Cookie Consent by Free Privacy Policy Generator
Preferenze sui cookie
Giornale di Taranto - AMBIENTE SVENDUTO- Requisitoria conclusa: chiesto il processo per tutti
×

Attenzione

JUser: :_load: non è stato possibile caricare l'utente con ID: 153

Venerdì, 06 Marzo 2015 18:03

AMBIENTE SVENDUTO- Requisitoria conclusa: chiesto il processo per tutti In evidenza

Scritto da 
Vota questo articolo
(0 Voti)

“Scontato”, “Epilogo più che prevedibile”, “Richieste inevitabili”: questi i commenti in aula al termine della requisitoria dei p.m. che si stanno occupando del caso “Ambiente svenduto”.

Del resto, praticamente nessuno di coloro che attendeva l'esito della discussione degli inquirenti si aspettava una conclusione diversa da quella formulata: richiesta di rinvio a giudizio per tutti gli imputati. A parere della Procura, quanto emerso dalla lunga e delicata inchiesta che ha messo sotto accusa l'attività industriale dell'Ilva non lascia alcun margine di manovra a tutti coloro che sono rimasti coinvolti nella vicenda. Se le argomentazioni del pool di magistrati saranno accolte dal giudice delle udienze preliminari, gli ex vertici dello stabilimento siderurgico, politici, manager e professionisti dovranno giustificare le rispettive posizioni nell'ambito di un processo presumibilmente lungo e complesso. Che sarà difficile celebrare senza pensare agli effetti della recentissima trasformazione in legge del cosiddetto “decreto Ilva”.

Comunque, al di là di come andrà a finire, il procedimento sta andando avanti. E potrebbe anche riservare nuovi sviluppi con l'avvio di ulteriori tronconi di indagine. Tutto questo dopo la richiesta della Procura al gup di trasmettere gli atti relativi ad una serie di decessi a cui si fa riferimento in diverse costituzioni di parte civile.

Intanto, i p.m. non hanno fatto sconti ad alcuno dei 52 soggetti coinvolti nell'inchiesta lasciando invariati i loro sospetti sulla liceità delle condotte contestate. A concludere gli interventi della pubblica accusa sono stati i sostituti procuratori dott. Remo Epifani (che si è occupato della posizione dei politici e della presunta tangente da 10mila euro versata nel 2010 dall'ex addetto alle pubbliche relazioni dell'Ilva Girolamo Archinà all'allora consulente della Procura prof. Lorenzo Liberti affinché alterasse il contenuto di perizie sulle emissioni di diossina dallo stabilimento) ed il dott. Raffaele Graziano, che ha basato la sua discussione sullo stato di sicurezza del siderurgico e su due incidenti mortali verificatisi nell'area aziendale. Ma come è noto, i capi d'accusa più ricorrenti sono quelli relativi ai danni provocati all'ambiente e, di conseguenza, alla cittadinanza. Stando a quanto ipotizzato dalla Procura, gli allora vertici dello stabilimento non avrebbero adottato misure in grado di impedire che le emissioni derivanti dalle aree parchi, cokerie e acciaieria provocassero la contaminazione (ad esempio) dei terreni su cui insistevano diverse aziende agricole. Come sottolineato dagli inquirenti anche nel corso della requisitoria, sarebbe bastato gestire gli impianti in maniera adeguata per evitare la “mattanza”. Ma questo non avvenne. Alla luce della ricostruzione dei fatti operata dai pubblici ministeri, la diffusione nell'atmosfera di sostanze come diossina, polveri, IPA, benzo(a)pirene e metalli sarebbe stata in grado di inquinare i campi in cui pascolava quello stesso bestiame che, destinato all'alimentazione, fu poi abbattuto perché pericoloso per la salute umana. Per le stesse ragioni furono mandati al macero numerosi quantitativi di cozze, risultati non commestibili proprio a seguito delle analisi effettuate nel 1° Seno del Mar Piccolo. Gli accertamenti evidenziarono come i mitili non potessero essere consumati a causa dell'avvelenamento da diossina e metalli pesanti. Le indagini hanno portato i magistrati a sospettare che la contaminazione dei frutti di mare sia proseguita anche successivamente al sequestro preventivo di tutta l'area a caldo del colosso siderurgico e nonostante il Tribunale del Riesame avesse disposto l'utilizzo degli impianti soltanto per porre in atto le operazioni di risanamento ambientale. Sulla scorta degli esiti investigativi, il procuratore dott. Francesco Sebastio, il procuratore aggiunto dott. Pietro Argentino ed i sostituti dott. Mariano Buccoliero, dott. Remo Epifani, dott.ssa Giovanna Cannarile e dott. Raffaele Graziano hanno ritenuto di contestare il reato di avvelenamento di sostanze alimentari. Un reato che sarebbe stato perpetrato in un arco di tempo molto ampio se si pensa che le indicazioni date in merito dalla magistratura vanno dal 1995 al momento della chiusura dell'inchiesta. Un reato che va ad affiancarsi a tutte le altre contestazioni mosse nei confronti degli inquisiti a vario titolo e a seconda delle rispettive posizioni. Anche al termine della requisitoria i p.m. non hanno avuto dubbi: si tratta di situazioni e circostanze che dovrebbero essere valutate nel corso di un regolare dibattimento. Una tesi che da adesso in poi spetterà al collegio difensivo tentare di scardinare.