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Lunedì, 13 Giugno 2016 07:39

Martina Franca/ Celebrazione eucaristica in memoria dei caduti sul lavoro. In evidenza

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12 giugno: Testo omiletico dell’arcivescovo di Taranto S.E.R. Monsignor Filippo Santoro.

 

 

Carissimi,

ogni anno nel 12 giugno facciamo ricordo dei fratelli che hanno perso la vita sul luogo di lavoro. A partire dal disastro di Marcinelle in Belgio dove, in una miniera di carbone perdettero disastrosamente la vita 262 persone di cui 136 italiani. Purtroppo nella nostra provincia abbiamo registrato negli anni moltissime morti bianche. E qui a Martina voglio ricordare ad esempio, uno per tutti, il caro  giovane Alessandro Morricella.

Il pane della Parola che il brano evangelico ci offre ci presenta la vicenda di una donna peccatrice che incontra il perdono di Dio e quindi la sua nuova vita. Di contro vi è Simone, il padrone di casa che ospita Gesù, probabilmente un brav’uomo, ma chiuso nel perbenismo e nel giudizio per gli altri, che non gli permettono di vivere la grazia dell’amicizia con il Maestro.

Per la giornata che andiamo vivendo da questo brano possiamo ricavare caratteristiche fondamentali del cuore di Cristo, utili a comprendere le motivazioni di queste celebrazioni.

Infatti prima ancora che l’affermare qualsiasi diritto, è chiaro in Gesù il suo atteggiamento di attenzione, di tenerezza, di protezione verso la persona, verso ogni persona. Nel cuore di Gesù è affermata la nostra umanità redenta. Il peccato che è una scoria della nostra vita,  viene consumato dall’abbraccio di Gesù verso di noi che riscopriamo figli amati dal Padre. Incontrando Gesù che si lascia toccare dalla peccatrice e la protegge da qualsiasi imbarazzo e giudizio il Signore non fa altro che ribadire la centralità della persona umana, la sua dignità.

A Dio, che ci ha donato la vita, sta a cuore la nostra felicità. Egli è attento alle nostre lacrime ed è balsamo per nostre ferite. È l’ascolto dei cuori feriti infatti che può aprire anche il nostro animo alle necessità dei fratelli.

In questi anni la nostra sensibilità verso il triste fenomeno delle morti bianche  è cresciuto perché all’indignazione momentanea dei fatti pur gravi che sono accaduti, si è unita l’attività dell’associazione “12 Giugno”, che non ci ha parlato solo del sacrosanto diritto alla sicurezza, ma ha mostrato il volto delle famiglie delle vittime, ci ha raccontato storie di rami spezzati, di papà e di mamme che lasciano i figli piccoli e genitori che non si danno pace. La preparazione di questa commemorazione annualmente sollecita le nostre coscienze non solo mediante una attività di sensibilizzazione ma attraverso la testimonianza viva ed efficace di chi ha il cuore ferito.

Anche noi, ripartendo dal dolore per la perdita dei cari, andiamo riaffermando il primato della dignità dell’uomo sopra ogni cosa e tutto deve concorrere perché questa non venga sacrificata in nome di qualcos’altro, non c’è nulla che valga lo scambio o il rischio della vita, neanche il lavoro. Non si può morire per portare il pane a casa, per usare una nostra espressione popolare ed efficace. Le forti difficoltà economiche del nostro territorio potrebbero indurci ad accontentarci o a rischiare, trascurando le importanti norme di sicurezza che chiedono l’impiego di risorse e di impegno.

Per questo motivo, nelle celebrazioni del 12 giugno non possono mancare le Istituzioni che devono garantire e vigilare per la sicurezza.

Il nostro territorio, come spesso si afferma, è sferzato dalle sfide maggiori del Paese, è un polo nevralgico in cui si concentrano le domande le cui risposte ancora attendiamo. Fin dall’inizio del mio episcopato ho utilizzato un metodo di discernimento che ci permette di limitare oltremodo gli sbagli. Di fronte ai grandi quesiti anche scientifici (si pensi ad esempio alla questione delle bonifiche, del complesso fenomeno dell’inquinamento ambientale unito ai rischi della salute) sono sempre partito dalle case della gente, dal loro dramma familiare, e non da ideologie seppur lecite, alla risoluzione dei nostri problemi contingenti.

Anche oggi, grazie a voi, l’appello alla sicurezza non è un giusto ma asettico invito, ma si fa memoria importante per i lavoratori del domani.  Posso immaginare quanto vi costi questo giorno e come si ravvivi per voi il dolore, così voglio rinnovarvi la mia vicinanza e il mio abbraccio. A nome di quel Gesù che abbiamo imparato a conoscere meglio, anche da Vangelo di questa domenica, voglio dirvi che le vostre lacrime, il vostro esservi messi in ginocchio prostrati dal dolore e dalla confusione non sono andati persi, sono stati raccolti da Lui e pesati con ottima misura più di ogni altro intento sociale e politico. Il Signore chiede a noi di ripartire dalle vostre lacrime perché i morti sul lavoro non sono dati statistici, sono volti e famiglie. Ripartiamo dunque dalle lacrime per conservarci umani di fronte alle disgrazie dei fratelli, per non rimanere indifferenti e peggio ancora complici.

Affidiamo alla misericordia di Dio i caduti sul lavoro e chiediamo che si ponga fine a queste morti perché il Signore è il Signore della vita.

 

 

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Giornalista1

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