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Giornale di Taranto - Cannes/ Garrone e Moretti sulla Croisette
Domenica, 17 Maggio 2015 17:01

Cannes/ Garrone e Moretti sulla Croisette In evidenza

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DI MASSIMO CAUSO

 

 

 

 

 

CANNES   “Les italiens!” E’ di sicuro il loro anno (il nostro…) a Cannes 68. Lo sappiamo anche troppo, magari poi alla fine si rischia di andare via a mani vuote… Oppure no, a giudicare dall’accoglienza calorosa riservata ai primi due film italiani già presentati sulla Croisette, Garrone ovvero “Il racconto del racconti” (che potete vedere anche a Taranto, al Cinema Bellarmino) e Moretti ovvero “Mia madre”.  Premi prossimi venturi a parte, intanto godiamoci l’accoglienza affettuosa riservata dalla stampa a entrambi. Un po’ più a Moretti, a dire il vero, che a Garrone, che invece sembra aver suscitato qualche perplessità.

Anche a vederlo in conferenza stampa, del resto, Moretti è uno che sulla Croisette, e in Francia in generale, è di casa: subito superata una certa tensione iniziale, Nanni ha sfoderato la sua classica presenza eccellente: il film è stato salutato da grandi applausi e Moretti è apparso sicuro di sé: “E’ la mia settima volta a Cannes – ricorda – e qui, come anche in tutte le situazioni internazionali, i miei film vengono visti sempre per ciò che sono, senza quelle interferenze che caratterizzano il giudizio sui miei lavori alla loro uscita in Italia: i miei atteggiamenti, il mio personaggio pubblico, le mie posizioni politiche…”. In conferenza stampa insieme a lui erano presenti anche gli interpreti, John Turturro e Margherita Buy. Su Turturro, Moretti dice che ci teneva ad avere lui “perché è anche un regista e a me piace lavorare da sempre con altri registi come interpreti. Poi Turturro ha anche un rapporto privilegiato con l’Italia, la conosce bene, come dimostra “Passione”, il bellissimo documentario sulla musica napoletana che ha realizzato un paio di anni fa”. Per il personaggio di Margherita Buy, il regista dice di aver pensato subito a lei per quel ruolo: “Anche se si tratta di un personaggio femminile, volevo ci fossero quelle che sono le caratteristiche dei miei personaggi: quella spigolosità, un certo nervosismo costante, il senso di inadeguatezza…”. A chi gli chiede il perché di un film che parla di vita e di morte, Moretti risponde che “Mia madre” è piuttosto un film “su ciò che resta di noi vivi su questa terra e sui ricordi che abbiamo di chi se ne va: gli scatoloni, i libri, le lezioni di latino…”. Il nervosismo e i timidi sorrisi che Moretti mostra a inizio conferenza ben presto si stemperano nel calore delle domande della stampa internazionale. Tanto che si lancia in qualche rilievo sullo stile del suo film: “Ho voluto che la macchina da preso avesse dei lenti avvicinamenti agli attori, sentivo che dovevo insistere su questi movimenti”. Per quanto riguarda la musica, invece, rivela che “mentre monto il film, mi capita di usare una musica già esistente e anche questa volta mi sono reso conto che non volevo una colonna sonora composta appositamente: è qualcosa di istintivo, però, non chiedetemi di teorizzare…”.

Sorride quando un giornalista brasiliano gli chiede se la battuta “A  domani” detta dalla madre in chiusura del film possa essere interpretata come un riferimento alla situazione politica europea, mentre non risparmia la soddisfazione per il fatto di essere in Concorso a Cannes in un anno in cui la presenza del nostro cinema è così importante: “Però credo che questo risultato non sia il frutto di una strategia, quanto piuttosto di iniziative singole di registi e produttori: quello che manca in Italia è un’attenzione concreta, meno distratta, al cinema”. A chi gli chiede infine come mai i suoi film sappiano far ridere e piangere allo stesso tempo, Moretti risponde che “non si tratta di una strategia”. E qual è allora per lui il compito del cinema? “Quello di fare buoni film, che siano soprattutto innovativi: non sono tanto importanti le tematiche, quanto il modo in cui vengono affrontate”.

Matteo Garrone, dal canto suo, ha dovuto rispondere alla curiosità sulla scelta di un soggetto apparentemente così lontano dalle sue corde, una fiaba fantasy ispirata per giunta al testo di Gianbattista Basile che è scritto in napoletano del ‘600: “Un dialetto che oggi non viene letto nemmeno dagli stessi napoletani: è stato un atto di incoscienza portarlo sullo schermo”, ammette lo stesso regista, che però poi precisa quello che a lui sembra un percorso artistico naturale: “Nei miei film di solito sono partito dalla realtà per trasfigurarla, questa volta ho fatto il percorso inverso. Del resto prima di intraprendere la carriera da regista ero un pittore, quindi la dimensione fantastica mi ha sempre affascinato, anche se va riconosciuto che questo è un genere poco frequentato in Italia”.  A chi sottolineava la scelta di utilizzare scenografie e effetti speciali così lontani dalla produzione contemporanea, Matteo Garrone risponde che assieme allo scenografo Dimitri Capuani “si è tentato voluto fare una ricostruzione di ambienti iperrealista, ma ovviamente non abbiamo rinunciato ad utilizzare le location naturali offerte dal nostro sud, la Puglia in particolare: volevamo imprimere loro un taglio iperrealista, da puro artificio. Quanto agli effetti speciali abbiamo voluto renderli quasi materici, per cui abbiamo affiancato all’indispensabile uso del digitale anche un ritorno al versante più artigianale”.

 

Massimo Causo