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Giornale di Taranto - Vincenzo Cesareo: ILVA, finalmente qualcosa si muove.
Giovedì, 01 Dicembre 2016 17:58

Vincenzo Cesareo: ILVA, finalmente qualcosa si muove. In evidenza

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Si rafforza - per il Presidente degli impreditori jonici -  l’azionariato degli investitori e migliorano le condizioni per favorirne l’ingresso. Ulteriori certezze nelle risorse e chiarezza nei contenziosi. Il Mise destina 30 milioni per l’area di crisi industriale di Taranto

 

 

 

 

Le notizie che in questi giorni si registrano nell’ambito della vicenda Ilva possono ritenersi finalmente rassicuranti sia perché di segno assolutamente positivo sia perché investono non uno ma diversi aspetti di una questione divenuta nel tempo sempre più complessa.

 

Abbiamo accolto, intanto, con favore, la notizia dell’ingresso del colosso indiano Jindal nella cordata Acciaitalia già composta da Arvedi, Cassa Depositi e Prestiti e Delfin: la multinazionale – peraltro acquisendo la quota più rilevante rispetto agli altri partner, pari al 35%- rafforza il profilo industriale, finanziario e internazionale della cordata, riposizionandola in maniera favorevole sui mercati.

Si tratta a tutti gli effetti di una novità importante, che ridisegna favorevolmente le prospettive di acquisizione dello stabilimento siderurgico inserendo un tassello fondamentale nelle candidature finora in campo: la componente meramente siderurgica, infatti, risulta rafforzata a vantaggio di maggiori garanzie per il futuro, intese in termini di competitività e di solidità, della fabbrica dell’acciaio.

 

Una schiarita di notevole portata si prospetta anche sul fronte meramente giudiziario, almeno per quanto concerne quegli aspetti che influiscono direttamente sia sulle prospettive di risanamento sia di continuità produttiva ed occupazionale dello stabilimento.

 

Il riferimento è ovviamente allo “sblocco”, da tempo auspicato, degli 1,3 miliardi a suo tempo oggetto di sequestro a carico della famiglia Riva e che ora potranno rientrare, in base ad un apposito accordo fra le parti, nella disponibilità degli interventi di bonifica. Anche in questo caso le prospettive che si ridisegnano non sono da poco: oltre alla oggettiva utilità che rinviene dallo sblocco, che immette risorse “fresche” negli onerosi processi di risanamento a carico della fabbrica, si rimuove definitivamente l’ipoteca che gravava sugli assetti societari futuri, costituita da possibili azioni di rivalsa dei Riva in ordine ai diritti connessi alla titolarità dell’azienda. 

 

Gli ultimi passaggi di negoziazione, infatti, preludono alla affermazione di condizioni di ingresso, per i potenziali investitori, decisamente migliori  rispetto a quelle che si paventavano solo pochi giorni fa.

 

Rispetto a questa situazione decisamente più fluida, non si può che plaudire all’opera di ricucitura e diplomazia messa in atto dalle Procure, di Taranto e di Milano, che hanno provveduto a far sì che si potessero finalmente sciogliere alcuni dei nodi fondamentali della questione, particolarmente intricata anche dal punto di vista giudiziario.

 

Al di là delle oggettive criticità che ancora accompagnano i processi di trasformazione – societaria e non solo – dell’Ilva di Taranto, è quindi sicuramente un quadro complessivo più roseo e meno denso di incognite quello che si ricompone alla luce delle ultime novità intervenute.

 

E’ proprio di queste ore, a questo proposito, la notizia del decreto con cui il Mise ha stanziato 165 milioni di euro per il finanziamento di investimenti nelle aree di crisi industriale. Di questi, 30 milioni sono riservati all’area di crisi industriale complessa di Taranto, a compimento di un iter già annunciato dal Governo – che sulla questione non ha mai abbassato la guardia – e che si inseriscono nella prima dotazione di risorse per l’Accordo di Programma.

 

L’auspicio, a questo punto, è che si possa al più presto avere contezza dei piani ambientali delle cordate in lizza e che lo scenario relativo ai nuovi assetti possa delinearsi senza ulteriori intoppi e nei tempi previsti, per ricominciare a dare nuove garanzie, in termini di continuità e di competitività, alla fabbrica e al territorio. Solo così potremo definitivamente uscire da un limbo di incertezze in cui a fare le spese continuano ad essere, sul piano dell’economia e della redditività, le nostre aziende dell’indotto.