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Giornale di Taranto - CANNES 68/ Gus Van Sant nella foresta dei suicidi
Martedì, 19 Maggio 2015 19:10

CANNES 68/ Gus Van Sant nella foresta dei suicidi In evidenza

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Presentato in concorso a Cannes 68 “The Sea of Trees”

 

 

 

DI MASSIMO CAUSO

 

CANNES - Passava in concorso a Cannes 68 nello stesso giorno di “Mia madre” di Nanni Moretti, e con quello costituiva un bel dittico sull’elaborazione del lutto e sulla ricostruzione della vita. Parliamo di “The Sea of Tree”, il nuovo film di Gus Van Sant, che è stato accolto sulla Croisette con qualche perplessità, ma che merita una attenzione di certo non superficiale. Il regista americano, Palma d’Oro a Cannes dieci anni fa con “Elephant”, torna infatti a lavorare sulla tensione spirituale, proponendoci un’opera in cui il vero punto focale è un mondo che vorrebbe non riconoscere la prospettiva dell'anima, ma alla fine si ritrova immancabilmente a fare i conti con essa.

Ancora un dramma alle prese con la morte, come era avvenuto in L'amore che resta, e ancora un percorso di accompagnamento verso la scelta di porre fine alla propria esistenza, come avveniva in Last Days seguendo il fantasma terminale di Kurt Cobain. Solo che in The Sea of Trees Gus Van Sant elabora un cammino di morte e rigenerazione seguendo i passi estremi di un uomo che, non reggendo il dolore per la tragica scomparsa della moglie, si reca in Giappone, ai piedi del sacro Monte Fuji, nella Foresta di Aokigahara, luogo sacro per tradizione ai suicidi. Il film è tutto costruito sul duetto tra Matthew McConaughey e Ken Watanabe: il primo è Arthur Brennan, un matematico universitario che, dopo la morte della moglie, Joan (interpretata da Naomi Watts), ha scelto di porre fine alla sua vita recandosi nella foresta Aokigahara. Il suo proposito, però, si riflette e finisce col dissolversi nella presenza tra quegli alberi di un uomo giapponese che vaga sfinito in cerca di una via di uscita dalla foresta. L'incontro si configura ben presto per quello che è, ovvero l'occasione offerta ad Arthur per ritrovare il senso della propria esistenza, per ritracciare una mappa nel buio di quella foresta capace di ricondurlo verso la vita. Gus Van Sant interpola il cammino di Arthur con i flash back che ricostruiscono la sua relazione tempestosa con quella moglie che ha perso e che tanto ha amato, ma con la quale ha vissuto anni difficili, di incomprensione e di rimpianti.

The Sea of Trees à un film segnato da una dimensione melodrammatica pura ed essenziale, in cui il tema costante del cinema di Gus Van Sant si cristallizza: la gestione del dolore come percorso rifondativo dello spirito, l'elaborazione della realta' in una chiave spirituale piena e tangibile, il senso morale delle azioni. Tanto l'omologo Gerry era un film terreno e immanente, immerso nel deserto e nel silenzio, tanto questo è un film sospinto verso lo spirito. E' infatti il vero percorso di rigenerazione cui questo uomo di scienza, che pretende di non conoscere nessun dio, consiste nella finale cosapevoleza di un versante spirituale dell'esistenza, in cui bisogna avere fiducia.

Massimo Causo