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Venerdì, 04 Dicembre 2015 18:59

IL DIBATTITO - "La città che vogliamo" lancia l'idea di un piano archeologico per la città vecchia e il Borgo di Taranto In evidenza

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Identità, trasformazione, partecipazione. Sono queste le parole chiave dalle quali l’associazione “La citta che vogliamo” parte per accendere i riflettori sul luogo più simbolico della nostra città, la città vecchia, perché è un luogo più di altri "identitario", perché è il punto di partenza di qualsiasi percorso di trasformazione a partire dalla necessaria partecipazione di tutti nel costruire i percorsi per Taranto2025.
E “Dalla città vecchia alla Taranto del 2025” è stato l’accattivante tema della serata che giovedì sera ha visto, nella sede di via Fiume 12 dell’associazione, confrontarsi insieme al consigliere regionale Gianni Liviano, la prof.ssa Angela Barbanente, già assessore regionale all”Urbanistica della giunta Vendola, il prof. Dino Borri, ordinario di Tecnica e pianificazione paesaggistica all’Università di Bari, e il prof. Giorgio Rocco, ordinario di Storia dell’architettura all’Università di Bari. 
 confronto a più voci che ha fatto seguito, diventandone la normale prosecuzione, a quello svoltosi a metà novembre quando, Gianni Liviano, Paolo Verri, direttore di Matera2019, e Gennaro Capasso,  braccio operativo del commissario per le bonifiche, Vera Corbelli, partendo da altre parole chiave provarono a tracciare i contorni entro i quali lavorare per la costruzione di una città, Taranto, da interconnettere con i processi evolutivi e socio-economici provinciali, regionali e nazionali. E gli ospiti di giovedì sera non sono stati da meno.
“L’obiettivo - ha esordito il consigliere regionale Gianni Liviano - vuole essere quello di mettere a rete persone e progetti e di farli dialogare in una dimensione antropologica e comunitaria. Il tavolo istituzionale per Taranto - ha aggiunto Liviano - è un passaggio importante ma dobbiamo immaginare che i protagonisti non siano soltanto i tecnici e gli addetti ai lavori ma anche i cittadini”, come, del resto, è avvenuto con Matera 2019 il cui progetto è risultato vincente proprio perché è partito dalla gente quale protagonista del cambiamento.
“Alimentare il dibattito pubblico”, ha subito aggiunto Fabio Cerino dell’associazione “La città che vogliamo”, altro non è che “il presupposto essenziale per produrre percorsi partecipativi che siano propulsivi e che abbiano finalità di proposta. Dovere del cittadino, secondo noi, è quello di partecipare il dibattito pubblico creando così la condizione necessaria in virtù della quale le scelte istituzionali possano essere discusse preventivamente e successivamente orientate dai percorsi partecipativi”.
Per avviare questo percorso l’associazione è partita dal centro della questione, “che per noi è il più grande elemento simbolico della nostra comunità: la città vecchia. Per la sua storia, la sua durata, la sua resistenza, la sua bellezza, la sua unicità, i suoi chiaroscuri, la città vecchia costituisce l’elemento chiave della nuova narrazione della nostra comunità. E non può che costituire l’elemento chiave di qualsiasi percorso di trasformazione del nostro territorio: è - ha concluso Cerino - la cerniera culturale delle nostre identità, di ciascuno di noi, e qualsiasi percorso non potrà, come la storia ci ha insegnato, indicare direzioni senza partire da questo straordinario punto fermo”.
Ma a mettere in guardia sui rischi connessi a tale operazione è stata l’ex assessore regionale Angela Barbanente. “Ho la sensazione - ha sottolineato la prof.ssa Barbanente - che la visione di rilancio della città vecchia non sia in grado di trasformarsi in strategia; che l’idea della visione che punta sulla riqualificazione non sia consolidata”. Insomma,  l’impressione è che, in questa fase, “la città rischi, in ragione del Tavolo per Taranto, di trovarsi di fronte a interventi eterodiretti che interessano il cuore della città e, quindi, di mostrarsi fragile. Allora - ha aggiunto la prof.ssa Angela Barbanente - occorre capire in che modo il tavolo istituzionale, che ha come obiettivo il risanamento ambientale, possa alimentarsi di un processo di partecipazione che deve avere punti di forza nella continuità e nel radicamento in un contesto quale è la città vecchia”. Piuttosto, ormai i tempi sono maturi perché il piano Blandino, “che è un ottimo piano”, venga “attualizzato e reso strategico e operativo”. Il suggerimento che l’ex assessore regionale Barbanente ha consegnato in conclusione di intervento è stato “di fare in modo che la redazione del documento programmatico vada di pari passo con il piano di recupero del centro storico “.
Per Dino Borri, consulente dell’Ufficio tecnico del Comune di Taranto per la redazione del documento programmatico, è importante che i cittadini della città vecchia tornino “ad essere protagonisti. Le case - ha evidenziato Borri - non devono essere di proprietà del Comune che non ha le risorse economiche sufficienti per gli interventi di manutenzione e restauro. Per cui va al più presto privatizzato una parte del patrimonio immobiliare e cederlo ai gratuitamente, magari in comodato per 99 anni, e sostenerli, con strumenti finanziari adeguati, nei lavori di recupero abitativo. Taranto - ha aggiunto Borri - è un unicum dal punto di vista storico e ambientale ma da sola non ce la può fare perciò - ha poi concluso - la sfida, che si gioca anche al Tavolo per Taranto, va accettata”.
E fuori di dubbio, però, che vada recuperata “una sensazione di identità e di appartenenza che non si forma senza la consapevolezza della propria storia”, ha fatto presente il prof. Giorgio Rocco, ordinario di Storia dell’architettura all’Università di Bari. Ragion per cui, partendo da questo assunto, “questa identità va conosciuta” in modo da “mettere mano a un progetto urbano futuribile che arricchisca il già ricco patrimonio archeologico, di cui però ci sono poche evidenze, e fare della città una meta obbligata. Va sfruttata, a mio avviso, - ha aggiunto il prof. Giorgio Rocco - la straordinaria attenzione di cui gode oggi la città è l’occasione per il suo rilancio stando attenti a non realizzare interventi non omogenei che potrebbero stravolgere il patrimonio storico. Infine, - ha poi concluso Rocco - va capito il ruolo che deve svolgere l’Università. Se costruiamo un futuro universitario a Taranto, dobbiamo fare un discorso di qualità e di contestualizzazione con le peculiarità del territorio. Qualità come punto di riferimento per attrarre personalità dall’estero e assegnare all’Università un ruolo che non sia di semplice presenza”. Che tradotto vuol dire dotarsi anche di un Piano di città archeologica tanto per la città vecchia che per il Borgo umbertino. 

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