Cookie Consent by Free Privacy Policy Generator
Preferenze sui cookie
Giornale di Taranto - "Noi, dipendenti del Sistema Camerale tarantino non vogliamo essere rottamati e vi spieghiamo perchè"
Domenica, 03 Agosto 2014 10:29

"Noi, dipendenti del Sistema Camerale tarantino non vogliamo essere rottamati e vi spieghiamo perchè" In evidenza

Scritto da 
Vota questo articolo
(1 Vota)

 

 

<Come dipendenti siamo pronti a confrontarci con il territorio, con i portatori di interessi, con gli organi di informazione sul reale valore delle Camere di commercio e sulla importanza del servizio pubblico che rendiamo, tutti, senza distinzione di contratto!>

I dipendenti  del sistema camerale tarantino (Camera di commercio di Taranto, Azienda speciale Subfor, CSA – Consorzio servizi avanzati s.c. a r.l., Unioncamere Puglia, Società di sistema) non vogliono essere rottamati dal Governo Renzi e spiegano le loro ragioni nell’articolato documento che di seguito pubblichiamo.

 

 

 

<Quella portata avanti dal Governo Renzi non è una riforma ma una rivisitazione della Pubblica Amministrazione che si sostanzia, fra l’altro, in una vera e propria rottamazione delle Camere di commercio. Siamo pronti al cambiamento e a supportare quanto sarà necessario per consentire al sistema camerale, già eccellente per efficienza ed innovazione, di migliorare ulteriormente, ma riteniamo sia ingiusto dare attuazione ad un percorso in gran parte incomprensibile e volto allo smantellamento di questo sistema.

È il momento di informare l’opinione pubblica tarantina di quanto sta accadendo, perché dietro a scelte populiste di apparente – si sottolinea, APPARENTE - ottimizzazione della spesa pubblica, si celano drammatici effetti socio – occupazionali ed economici dei quali anche il territorio di Taranto inevitabilmente soffrirà.

Sono molte le iniziative in atto da parte dei lavoratori: dalla manifestazione unitaria del 23 luglio scorso, alla mobilitazione nazionale, alle nuove forme di protesta pacifica e costruttiva di Ecosistema camerale, gruppo Facebook di 2.000 dipendenti che da mesi discute della riforma e che ha avviato da alcuni giorni un serrato tweetstorm nei confronti del Governo Renzi (che resta ostinatamente in silenzio di fronte alle richieste di lavoratori e lavoratrici).

Certo, è particolarmente “appetitoso” il tesoretto che le Camere di commercio possiedono: risorse che, tuttavia, non provengono dal cittadino-contribuente ma da tutte le imprese e che alle imprese tornano e devono continuare a tornare.

Ogni impresa iscritta, in cambio di una serie di servizi, deve pagare un diritto annuale che ammonta mediamente a circa 100,00 euro. A fronte dell’esiguo risparmio che si genererebbe a seguito del taglio previsto dal D.L. n.90/2014 in fase di conversione in legge (circa 400 mln di euro in tutta Italia), si è stimato che le imprese italiane perderebbero interventi camerali per 515 mln di euro. È anche a loro, dunque, che ci rivolgiamo, perché valutino se l’ente camerale è utile oppure no.

Oggi, in cambio del diritto annuale, il sistema delle imprese può disporre, nel proprio territorio provinciale,  di un ente:

o     “vicino”, aperto e prossimo al territorio, fatto di persone e professionalità;

o     “veloce”, con una media dei tempi di attesa migliore in assoluto rispetto alle altre Pubbliche Amministrazioni;

o     “informato ed informatizzato”, dotato di un patrimonio di dati unico. Il Registro delle Imprese è l’archivio più completo ed aggiornato della realtà produttiva italiana, il cui funzionamento è preso come modello da adottare nel resto d’Europa. Inoltre, è strumento fondamentale per la tutela della legalità del sistema economico;

o     “trasparente e virtuoso”, che non grava sulla spesa pubblica (anzi, contribuisce alle entrate statali cui versa quota dei suoi risparmi oltre agli oneri sociali e fiscali) e che si èadeguato alla normativa sulla trasparenza ed a quella sulla spending review, diversamente dalla gran parte delle Amministrazioni dello Stato;

o     che fornisce servizi di grande utilitàcome, solo a titolo di esempio, la “verifica degli strumenti di misurazione” a contrasto del pericolo di frodi (controllo degli erogatori di benzina, dei contatori del gas e dell’acqua, delle bilance degli esercizi commerciali), detiene il Registro informatico dei protesti, gestisce lo Sportello di mediazione per la risoluzione stragiudiziale delle controversie (ben più celere ed economica di quella ordinaria), eroga informazione e formazione su bandi e finanziamenti, vigila sulla sicurezza dei prodotti e la tutela del Made in Italy e svolge attività in materia di lotta alla contraffazione dei prodotti, assicura per il Ministero competente gli adempimenti legati alla presentazione del Modello Unico di Dichiarazione Ambientale, rilascia dispositivi di firma digitale e carte tachigrafiche, è intermediario per il Ministero competente per il deposito di Brevetti e Marchi, svolge attività certificative necessarie per il commercio estero, è Autorità pubblica di controllo per i vini a D.O. e I.G.;

o     che investe le risorse in entrata a favore della promozionedel territorio di competenza, ad esempio finanziando i Consorzi Fidi perché prestino garanzie alle imprese per l’accesso al credito, sostenendo l’internazionalizzazione, l’innovazione e l’aggregazione del tessuto produttivo e commerciale.

Senza le Camere di Commercio le imprese risparmierebbero il diritto annuale ma perderebbero anche i servizi menzionati, o – se mantenute queste competenze – sarebbero sicuramente forniti con un esborso diverso – in termini di importi – ai soggetti interessati.

Inoltre,se il Registro Imprese, come ipotizzato nel Disegno di legge delega di riforma della P.A. in discussione al parlamento, passasse al Ministero dello Sviluppo Economico ed il diritto annuale fosse così definitivamente eliminato che fine farebbero i dipendenti (oltre 10.500 in tutto il Sistema camerale)? Questo non è affatto chiaro.

Se passassero nei ruoli ministeriali, sarebbero a carico dello Stato e quindi dell’intera collettività, con quale ratio in termini di “spending review” (oltre al fatto che più di 2.500 persone, peraltro, sarebbero in esubero ed andrebbero ad infoltire le fila dei disoccupati - sempre a carico di tutti i cittadini)?

Oppure, come pure ipotizzato, il passaggio del Registro delle imprese al Ministero dello Sviluppo Economico senza i dipendenti del sistema camerale (che hanno contribuito a formarlo ed implementarlo ed a farlo diventare quel “gioiello” preso ad esempio in ambito europeo) sarebbe il preludio di un’operazione di “esternalizzazione” ben orchestrata e tesa a recuperare risorse finanziarie vista l’appetibilità dei dati forniti e la possibilità di utilizzarli per svariate finalità. 

Siamo i primi a comprendere la necessità di trovare formule di risparmio in favore delle imprese, ma che siano VERE, come ad esempio: la riduzione dei diritti di segreteria, l’abolizione delle tasse di concessione governativa, l’eliminazione delle imposte di bollo che sarebbero un concreto e sicuramente più incisivo segnale per le imprese che, giornalmente, depositano bilanci e pratiche di  variazione al Registro delle imprese ed al Repertorio delle notizie economiche ed amministrative, costituendo per quei soggetti un risparmio sicuramente maggiore rispetto al dimezzamento del diritto annuale, ma in parte a carico dello Stato .

Ben venga il cambiamento (già in atto come autoriforma) e si proceda, innanzitutto  - a garanzia della piena rappresentatività dell’intero sistema delle imprese – alla riduzione del numero degli Enti camerali con accorpamenti rispettosi dei territori, all’elezione diretta degli Organi, con cariche a carattere volontario e soprattutto non retribuite in Camera di commercio ed in particolar modo nelle collegate (Aziende speciali, Cofidi, Società in House, Unioni ecc.).

Si ragioni sul Disegno di legge che definirà il nuovo sistema camerale, si prenda avvio dalla riorganizzazione territoriale e dallo snellimento delle governance, si valutino costi (moltissimi, soprattutto a carico della fiscalità generale e dell’occupazione) e benefici (in realtà non chiari) della illogica sottrazione di funzioni alle Camere di commercio.

 

Le Camere di commercio, insieme alle altre realtà operanti nel sistema camerale (aziende speciali, unioni, società in house), rappresentano un valore aggiunto per il Paese, una Pubblica Amministrazione diversa, efficiente, altamente professionalizzata.

 

Come dipendenti SIAMO PRONTI A CONFRONTARCI CON IL TERRITORIO, CON I PORTATORI DI INTERESSI, CON GLI ORGANI DI INFORMAZIONE sul reale valore delle Camere di commercio e sulla importanza del servizio pubblico che rendiamo, TUTTI, senza distinzione di contratto!

 

Che il Governola smetta di imporre e cominci ad ascoltare, e a dare risposte, a chi il Sistema camerale l’ha costruito e lo porta avanti quotidianamente con e a beneficio delle imprese:i lavoratori, uomini e donne, dipendenti pubblici e privati, orgogliosi del proprio lavoro e che non intendono tacere di fronte ad una riforma ingiusta!>