integrazione (già 3mila cassintegrati si prevedono nel 2021). I sindacati Cgil, Cisl e Uil, nonché Fim, Fiom e Uilm, “respingono convintamente ogni proposizione che miri alla chiusura dell’area a caldo dello stabilimento che, in considerazione della conformazione tecnologica dello stesso, significherebbe determinare la chiusura definitiva degli impianti”. Per le sei sigle sindacali, va invece ribadita “la centralità della siderurgia nell’ambito dei piani strategici di sviluppo del Paese che, come tale, deve essere rivisitata in un’ottica di piena e totale sostenibilità ambientale accedendo alle risorse messe a disposizione dall’UE attraverso misure specifiche (Recovery Fund), che prevedono proprio per l’area ionica importanti piani di investimento dedicati”. I sindacati, che valutano il richiamo all’accordo di programma di Regione e Comune  “generico” e privo di “fondamento tecnico, giuridico e finanziario”, chiedono quindi a Conte di “avviare un tavolo di trattiva che chiarisca in maniera definitiva i termini dell’accordo in via di formalizzazione”. Si stacca invece dagli altri sindacati, l’Usb. Che dichiara: “Siamo sulla stessa lunghezza d’onda del Comune, della Regione e di tutti coloro che intendono portare le istanze del territorio al centro della trattativa nazionale sullo stabilimento ArcelorMittal”. “L’accordo di programma - afferma Usb -è un passaggio cruciale ed imprescindibile, per cui deve assolutamente essere incluso nella trattativa in corso“. E uno dei movimenti, “Cittadini e lavoratori Liberi e Pensanti”, annuncia infine per la mattina del 9 dicembre che sarà sotto il Municipio di Taranto. “E’ necessaria - si dichiara - una mobilitazione generale per pretendere il rispetto  per chi ad oggi ha perso la vita a causa dell'inquinamento e un futuro diverso per i bimbi di questa terra”.