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Giornale di Taranto - LA DENUNCIA - Confagricoltura Taranto, Lazzàro: "Legge sul caporalato assurda, gli indici di sfruttamento penalizzano gli imprenditori onesti"
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Lunedì, 13 Febbraio 2017 19:10

LA DENUNCIA - Confagricoltura Taranto, Lazzàro: "Legge sul caporalato assurda, gli indici di sfruttamento penalizzano gli imprenditori onesti" In evidenza

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«Una legge nata per un motivo giusto ma con regole sbagliate e, soprattutto, penalizzanti per gli imprenditori onesti». Per Confagricoltura Taranto l’applicazione pratica della nuova legge contro il caporalato sta facendo venire a galla diverse criticità. 

«A partire – dice il presidente Luca Lazzàro - dagli indici di sfruttamento contenuti nel comma 2 dell'articolo 603-bis del codice penale». Per facilitare, infatti, il controllo degli ispettori del lavoro nella valutazione dello stato di bisogno dei soggetti colpiti, la norma stabilisce che deve realizzarsi almeno uno degli indici individuati: retribuzione difforme dai contratti collettivi nazionali, mancato rispetto dell'orario di lavoro, delle condizioni di sicurezza, controllo dei lavoratori. «Un collo di bottiglia assurdo – spiega Lazzàro – e così stretto che basta una lievissima infrazione per finire nel girone infernale degli sfruttatori, che non fa alcuna differenza tra imprenditori sani e soggetti malavitosi». 

Fare chiarezza e distinguere, invece, è vitale per migliaia di aziende agricole che, altrimenti, rischiano conseguenze economiche e, soprattutto, penali pesantissime. «L’applicazione matematica delle norme – rimarca Lazzàro – si traduce in una mannaia burocratica che si abbatte sulle aziende, di fatto frenando le loro attività. Per questo vediamo con favore l’ordine del giorno, presentato dall’onorevole Nuccio Altieri, accolto dal Governo e finalizzato a far luce sui problemi che la nuova legge, pur condivisibile nel suo originario intento, sta creando ai produttori agricoli onesti». «E’ urgente – conclude Lazzàro – modificare la legge e renderla in grado di leggere la realtà senza filtri ideologici o pregiudizi, perché il lavoro in agricoltura non genera di per sé sfruttamento».