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Giornale di Taranto - Ilva, il dibattito in Consiglio regionale. Tutti gli interventi in aula.
Martedì, 19 Novembre 2013 18:47

Ilva, il dibattito in Consiglio regionale. Tutti gli interventi in aula. In evidenza

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Riportiamo la sintesi degli interventi tenuti in Consiglio Regionale sulla delicata questione ILVA di Taranto partendo dalla relazione del presidente Vendola “La battaglia dell’Ilva” così il presidente Vendola intitola la sua relazione di ventitré pagine con la quale “difende la sua biografia individuale, oltre che la storia collettiva” da quella che lui definisce “una calunnia insopportabile che si esercita con lo stile di processo mediatico, la barbarie travestita da giustizia fai da te, il soffio maligno della piazza”.Inizia così la seduta monotematica del Consiglio regionale convocata all’indomani della pubblicazione delle intercettazioni telefoniche relative al “caso Ilva”. Con una relazione dettagliata accompagnata da allegati che contengono delibere, atti, rassegna stampa e tutto quello che rappresenta la storia quello che è accaduto dal 2005 ad oggi “un significativo campione documentale che include atti amministrativi e normativi, corrispondenza istituzionale, rassegna giornalistica utile a ricostruire le vicende che hanno rappresentato la svolta nella politica ambientale in Italia” – sottolinea Vendola. La telefonata “Vincere sul fondo ambientale senza perdere sul fronte occupazionale”. Questo il credo secondo il quale si è mosso il presidente Vendola: “Chi non comprende questo, che è tanta parte della storia mia di questi anni, può indugiare in analisi dietrologiche, criminologiche, filologiche o semantiche, ma non comprenderà l’essenziale. Può vedere il torbido, anche quando non se ne comprende il perché. Perché svendere la più bella tra le battaglie della mia vita? Ma cosa vuol dire la proprietà a Vendola tanto da chiedere un incontro al suo rientro dalla Cina? “Mi voleva dire che gli sforamenti non possono essere attribuiti a Ilva, che qualunque equazione è un abuso, che forse i dati sui primi monitoraggi non sono corretti – racconta il presidente in aula.“E io – dice il presidente - gli dirò che non impediremo di verificare i dati, di non preoccuparsi, che noi vogliamo solo capire la verità e operare per il bene”.“Mi vorrà spiegare – continua Vendola - che nella direttiva comunitaria sulla qualità dell’aria quando si indica la soglia-obiettivo per il benzo(a)pirene si indica un traguardo da raggiungere e non un limite immediatamente prescrittivo. Noi vogliamo semplicemente guadagnare il consenso della proprietà all’acquisto da parte loro delle centraline per il monitoraggio del benzo(a)pirene, così come ha fatto l’Eni e la Cementir. E vogliamo anche un ripensamento di fondo sul tema dei licenziamenti. Quegli operai, alcuni dei quali intentano azioni di protesta anche clamorose, sono per noi un chiodo fisso. Era questo il tema soprattutto dei documenti e delle telefonate che ricevevo dalla Fiom”. Ecco spiegata la cordialità con Gerolamo Archinà, “un mediatore indispensabile per raggiungere lo scopo”. “Un modo per riannodare il filo con un’azienda che ha sempre avuto un atteggiamento litigioso con noi e ha impugnato quasi tutti i nostri provvedimenti”- spiega Vendola. Lo stato dell’arte Ma cosa era lo stabilimento Ilva nel 2005? Il sito è già da 15 anni ricompresso in area ad elevato rischio ambientale ma non vi sono sostanziali iniziative in atto. Nel 2005 Arpa non ha mezzi, risorse ed attrezzature idonee a consentire di valutare e fronteggiare le pressioni industriali dell’area tarantina, il dipartimento di Taranto ha la metà del personale degli altri dipartimenti.Nel 2005 Ilva può continuare ad emettere inquinanti senza violare leggi o autorizzazioni anche perché i limiti emissivi sono altissimi e sostanzialmente inutili e non risultano espletate le attività di controllo. Non esiste alcuna attività di controllo al camino già eseguita o in corso di esecuzione.Nel 2005 a fronte delle prime evidenze di criticità sanitarie, non era attivo alcun sistema di monitoraggio ambientale sistematico né sull’aria ambiente (tantomeno all’interno dello stabilimento) né sulle emissioni dei camini. Guerra alla diossina La Regione Puglia è la prima e a tutt’oggi l’unica regione italiana a dotarsi di una innovativa legislazione finalizzata alla riduzione dell’inquinamento tossico, legge votata dalla maggioranza di centro-sinistra, con l’astensione della opposizione di centro-destra. “Il dibattito in Consiglio – ricorda Vendola - è denso di preoccupazioni, particolarmente dell’opposizione, per le prospettive del grande stabilimento e delle sue maestranze”.Viene formalizzata la costituzione del registro tumori attraverso una sinergica collaborazione con la Asl ed una centrale operativa presso l’istituto oncologico.Sono state avviate in alcune aree di Tamburi e Statte complessi interventi di bonifica e risanamento.Il Consiglio regionale ha approvato all’unanimità una legge con la quale si prevede la valutazione del danno sanitario, “finalizzata alla prevenzione dei pericoli gravi per la salute della popolazione e degli habitat potenzialmente provocati dagli stabilimenti industriali insistenti in arre critiche”. Quale ambientalismo? “Mi sia consentito di chiudere qui, questa ricostruzione di fatti che permettono anche una più chiara comprensione del ruolo di ciascuno, che consentono di capire quanto dura e complessa fosse la questione Ilva – conclude Vendola nella sua relazione - perché dura e complessa è quella fabbrica, con i suoi persino drammatici rendiconti sempre rinviati con la città, con la sua salute, con i suoi diritti fondamentali. In questo, come in tutti i campi, gli attori istituzionali possono avere valutazioni distorte degli eventi e degli attori in campo, possono sbagliare le scelte”.“E’ stato giusto chiedere il Registro Tumori – dice il presidente - ma era ed è stato complicatissimo realizzarlo. Da zero. E’ stato corretto proporre una rivoluzione nelle strategie ambientali. Io, e quelli che hanno lavorato con me in questi anni, abbiamo operato non per generare un conflitto fine a se stesso o utile per ragioni politiche e strumentali, abbiamo operato per portare risultati concreti, per schiudere la porta di un cambiamento palpabile e di una speranza nuova per una città stremata”. Vendola parla di una Taranto “stremata dalla paura del cancro ma anche dall’invadenza di dinamiche mafiose ben dentro il recinto della pubblica amministrazione, stremata dalle sue troppe povertà, stremata poi dal dissesto finanziario. Taranto era una città che, negli anni post-dissesto, faticava a trovare le risorse per seppellire i morti, riscaldare le scuole, illuminare le strade cittadine. Ilva appariva come la gabbia di una fatale maledizione: quella che tante volte ha offerto al Sud lavoro in cambio di vita, industria in cambio di bellezza, reddito in cambio di salute. Qui dovevamo dare un segno di svolta. All’inizio fu facile costruire con tutta la città una relazione vitale e feconda: istituzioni, movimenti, popolo tarantino si ritrovarono insieme nella mobilitazione delle coscienze”. “Poi fu la guerra alla diossina – racconta il presidente - ci fu chi disse che ambientalizzare Ilva era l’inganno più grande. La fabbrica andava chiusa, occorreva su questo fare un referendum. Questa spaccatura inghiottì la novità delle leggi ambientali, travolse la discussione politica che si andava alimentando di veleni culturali che si cumulano agli altri veleni. La mia posizione è da sempre contro la chiusura della fabbrica e sono diventato così, per molteplici ma convergenti ragioni, la calamita di tutte le polemiche”. “Il mio unico reato è stato questo – conclude il presidente Vendola - aver difeso il lavoro, senza mai ammorbidire la mia ambizione ecologista. A certi ambientalisti non interessa tanto ottenere un risultato, quanto avere l’esclusiva della bandiera. E a chi con Ilva ha avuto qualche confidenza di troppo non pareva vero inchiodare me, che non risulto beneficiario di alcunché, per una confidenziale telefonata. Quanti miei fustigatori paiono piuttosto confidenti con la generosità di Archinà. Molti hanno pensato di potersi liberare della loro storica connivenza, del loro decennale silenzio, gustandosi lo spettacolo della messa in stato d’accusa dell’unica classe dirigente che ha inteso operare per il bene di Taranto. Senza soggezione ad alcun padrone. Questa storia non si scioglierà come neve al sole. Abbiamo appena cominciato a raccontarla. Soprattutto vogliamo continuare a scriverla”. Angelo Disabato capogruppo de La Puglia per Vendola, . La documentazione presentata oggi in Consiglio dà ragione alla storia del presidente Vendola, il cui impegno ha consentito di raggiungere importanti risultati sul fronte della lotta alla diossina, del contenimento del benzopirene, e di dotare la Puglia di un "diritto scritto" con l'introduzione della legge sulla valutazione del danno sanitario e con gli interventi in materia di salute. Una storia che non può essere offuscata da una telefonata dai toni cordiali e che non può mettere in discussione quanto realizzato in questi anni. Il mio appello al presidente è a non farsi condizionare da questo tentativo di trasferire il processo dalle aule alla piazza. Michele Mazzarano (Pd). Ricostruire l’operato della Regione ci aiuta ad alzare il livello della discussione e ad andare oltre il processo alla telefonata tra il presidente Vendola e Archinà. In questi anni non c’è stato solo il coraggio di fare scelte che andassero a colmare un vuoto normativo, a sopperire all’incapacità dello Stato di incidere per salvaguardare gli interessi dei cittadini. Da questa esperienza di governo deriva un nuovo modo di tenere insieme il diritto al lavoro con la tutela dell’ambiente e soprattutto della salute, come dimostrano i finanziamenti per la realizzazione del nuovo ospedale, o ancora, quelli per il centro Salute e ambiente di Taranto. La discussione riguarda semmai il posto occupato dalla città di Taranto nell’agenda della politica regionale, il cui intervento dovrebbe avere lo scopo di valorizzare le altre vocazioni del territorio da sempre surclassate da quella industriale. Antonio Scianaro (Pdl) Assolve Vendola, non avendo dubbi circa il suo tentativo di difendere con ILVA i livelli occupazionali. Piuttosto al presidente della Regione chiede di dedicare altrettanto impegno e passione anche verso altri focolai di crisi ambientale, quelli sparsi sul brindisino, in particolare nel capoluogo di provincia, a partire dall’uso del carbone e quelli legati alla riconversione della centrale Enel di Brindisi. Giammarco Surico. Abbiamo chiesto al presidente Vendola di relazionare su quanto stava accadendo. In gioco non c’è solo la credibilità di una persona ma quella di un’intera istituzione. Ricordare ciò che è stato fatto in Giunta e in Consiglio regionale dal 2005 in poi è importante per far desistere dalla tentazione di essere giustizialisti o garantisti a corrente alternata, soprattutto quando a giudicare è il potere mediatico. Tornando alla questione della telefonata, occorre concentrarsi su quale fosse il fine: il presidente Vendola ha confermato la sua preoccupazione per il rischio ambientale, ma soprattutto per la questione del lavoro. Si tratta di un’equazione difficile da far quadrare, quando si devono contemperare tutela della salute, dell’ambiente e del lavoro. Quello che la Regione Puglia ha fatto in termini di leggi e regolamenti è motivo di vanto, e l’operato di una persona non può essere giudicato da un’intercettazione: vanno piuttosto chiarite le motivazioni e valutate le consizioni che hanno portato a determinate scelte. Roberto Ruocco. E’ necessario porre il problema in termini diversi e capire perché il dibattito non è nato all’indomani dell’inchiesta giudiziaria, ma solo successivamente alla diffusione delle intercettazioni. Nella telefonata del presidente Vendola ciò che è politicamente rilevante è il passaggio in cui dice “io non mi sono defilato”: una dichiarazione che stride con l’immagine rivoluzionaria ed ammaliante di “diverso, sovversivo, pericoloso” con cui affrontò e vinse le elezioni del 2005 e che in qualche modo sancisce la chiusura di un ciclo politico. E’ arrivato il momento che Vendola lo riconosca. Euprepio Curto. Più che attaccare il presidente Vendola sulla questione delle intercettazioni, ritengo più opportuno affrontare la discussione sotto il profilo istituzionale e politico: in primis quello dell’opportunità di un presidente di Regione di ricercare a tutti i costi “consensi unanimi” e di essere animato da “passioni trasversali”. Il motivo per cui Vendola va attaccato e censurato è la sua ripetuta assenza dagli impegni politici regionali, ai quali preferisce la ribalta nazionale, tradendo così il patto di fiducia con i cittadini pugliesi, ai quali continua a vendere bugie per ricostruire una credibilità che in questo momento è al minimo storico. Francesco Damone. Non sarà un’intercettazione distorta ad oscurare l’operato “trasparente” del presidente Vendola: la credibilità si acquista con l’impegno, così come egli ha dimostrato di saper fare in questi anni. Non dobbiamo consentire che si perda il rispetto per le istituzioni, e per questo è necessario un discorso serio e approfondito su quale sia il compito della classe politica stretta come in questo caso, tra la necessità di tutelare l’ambiente e l’esigenza di assicurare posti di lavoro. Presidente del Gruppo consiliare PdL, Ignazio Zullo “Signor Presidente Vendola, nel dibattito sull’ILVA del giugno scorso Lei ebbe a dire: “E’ davvero triste la politica quando non è in grado di cogliere il merito delle questioni, quando esse hanno un rilevo sociale.E’ in questo pensiero, caro Presidente Vendola, che si condensa la tristezza della politica in quel suo ridere a crepapelle per 15 minuti insieme al Suo Capo di Gabinetto ed in quella pulsione incontrollata che La spinge a chiamare il dott. Archinà per compiacersi di quello scatto felino che tanto La divertiva, ponendosi dalla sua parte nella derisione di un giornalista che faceva il suo lavoro “con una faccia da provocatore” ma anche per cogliere l’occasione per far giungere a Riva il messaggio che il Presidente Vendola “non si è defilato” !Ancor più triste è la politica in quel Suo tentativo, Presidente Vendola, di voler far credere a Taranto, alla Puglia ed all’Italia che quella telefonata era fatta per “captare la benevolenza” di Archinà perché aveva a cuore le sorti dei posti di lavoro a avrebbe voluto “convincere” l’ILVA a mettere le centraline e vorrebbe avvalorare questa Sua tesi difensiva ricorrendo al ricordo della Sua storia politica e personale. Ricordi però, Presidente Vendola, potrà preservare la nitidezza della Sua storia solo se sarà capace di ascoltare la Sua coscienza che Le chiede di drizzare la schiena, di tenere alta la fronte e di dimettersi!”. Alfredo Cervellera (Sel) Nel suo intervento ha valutato positivamente le finalità del dibattito consiliare – necessario a sgombrare il terreno da ogni dubbio, polemica, supposizione, la più piccola delle zone d’ombra. “La relazione tenuta dal presidente Vendola – ha affermato Cervellera – ha offerto un quadro chiaro e sintetico di come la Puglia, prima di Vendola, si ponesse dinanzi alle problematiche ambientali. La ricostruzione – ha aggiunto Cervellera – è storicamente incontrovertibile”. Da testimone diretto (ha ricoperto per un certo di tempo anche la carica di vice-sindaco a Taranto), Cervellera ha poi sostenuto il ruolo della città sempre succube della grande Industria e di come la situazione sia pian piano mutata attraverso una legislazione regionale sempre meno permissiva e condiscendente, con una Regione sempre più propositiva ed incalzante. Antonio Martucci (MeP) Ha denunciato il fallimento della classe politica tarantina: “da sempre – ha detto – fallisce l’obiettivo di risolvere i problemi generati da ILVA alla città. Taranto subisce sistematicamente da questa azienda un continuo ricatto occupazionale. A Taranto è stato chiesto molto, ma nulla ha ottenuto”.Tra i rimpianti del consigliere Martucci, una mancata alternativa occupazionale all’ILVA, l’incapacità a valorizzare le infrastrutture portuali tarantine ed a cogliere le numerose opportunità sul piano degli investimenti e dell’occupazione. Per quanto riguarda l’aspetto politico Martucci si lascia andare ad un commento sulla telefonata intercorsa tra Vendola ed Archinà, suggerendo che sarebbe stata più apprezzata una telefonata del presidente ai primari oncologi degli ospedali tarantini, magari per assicurarli che non sarebbe mai mancato il suo appoggio nella lotta contro le patologie tumorali sul territorio. Consigliere regionale di Realtà Italia, Tommy Attanasio “Una telefonata non può invalidare il lavoro sul risanamento ambientale a Taranto”. “Una telefonata, seppur non condivisibile, non può inficiare in grande lavoro fatto dalla Regione e dall'ARPA per il risanamento ambientale dell'ILVA”. “Appare tuttavia strano – ha sottolineato Attanasio - paragonare le telefonate del Ministro Annamaria Cancellieri e di Claudio Scajola con quella fatta da Vendola. Nelle prime due potevano ravvisarsi opacità: il figlio della Cancellieri, ben retribuito dalla famiglia Ligresti mentre il secondo non sapeva neppure del prezzo irrisorio pagato per un appartamento con vista sul Colosseo.E’ altrettanto strano vedere il presidente Silvio Berlusconi accogliere con tanto di onori il dittatore Gheddafi in Italia mentre a Vendola si rimprovera di avere avuto un dialogo con Archinà, sempre con l'equilibrio di chi vuole la bonifica ambientale a Taranto senza pregiudicare i livelli occupazionali”.“Infine, non dimentichiamo – ha concluso Attanasio - le foto che ritraevano Roberto Formigoni in bermuda esotici, fare tuffi e bagni di sole dal mega panfilo di colui con il quale l’ex Presidente della Lombardia intratteneva ottime relazioni nella sanità regionale”. Antonio Camporeale (Pdl) Poggia il suo intervento su una considerazione che trasforma in contraddizione, perché – dal suo punto di vista – i temi toccati da Vendola nella parte politica della relazione svolta in mattinata , coincidono con le storiche battaglie condotte dal centrodestra. “Oggi Vendola scopre come l’individuo sia vulnerabile rispetto alle armi impugnate da altri poteri” dice, mentre tra la soluzione di confronto sia stata scelta la peggiore tra quelle disponibili, cioè quella di ricondurre il tutto celebrare in una aula politico-istituzionale e di svolgere una sorta di processo nel tentativo di spiegare il tenore di una telefonata, di contestualizzarla in un determinato periodo storico. Questo tentativo rivela i suoi limiti laddove la difesa dei propri diritti sono una prerogativa da esercitare in altri contesti. Il ricorso a questa scelta – per Camporeale – coincide con la dichiarazione del fallimento politico di Vendola, considerazione che supera di gran lunga l’interesse per sue ipotetiche dimissioni dalla carica. Anna Rita Lemma (Pd) Delimita i confini della sua analisi politica al territorio tarantino, pur partendo da una analisi più generale che vede una incolmabile distanza tra politica e cittadini. “La politica – sostiene la consigliera regionale tarantina – non è più in grado di percepire le istanze dei cittadini – ma dovrà riconsiderare questa sua facoltà pena una disaffezione più marcata con i nostri concittadini -. Per Lemma il rapporto con gli elettori va ristabilito, altrimenti la Puglia potrebbe replicare i dati di affluenza alle urne registrati in Basilicata. Le cause della disaffezione – limitatamente a Taranto - sono state individuate nella subalternità nei silenzi nei timori non verso i poteri forti e di chi questi poteri li aveva sostenuti. Tale atteggiamento ha portato la politica lontano dalla città. L’inversione va attuata con sollecitudine, mettendo Taranto al centro dei rapporti nel progetto che dovrà portarla alla sua ricostruzione. Friolo (Pdl) Quando si sbaglia è necessario vergognarsi per evitare di abituarsi alla vergogna. La risata del presidente Vendola è stata quanto meno inopportuna come sottolineato anche da iscritti a SEL che hanno parlato di un’“ombra indelebile”, rispetto alla quale il presidente avrebbe dovuto porre le sue scuse ai tarantini e al giornalista coinvolto. A volte anche la magistratura non aiuta, come nel caso della recente inchiesta che ha scosso la sanità brindisina per reati che sarebbero stati commessi nel 2007 a fronte dei provvedimenti disposti dalla magistratura nel 2013 per dei reati che risultano prescritti. Donato Pellegrino (Gruppo misto – PSI) “Uno scatolone vuoto”. Così l’ARPA è stata definita in riferimento alla condizioni in cui è stata trovata l’agenzia nel 2005. Di qui i numerosi investimenti effettuati in questi anni per mettere in condizione la stessa di essere adeguata rispetto alle sue funzioni istituzionali. E’ necessario esprimere “la voglia di andare avanti” che deve essere un segnale anche per la nostra regione. Consigliere regionale del Gruppo Misto-Psi, Franco Pastore. “Discutere e confrontarsi era necessario, aprire bocca per fomentare polemiche strumentali non è intelligente, soprattutto da parte di un centro destra che non si distingue e non si è distinto, quando era al governo della regione Puglia, per una condotta cristallina proprio nel merito degli argomenti oggetto della discussione.Vendola ha affrontato a testa alta la situazione e, come ho già detto, è una persona al di sopra di ogni sospetto e se poco opportuna è stata quella telefonata non si può consentire che essa vanifichi e mortifichi le politiche e gli atti di impegno reale compiuti e messi in campo per risolvere la situazione ambientale di Taranto.A quelle politiche bisogna continuare a dare vigore, rilanciare un’azione amministrativa trasparente ed efficace, all’insegna della tutela dei diritti dei pugliesi, a cominciare da quello alla salute”. Arnaldo Sala (Pdl) Il presidente Vendola deve gestire i rapporti con le aziende in maniera istituzionale e non amicale. Dalla dinamica della telefonata intercettata “si evince un rapporto di subordinazione”, che ha disvelato un nuovo volto di Vendola che pur di compiacere arriva a deridere un giornalista. In questa maniera è stata lesa la dignità di un territorio che in questo caso non ha difeso a schiena dritta. Saverio Congedo (Pdl) “Te iabbu nu nci mueri ma nci ccappi”. L’adagio leccese sta a significare che tutti coloro che assumono un atteggiamento giudicante e di superiorità nei confronti degli altri spesso restano vittima un giorno della stessa sventura/difficoltà. E’ quanto sta accadendo al presidente Vendola nella sua duplice veste di “Giano bifronte”, leader di lotta e di governo che pone in essere un atteggiamento diverso a seconda delle situazioni. Attesa la barbarie della gogna pubblica, l’interrogativo riguarda se lo stesso metro di valutazione sarebbe stato usato se a pronunciare le frasi intercettate fossero stati esponenti del centro destra. No quindi ad atteggiamenti doppi e a una morale a corrente alternata. Giacinto Forte (MeP). In questo processo di piazza che vede coinvolto il presidente Vendola, siamo chiamati in causa anche tutti noi. Al di là delle considerazioni sul tenore della telefonata tra Vendola e Archinà, il vero problema riguarda la qualità e l’efficacia degli interventi: i monitoraggi blandi, i controlli superficiali, i ritardi sull’installazione delle centraline, la stessa legge sul danno sanitario che, annunciata come una rivoluzione copernicana, non ha evidenziato in maniera determinante la corrispondenza inquietante tra mortalità e inquinamento. Non siamo insomma riusciti a far sì che il territorio martoriato di Taranto potesse risollevarsi. Giuseppe Cristella (PdL). Dobbiamo fare l’analisi delle cose non fatte, dei problemi che ancora affliggono Taranto E’ necessario che il presidente Vendola si risintonizzi sulle esigenze reali del territorio, che ancora aspetta i fondi per l’edilizia scolastica e per l’aeroporto di Grottaglie. Basta dire che per Taranto è necessaria una corsia d’emergenza e soprattutto basta con gli spot, con gli annunci da propaganda che non servono a risolvere i problemi. Se oggi la magistratura sta dettando i tempi delle cose da fare è perché la politica ha abdicato al suo ruolo. Leo Caroli, assessore al lavoro Ha denunciato le difficoltà della Regioni, delegate dall’assenza di una politica industriale da parte del governo nazionale, ad ovviare sul territorio con mezzi esigui se non assolutamente inesistenti e pertanto inefficaci. Le ripercussioni, per l’assessore Caroli, sono tanto più gravi quanto maggiori per dimensioni, fatturato, numero di dipendenti e campo di azione, hanno le aziende coinvolte. A fronte di uno scenario preoccupante, Caroli rivendica traguardi importanti nella soluzione di alcuni focolai di crisi aziendale sul territorio pugliese, (Bridgestone, Vestas, protocollo informatico di Taranto), non “avvenimenti miracolosi, determinati per volontà della proprietà”, bensì ottenuti attraverso “un lavoro quotidiano ed incessante, basato sul dialogo con tutte le parti”. Per l’assessore al lavoro ancora un’altra considerazione che è frutto di preoccupazione, la scelta del governo nazionale di procedere verso le dismissioni degli asset industriali ancora controllati dalla mano pubblica. “E’ ancora fresca l’esperienza di Italsider/Ilva, a Taranto ne paghiamo le conseguenze. Oggi sono preoccupato per le annunciate dismissioni di Finmeccanica, Terna, altri nomi della grande industria nazionale. Una consistente fetta del patrimonio industriale presente anche in Puglia rischia di lasciare la mano pubblica nel nome della liberalizzazione più esasperata. Quali le conseguenze?”. Pietro Lospinuso (PdL). Non possiamo dimenticare che oggi stiamo pagando l’assenza di una gestione statale durata decenni. Ci troviamo ad affrontare problemi provengono dal passato, che anche il centrodestra ha ereditato a suo tempo, cercando di porvi rimedio.Taranto si porta sulle spalle una storia complessa, ma ciò di cui la città ha bisogno adesso è che si valorizzino le altre realtà produttive del suo territorio. Consigliere regionale Pdl, Domi Lanzilotta “È un mio limite non comprendere perché si è riunito questo Consiglio regionale. Questa assise non si concluderà infatti con una mozione di sfiducia. Questo Consiglio ha registrato i contributi di tanti consiglieri che non produrranno, infatti, atti concreti. Io avrei voluto che si parlasse di Taranto, di Puglia, d’Italia e di Ilva e delle prospettive economiche per questa terra e per questa nazione. Ma è più importante apparire che essere. In questi giorni ci si è troppo preoccupati dell’apparenza. Io non parlerò per 10 minuti e non parlerò delle telefonate.Dal 1883 Taranto è sede di stabilimenti industriali. La riflessione che avrebbe dovuto interessare questa seduta è come coniugare la vocazione industriale della città di Taranto con la tutela ambientale e quali obiettivi economici è possibile raggiungere nel futuro. Troppo spesso però si segue l’apparenza. Ripeto a me stesso che siamo troppo spesso impegnati a perseguire obiettivi di portata propagandistica, come quello di ridurre i soldati della democrazia, noi consiglieri regionali, da 70 a 50. Non abbiamo però dato certezze economiche ai nostri cittadini perché non abbiamo dato certezze normative e non abbiamo realizzato controlli rigorosi per l’ applicazione delle norme. Un controllo che è mancato nella storia del paese. La magistratura faccia il suo corso ma le istituzioni diano a Taranto prospettive di messa in sicurezza dal punto di vista ambientale. Questo dovrebbe essere il nostro obiettivo. Presidente Vendola, se tutti ci preoccupassimo meno di apparire e ci concentrassimo sulla nostra missione, saremmo davvero capaci di dare risposte concrete. Ho sentito molti consigli, Presidente Vendola. Ho ascoltato ‘novelli ortopedici’, ricordarle di avere la schiena dritta. Io non ho l’esperienza necessaria per darle dei Consigli e bene ha fatto il capogruppo Zullo a sottolineare alcune sue responsabilità.In questo momento è però necessario che i pugliesi sappiano che i propri rappresentanti daranno prova di esserci piuttosto che di apparire”. Michele Losappio, capogruppo di Sel conclude il lungo elenco di interventi succedutisi alla relazione svolta in mattinata dal presidente della regione Nichi Vendola sulla situazione dell’ILVA ed in merito alla telefonata intercorsa con Girolamo Archinà, responsabile delle relazioni istituzionali dell’azienda, diffusa dal ‘Fatto quotidiano’ testata che Losappio definisce organica all’”estremismo dei grillini”, in contrapposizione al ‘Giornale’ portavoce dei “garantisti storici” che militano con Silvio Berlusconi nelle fila dell’attuale ‘Forza Italia’. Entrambe le testate sono additate per la “rincorsa all’aggressione mediatica che sta lacerando” il tessuto politico del Paese e per l’uso strumentale “della vita delle istituzioni e di chi le rappresenta”. Ma questi accenni sono solo uno dei tre punti attorno ai quali articola il suo intervento. Il primo, cardine essenziale del suo ragionamento politico, è svolto attorno ad una chiamata collettiva a difesa della legge regionale che, prima ed unica in Italia, introduce il principio della valutazione di danno sanitario. “La nostra legge – dice Losappio – è sotto aggressione perché stabilisce un diritto semplicissimo, impone alle imprese di rispettare certi limiti di emissioni che sono quelle stabilite dal’Unione Europea. La nostra legge, inoltre, stabilisce il rapporto tra causa ed effetto, è stata introdotta nel primo decreto ‘Salva Ilva’ dall’allora ministro all’ambiente Clini, ma oggi le multinazionali, le grandi industrie ne temono gli effetti. Hanno paura che la nostra legge pugliese trovi terreno fertile su tutto il territorio nazionale e si oppongono per spegnere le esperienze della Puglia, impugnando il regolamento attuativo dinanzi al TAR del Lazio”. La Puglia è scesa in campo per difendere il frutto del suo prodotto legislativo maturato dopo un lungo confronto e largo consenso nell’aula consiliare, ma oggi Losappio chiede agli attori di quell’epoca, oggi non più consiglieri regionali, ma deputati e senatori, di difendere la legge in Parlamento perché strumento attraverso il quale verificare se una azienda è in regola con le emissioni, quanto a Taranto che a Brindisi. L’argomento centrale è dedicato al Commissariamento dell’ILVA, all’esclusione della figura del garante, ai limiti nella individuazione del Commissario straordinario al punto da farlo coincidere in simbiosi con la figura del rappresentante della proprietà. Losappio si chiede a che punto sia il programma di ambientalizzazione del sito industriale, riferisce delle difficoltà che ARPA e ISPRA stanno incontrando, dei rilievi che i due enti stano denunciando e conclude con un invito a non abbassare la guardia, a valutare le osservazioni al percorso di risanamento, non sempre condivo e condivisibile ed a partire dalla copertura dei parchi minerari, perché, per Losappio, “le scelte di oggi varranno per decenni e nessuno di noi può essere assente o distratto su quello che sta avvenendo”.