Fa emozionare e fa illudere questa terra. Fa sorridere e fa piangere quest’angolo di bellezza immolata sull’altare dell’interesse personale, dove troppi continuano quotidianamente ad affannarsi per il proprio tornaconto. Non sono trascorsi molti mesi dal momento in cui, insieme a Jonian Dolphin e Enza Tomaselli, abbiamo dato vita al progetto turistico di ricettività integrata de Le Terre dei Delfini. Nonostante siamo ancora agli inizi, sono stati enormi i riscontri e l’interesse registrato da tour operator e agenzie di viaggio di Puglia, Basilicata, persino Piemonte e Lombardia. Le Terre dei Delfini vuol imprimere la svolta necessaria a questo territorio, abbinando la ricerca scientifica alla sensibilizzazione alla cultura del mare ed al turismo.
Eppure, a volte, viene da chiedersi se non sia troppo presto. Se quel piccolo sforzo di civiltà e di amore per questa terra, così bella e così generosa, non sia ancora una meta irraggiungibile. Viene da chiedersi se le Istituzioni siano veramente disposte a voler investire sul recupero e sulla valorizzazione di Taranto e provincia. Ce lo chiediamo perché quello a cui abbiamo assistito ieri è un colpo al cuore, uno dei tanti. Si perché il fenomeno continua a crescere nell’indifferenza più totale e sotto gli occhi di tutti. Per essere precisi, ieri eravamo a Marina di Lizzano, località Conche. Proprio in uno dei posti dove molti tarantini si dirigono d’estate perché c’è il mare bello, il mare pulito.
Sotto i nostri occhi increduli ieri si è palesato uno spettacolo deplorevole, figlio dell’ignoranza e dell’assenza totale di una degna coscienza. Ce n’è per tutti: occupazione abusiva di suolo pubblico, deturpazione di cosa pubblica, cementificazione selvaggia.
Alle soglie di una nuova epoca in cui la sfida più grande è recuperare il bello, l’ambiente, la natura, c’è gente che, dopo anni di abusivismo edilizio, abusa ancora. A questa gente non è bastato costruire e cementificare dove non poteva. A questa gente non è bastato disperdere nell’ambiente ogni tipo di rifiuti. Doveva fare di più. Ad esempio appropriandosi indebitamente di tratti di spiaggia per piazzare il proprio ombrellone con il cemento e forando persino gli scogli. Giorno dopo giorno, il fenomeno dilaga indisturbato. E se provi a dialogare con qualcuno degli abitanti del posto, questi ti guarda in modo strano. Come se il pazzo, l’incosciente, l’incivile fossi tu.
Da settembre saremo impegnati in tutte le scuole della provincia jonica nel tentativo di controbattere questo tipo di ignoranza con il sapere e la sensibilizzazione. Ma qui, se vogliamo parlare di turismo, dobbiamo fare di più. C’è bisogno di far sentire il peso delle Istituzioni. Magari collaborando, magari ascoltando un po’ di più chi sul territorio cerca di operare quotidianamente per il bene comune.
Dobbiamo tornare al pugno duro. Dobbiamo tornare ad informare. E a sanzionare chi proprio non vuole capire o fa finta di non capire. E se le forze in campo sono poche, organizziamoci. C’è tantissima gente disposta a collaborare, a fare, ad unirsi in nome dell’interesse collettivo. Oppure questo clima di “assenza istituzionale” fa comodo a qualcuno?
Se vogliamo parlare di turismo, bisogna ripartire dall’educazione, dal senso civico, dal decoro e dal rispetto per il territorio. Altrimenti restiamo dove stiamo. E continuiamo a farci del male.