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Giornale di Taranto - I Segretari di CGIL, CISL e UIL incontrano il Premier Matteo Renzi. In occasione della visita a Taranto
Sabato, 30 Luglio 2016 08:31

I Segretari di CGIL, CISL e UIL incontrano il Premier Matteo Renzi. In occasione della visita a Taranto In evidenza

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Il Presidente del Consiglio si impegna a convocare incontri specifici su ogni argomento posto nel documento consegnato dalle OOSS:

 

Un incontro di quasi un’ora interlocutorio e preliminare con l’on. Teresa Bellanova, sottosegretario al Ministero dello Sviluppo Economico, e successivamente l’incontro a porte chiuse con il presidente del Consiglio Matteo Renzi.

E’ andata così la giornata dei tre segretari generali di CCIL, CISL e UIL di Taranto, Massafra, Castellucci e Turi, che alcuni giorni fa avevano formalizzato la richiesta di incontro con il primo ministro in vista della venuta in città del premier Renzi.

Il dialogo ha toccato tutti i punti della piattaforma rivendicativa consegnata questa mattina a Renzi: dall’ILVA, al Porto, dall’Arsenale alle Bonifiche, passando dai temi della qualificazione culturale fino al sistema sanitario messo in bilico dai ridimensionamenti proposti dal Piano di riordino pugliese.

Renzi ha assicurato che tutte le questioni saranno affrontate a stretto giro di posta in riunione tematiche specifiche affidate ai singoli Ministri.

Iil documento rivendicativo consegnato al Presidente del Consiglio Matteo Renzi


TARANTO OLTRE LA TRANSIZIONE… 

LE BUONE RAGIONI DEL MONDO DEL LAVORO IONICO DA ESPORRE AL PREMIER IN OCCASIONE DELLA SUA VENUTA A TARANTO

Premessa

Il presente documento viene proposto in un momento delicatissimo per le sorti del nostro territorio. Alla crisi, ormai,  conclamata che investe molteplici settori del tessuto socio-economico – produttivo e che occorre affrontare in una logica di breve - medio periodo, si aggiungono le criticità che riguardano, in primis, la macro questione Ilva e, per altri aspetti, quella del sistema portuale.

In entrambi i casi, sia pure con le dovute proporzioni, esiste il rischio tangibile che il territorio si ritrovi, a stretto giro, privato di buona parte delle opportunità che questi pezzi del sistema industriale hanno storicamente rappresentato per l’economia locale e nazionale.

Le emergenze

Per la cessione Ilva, in particolare, i tempi stringono. E’ allarmante, su questo fronte, non avere contezza di un piano industriale, né essere in grado di ipotizzare scenari legati agli assetti occupazionali, proporzionati gioco-forza ai futuri livelli di produzione su cui grava una pesante incognita. Analoga incertezza investe le aziende dell’indotto siderurgico, vessate da una crisi di liquidità,  che perdura oramai da almeno due anni.

La questione presenta alcuni aspetti che le parti ritengono imprescindibili ai fini delle ricadute che tale delicatissimo passaggio potrebbe comportare per lo sviluppo del territorio nella fase che si aprirà con i nuovi assetti societari. Il riferimento è, in particolare, agli  oneri di ambientalizzazione di cui lo Stato dovrebbe farsi carico così come già avvenuto in casi analoghi in Francia, Germania e Gran Bretagna, ma resi problematici dall'intervento europeo. La garanzia dell'intervento statale, oltre a rendere l’acquisizione del complesso siderurgico,  o di parte di esso,  meno gravosa per le società attualmente interessate, (con tutto quello che tale condizione comporta in un’ottica di “ribasso” dell’eventuale acquisizione) contribuirebbe a fornire un quadro più chiaro di un ipotetico futuro dell’Ilva. In sostanza, renderebbe più nitide le prospettive del centro siderurgico, dei suoi dipendenti diretti e indiretti e delle ricadute sulla Città nella sua interezza, anche in considerazione di un possibile e auspicabile sviluppo di tipo alternativo di cui potrebbe essere destinataria di qui ai prossimi anni.

Propendiamo convintamente per il rilancio di un’Azienda resa sostenibile  da corposi investimenti per completare il processo di ambientalizzazione e non semplicemente preda di investitori privati più interessati alle sue quote di mercato.

Una particolare situazione di impasse investe anche il Porto, anche se grande importanza riveste l’Intesa Istituzionale siglata il 27 luglio scorso, a Palazzo Chigi con il Governo, che incanala verso un rilancio delle attività portuali.  In analogia al caso ILVA, malgrado si registri in questo periodo una sensibile ripresa dei traffici, si è in attesa di conoscere quali saranno i nuovi concessionari che opereranno su un Terminal totalmente ammodernato. Messi in sicurezza  gli oltre 500 lavoratori portuali (cfr. accordo raggiunto  presso il Ministero del Lavoro con l’istituzione dell’agenzia di somministrazione), rimangono ancora indefinite le proposte degli investitori. E’ evidente che in assenza di certezze sugli investimenti che potranno interessare lo scalo portuale, altrettanto sarebbe incerta anche la collocazione stabile degli stessi lavoratori.

Analoga valutazione va fatta per tutte quelle situazioni di crisi del territorio (sia a Taranto che in provincia) in cui si registrano sofferenze occupazionali, in termini di tagli ed esuberi: solo creando le condizioni per l’attrazione di nuovi investimenti si potrà guardare ad un riposizionamento lavorativo delle risorse tagliate fuori dal mercato e valutare eventuali prospettive di crescita dell’intera area jonica anche in settori non tradizionali.

I contenuti ed il metodo da porre a base degli interventi

Cgil Cisl  Uil, al fine di evitare che questioni di vitale importanza per il territorio, in considerazione delle scadenze importanti e imminenti che lo riguardano, si traducano in emergenze drammatiche,  hanno intensificato gli sforzi per una gestione “attenta” della crisi, ponendosi come obiettivi principali la creazione di strategie di sviluppo condivise e la salvaguardia dei livelli occupazionali, guardando all’attrazione di nuovi investimenti come volano necessario per la programmazione di una crescita ecosostenibile del territorio.

Il potenziale infrastrutturale risulta essere penalizzante per le aree produttive del territorio; infatti la provincia dimostra una bassa sensibilità all'intero ciclo economico imputabile, sostanzialmente a vari fattori, tra cui:

       scarsa propensione alla progettazione e agli investimenti;

       alta parcellizzazione del tessuto economico e sociale;

       assenza negli ultimi decenni di politiche dedicate al rilancio dell'intero Mezzogiorno;

       isolamento internazionale, che limita la possibilità di beneficiare dei segnali di ripresa dell’economia internazionale.

Pur in presenza di forti elementi di criticità, il territorio dispone, però,  di risorse importanti. Al riguardo vanno valutate le alte potenzialità del settore turistico, di quello commerciale e dei servizi, ad oggi,  di fatto, marginalizzati.          

Occorre cogliere le opportunità di sviluppo offerte, si valutino i percorsi di  Matera 2019 capitale della cultura e puntare al miglioramento dei collegamenti infrastrutturali. Il  sistema portuale e retroportuale va dotato di un’efficace rete infrastrutturale intermodale (tra cui, per esempio,va definito il ruolo dello scalo aeroportuale di Grottaglie).

Cosi come va posta la giusta attenzione ai percorsi di recupero e di valorizzazione del   patrimonio storico, artistico e culturale del territorio, come sta avvenendo col MARTA, il quale espone opere dal valore culturale inestimabili. Serve un riprogettazione urbanistica del territorio, a partire dal capoluogo, immaginando un processo di ripopolamento che possa assecondare una nuova fase di sviluppo che possa coinvolgere anche il settore dell’edilizia con tutti i suoi comparti del manifatturiero collegati. In tale ottica è possibile individuare diversi settori dell’economia locale su cui  innestare la costruzione di un percorso di rinascita culturale, economica e socialedell’intero territorio.

L’intero  sistema produttivo andrebbe sviluppato in  modo sinergico e armonico tra i diversi comparti in modo da realizzare una maggiore integrazione con i mercati esteri, favorendo un aumento dell’export di tutti i settori e realizzando evidenti economie  dei costi di produzione.

Occorre raccogliere la sfida dell’innovazione per rilanciare quella della competitività.

L'innovazione e la ricerca, con la stessa università, sono un vantaggio ed una soluzione; il rilancio dei comparti ad alto contenuto tecnologico, sono una strategia per accrescere la competitività delle imprese locali, e suggeriscono di finanziare non solo la ricerca e l’innovazione, ma di sostenere anche nuovi modelli di sviluppo incentrati sulla cooperazione tra gli attori del territorio e sulla condivisione delle conoscenze.

In questa ottica possono assumere un ruolo centrale le collaborazioni tra Istituzioni, il sistema universitario, quello della ricerca e i corpi intermedi.

L’esigenza di fare fronte comune (assieme ad altri attori territoriali, ndr) nasce dalla constatata limitata efficacia dei “tavoli” preposti alla pianificazione dei progetti di sviluppo (vedi Cis) causa l’inevitabile parzialità con cui gli stessi trovano accoglimento allo stesso tavolo, venendo a mancare i cosiddetti corpi intermedi spesso espressione più puntuale e completa degli effettivi fabbisogni del territorio.

Negli ultimi mesi  i sindacati non  sono, infatti, stati sufficientemente coinvolti, nella cosiddetta gestione dell’area di crisi,  intendendo come tale l’occasione di confronto inter istituzionale in cui:

  • si tracciano puntualmente e fedelmente gli effettivi bisogni del territorio;
  • si avanzano proposte in merito alle suddette necessità;
  • si operano delle scelte a supporto o a soluzione di tali urgenze.

Abbiamo atteso finora al fine di poter avere un tangibile riscontro di quanto fatto e sulla base di questo poter intervenire con spirito propositivo, ma non è stato possibile.

La discussione circa lo sviluppo del territorio è stata infatti demandata a tavoli in cui, finora, è emersa chiaramente la poca capacità  dei referenti istituzionali locali nella proposizione  da porre all’attenzione del Governo, di progettualità di ampio respiro, da posizionare oltre il ristretto “orticello”: si assiste invece, finora, all’elencazione di piccoli e limitati interventi sul territorio che mirano più al recupero dell’esistente,  che non alla creazione di vere opportunità e di conseguenza di reale di sviluppo.

Ai suddetti approcci “restrittivi” che ai tavoli istituzionali concorrono alla costruzione di una vision progettuale, si affiancano, inoltre, altri approcci – è il caso dell’Ente Regione - ancor più preoccupanti in quanto privi, sovente,  di qualsiasi proposta, sia di breve che di ampio respiro, e che appaiono a tutt’oggi subordinati ad un pericoloso braccio di ferro Governo-Regione dalle ricadute tutt’altro che positive.

Due gli ambiti da trattare con rinnovata attenzione:

- arsenale marittimo

Scarsa l’attenzione sin qui dedicata ad uno degli ambiti “potenzialmente” suscettibile di creare sviluppo economico ed occupazionale.

Buona la dotazione per il completamento delle opere infrastrutturali (cd. Piano Brin) prevista dal CIS, rimane da completare il ventaglio delle attività economiche da svolgere (decommissioning, cantieristica, allestimento navale). Ad oggi l’unica attività esperita riguarda la manutenzione del naviglio militare che, è noto, è fase in costante ridimensionamento. Inoltre il tanto invocato turn over,  che è alla base di una prospettiva di rilancio reale del sistema Difesa, si paventa incomprensibilmente,possa essere realizzato attraverso il travaso di personale militare da adibire a funzioni civili.

Per una migliore intelligibilità, in appendice, si riproduce un report analitico[1] sull’attività di manutenzione esposta in chiave prospettica.

- bonifiche

Intensa l’attività propedeutica di studio, però,  decisamente, lenta quella degli interventi effettuati. Ad oltre quattro anni dall’insorgere della crisi ambientale, stanno per essere completati gli interventi di ambientalizzazione delle scuole del quartiere Tamburi; un bilancio davvero magro se comparato con la superficie totale da bonificare che ammonta a circa 115 Km2! ([2]) Anostro avviso, le bonifiche devono rappresentare, tra l’altro, una straordinaria opportunità di sviluppo e di occupazione per il territorio, non a caso, la norma che le regola in modo specifico (art.4 bis Legge 4 marzo 2015, n.20), prevede l’applicazione della cd. clausola sociale. Necessita, in sintesi, una maggiorepolitica di coordinamento, orientamento e sostegno del tessuto produttivo locale che innesti un vero e proprio processo “contagioso”di sviluppo. 

Gli strumenti

Contestualmente alla carente offerta progettuale che parte dai vari attori istituzionali territoriali va anche sottolineato che gli strumenti di sviluppo messi a disposizione fino ad oggi,dal Governo e al momento fruibili, come il Contratto Istituzionale di Sviluppo, seppur prezioso, avrebbe necessità di concretizzare i  contenuti in modo da  riportarli ad una vision più ampia di sviluppo sostenibile, per realizzare un reale cambiamento di rotta.

Ciò significa, in altre parole, che guardare oggi al CIS come occasione unica di riscatto del territorio è una logica forse limitata in quanto non  esaustiva di tutte le emergenze.

C’è inoltre da interrogarsi circa gli altri strumenti di cui Taranto è stata destinataria, oltre al CIS. Ricordiamo infatti che Il Governo si è attivato per costruire 15 Patti per il Sud, uno per ognuna delle 8 Regioni meridionali e uno per ognuna delle 7 cosiddette Città Metropolitane. L’obiettivo è proprio quello di definire per ognuna di esse gli interventi prioritari e trainanti, le azioni da intraprendere per attuarli e gli ostacoli da rimuovere, la tempistica e le reciproche responsabilità. Fra i capitoli che compongono i Patti c’è la visione che la Regione o la Città ha del proprio futuro e che condivide col Governo (aree di industrializzazione o reindustrializzazione, bonifiche e tutela ambientale, agricoltura e industria agroalimentare, turismo e attrattori culturali, servizi e logistica, infrastrutture e servizi di pubblica utilità).

L’obiettivo era di sottoscrivere i “Patti”, a seguito di un lavoro comune fra Governo, Regioni e Città, entro dicembre 2015, in modo da renderlo attuabile a partire da gennaio 2016.

Alla luce di quanto esposto, le scriventi Organizzazioni Sindacali intendono eventualmente portare avanti, in una logica di sistema, possibili ulteriori strumenti di intervento.

Occorre pertanto recuperare l’impostazione già consolidata nel Decreto 129, con particolare riferimento al riconoscimento dell’area industriale di Taranto quale “Area in situazione di crisi industriale complessa” (art. 2, DL 129) ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 27 del decreto legge n. 83/2012

Tale normativa prevede, infatti, che per le situazioni di crisi industriale complessa possano essere attivati i progetti di riconversione e riqualificazione industriale la cui finalità è quella di agevolare gli investimenti produttivi, anche a carattere innovativo, nonché la riconversione industriale e la riqualificazione economico - produttiva dei territori interessati.

Taranto, area di crisi industriale complessa per antonomasia (la definizione governativa, lo ricordiamo, era stata coniata proprio in virtù della complessa vicenda Ilva) è riconosciuta fra queste aree e quindi può ricorrere all’adozione di strumenti di pianificazione previsti per queste aree, primo fra tutti l’Accordo di Programma, attraverso il quale vengono esplicitati gli obiettivi di riconversione e riqualificazione e indicati i fabbisogni, anche infrastrutturali, di riqualificazione; i settori verso i quali orientare la riconversione; le azioni da intraprendere; la strumentazione e le risorse finanziarie regionali e nazionali attivabili; le eventuali proposte normative e amministrative strettamente funzionali   alle azioni proposte.

 

Gli ammortizzatori sociali

Un capitolo a parte meritano le misure previste per le aree di crisi complessa, su cui occorre soffermarsi in relazione alla fase di accompagnamento dei lavoratori nelle fasi transitorie delle crisi. Si tratta in realtà di un aspetto che proprio in questi giorni è all’attenzione del Governo: recente è stato infatti l'impegno assunto dal Ministro Poletti a gestire le aree di crisi complesse, anche attraverso l'introduzione di ammortizzatori sociali specifici e con la loro eventuale proroga .

Occorrerà pertanto affidare contemporaneamente ad un tavolo di coordinamento interministeriale (Sviluppo, Infrastrutture, Lavoro, Regione Puglia) presso la presidenza del Consiglio, la verifica delle migliori condizioni per il rilancio e la realizzazione dei progetti di riqualificazione, rimodulare l’intervento degli ammortizzatori sociali in rapporto con lo stato di progettazione degli interventi e dei tempi di realizzazione dei progetti già definiti. Occorrerà, altresì,   assicurare i fabbisogni formativi utili all’acquisizione delle competenze specifiche dei lavoratori appartenenti al bacino previsto nella definizione dell’area  di crisi. Al riguardo si segnala come l’accordo (cfr. intesa istituzionale) raggiunto per i lavoratori del  bacino del Porto, può rappresentare un modello di welfare – state da utilizzare anche per ambiti diversi che versino in analogo stato di crisi.

Sistema sanitario

Discorso a sé merita la questione sanitaria a Taranto che, solo recentemente, è stata elevata a vera e propria emergenza.

Le politiche di sviluppo vanno raccordate con un sistema sanitario territorialein stato di grave, conclamata debolezza.  L’obiettivo è quello di affermare un sistema sanitario in grado di effettuare il monitoraggio ambientale del territorio,  che esca da quella condizione di incertezza e di precarietà in cui oggi è ancora confinato.

Il Piano di riordino ospedaliero che la Regione Puglia si appresta a varare incrocia un ampio dissenso nell’intera comunità,  per  motivazioni che riguardano sia il metodo, con il quale si è affrontata l'intera analisi,  che il merito.

Nel metodo si denunciano due preoccupanti mancanze da parte del legislatore regionale:

      il limitato confronto di analisi sulla materia;

      un Piano incentrato sui tagli, più o meno omogenei, su tutto il territorio regionale, che nulla ha concesso alla visione della specificità dei singoli territori, differenti già in partenza, sia sotto il profilo logistico che strutturale, nonché ambientale ed epidemiologico.

Nel merito, per le pesanti  ricadute negative che lo stesso comporta per la Provincia di Taranto :

      Si registra grande sconcerto di fronte alle notevoli contraddizioni presenti nel piano, proprio perché interessa un territorio ormai definito da tutti ad elevato rischio ambientale  e bisognoso di forte attenzione.  Il bisogno di controllo, prevenzione ed assistenza sanitaria  deve diventare una risposta prioritaria  come argine sia al disagio socio-sanitario al quale i cittadini sono sottoposti, che alla notevole “ mobilità passiva”.

      Non si tiene conto dei  pesanti tagli già subiti dal nostro territorio, effettuati dai Piani di Rientro somministrati dai precedenti governi.

      La medicina territoriale non è stata potenziata e versa ancora in molte difficoltà.

Per questi motivi è necessaria l'apertura di un  articolato ed immediato confronto, per chiedere che venga sospeso e rivisto, territorio per territorio, il Piano di Riordino Ospedaliero, per non mortificare e, quindi,  mettere in sicurezza il diritto costituzionale alla salute dei cittadini, garantirne l’esigibilità e creare allo stesso tempo  i presupposti per ricadute positive sull’economia locale. In tal senso sarebbe utile rivedere i tetti massimi di spesa imposti dal DM 70/95, attraverso delle deroghe, e un rifinanziamento del decreto Terra dei Fuochi, al fine di consentire il potenziamento delle strutture, la giusta dotazione strumentale e un’adeguata dotazione organica di personale sanitariosupportato da un monitoraggio e da un relativo screenning sanitario.

In relazione a tale ultimo aspetto, si segnala che il gap tra la provincia di Taranto e le altre della Puglia si traduce in  una carenza di oltre 2.000 unità  di personale sanitario. Al momento il sistema di reclutamento del personale è totalmente inesistente.

Infine, si propone una valutazione specifica  per la costruzione del nuovo ospedale “San Cataldo”. A distanza di quattro anni, pur in presenza di un finanziamento congruo, nulla si è concretato. Le esperienze sin qui accumulate, ci inducono a proporre l’istituzione di una figura commissariale dotata di prerogative di scopo al fine di velocizzare le procedure burocratico/amministrative.

A margine si riportano valutazioni di carattere eminentemente tecnico.[3]

conclusioni

Evidente ed importante l’impegno sin qui profuso dal Governo per Taranto, che le scriventi riconoscono ed apprezzano (CIS per Taranto, adozione di misure legislative e finanziarie per sostenere la complessa transizione del sito industriale, accordi sulla tenuta occupazionale dei lavoratori del Porto, strumenti ah hoc per il rilancio del museo Archeologico). Ma proprio per rendere concreti e tangibili i propositi di sviluppo di questo territorio,  le scriventi sollecitano, in prima istanza, gli interventi indicati nella presente piattaforma e auspicano un maggiore coinvolgimento del mondo del lavoro attraverso le sue rappresentanze, affermando, in ciò,  il giusto riconoscimento del lavoro, soprattutto di quello più esposto ai mille rischi di una realtà industriale complessa qual è quella di Taranto.

Ringraziano per l’attenzione dedicata.

 

Taranto, 29 luglio 2016

                                   Le Organizzazioni Sindacali Confederali CGIL – CISL - UIL

 



[1]         Studio condotto dalle Federazioni di Categoria

                Lavori trasferiti ad Augusta,  ma destinati a Taranto ( Nave Euro e sommergibili Pelosi e Prini).

                La nave Euro è stata oggetto di interventi di carenaggio e di altri lavori importanti di manutenzione nel 2012.

                Nave Euro è stata destinata ad Augusta da questo anno,  ma questo non significa che i lavori si facciano necessariamente  nella base di appartenenza perché su altre navi sono stati realizzati a Taranto; questo sia per esigenza della Marina Militare che per convenienza economica.

                Il sommergibile Todaro sarà oggetto di interventi importanti di batteria e sarà trasferito a La Spezia.

                A Taranto sono di stanza le navi San Giusto, che sta completando i lavori ( mancano pochi mesi  al termine) , e la nave Espero (i lavori di manutenzione sono stati quasi ultimati).

                Poi più nulla.

                Del Piano Brin sono disponibili 11 milioni di euro che riguardano lavori di impiantistica a terra e, solo marginalmente, toccheranno tutte le  imprese locali.

                Tornando alle gare, la condizione è la seguente:

                - Nave Stromboli, a bando 2016-2017 con investimenti pari a 1,8 milioni;

                - Nave Duran de la Penne, a bando 2017-2018 con investimenti pari a 2,9 milioni;

                - Nave Mimbelli, a bando 2018-2019 con investimenti pari a 1, 908 milioni.

                Si precisa, inoltre, che i lavori sono a bando oggi,  ma saranno esigibili solo  negli anni 2017-2018-2019.

                Il bacino di addetti, se riferito anche alle aziende esterne, è valutabile in circa 400 addetti.

[2]                      Il sito SIN di Taranto

                La superficie interessata dagli interventi di bonifica e ripristino ambientale è pari a circa, così ripartiti: 22Km2 (aree private), 10,02 Km2 (aree pubbliche), 22,0Km2 (Mar Piccolo), 51,1 Km2 (Mar Grande), 9,8Km2 (Salina Grande)

 

[3]              Il Piano di riordino elaborato dalla Regione Puglia ha rimosso, totalmente, l’elaborazione pregressa e guarda a Taranto con la stessa attenzione rivolta alle altre province pugliesi. La parte occidentale si vede assegnato un ospedale di1° livello  (Castellaneta); dall’altra, quella orientale,  mutano il nomen dei presìdi, con la previsione di una dimensione organizzativa (cfr. l’ospedale rinforzato) che sfugge, finanche, agli stilemi della bizantina burocrazia italica.

                L’occasione per riequilibrare il deficit strutturale è, per ora,  un ‘occasione persa!

                A conti fatti mancano duemila unità di personale sanitario, 600 posti letto, un HUB di secondo livello reale (quello attuale  è, meramente, virtuale); spicca l’assenza (vedi infra) di reparti per la cura delle acuzie: questo il gap che rimane nella sua dimensione originaria.

                Taranto, lo ricordiamo, area in situazione di crisi industriale complessa, deve vedersi riconosciuto  un asset ospedaliero che fondi su tre presidi: Santissima Annunziata, Moscati e San Marco di Grottaglie. La rete sanitaria jonica, che prenderà forma con la costruzione HUB del San Cataldo (non prima del 2022), solo dopo potrà essere riconfigurata. Oggi non esistono alternative vere e serie.

                Occorre organizzare una transizione che preveda questa struttura tripolare, riservando, all’ ospedale Santissima Annunziata, la trattazione dei casi di maggiore complessità; all’ ospedale Moscati tutta la parte oncologica e di supporto al SS. Annunziata; all’Ospedale San Marco di Grottaglie, infine, i casi meno gravi, da trattare anche in day surgery.

                Vanno istituiti (almeno) i seguenti reparti, che dovranno curare le patologie frutto del carico ambientale:

·                        Oncoematologia Pediatrica

·                        Chirurgia Toracica

·                        Pneumologia

·                        Allergologia

 

 

 

 

 

 

 

 

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