di Lucia Pulpo
Per diventare Eduardo, il nuovo romanzo di Giuliano Pavone, ha molte chiavi di lettura: un romanzo di formazione, il teatro-guida di Edoardo De Filippo, il riscatto della classe operaia che vede i suoi figli salire a “rivedere le stelle”, la città raccontata con gli occhi di un nostalgico amore filiale.
Lo scrittore tarantino ci invita a viaggiare con lui, e diversi sono gli appuntamenti per incontrarlo Domani, domenica 10 novembre per un aperitivo presso La Factory – Handmade in Italy, (via Niceforo Foca, 28/A) ore 11, martedì 12 novembre, presentazione libro presso Arci Gagarin, (via Pasubio), ore 18,30, a scuola il 13 novembre (mattina) Istituto di Istruzione Superiore “Maria Pia”, lo stesso giorno alle 18.30 presso il Foyer dell’Auditorium TaTÀ, (via Grazia Deledda), infine a Statte, giovedì 14 novembre, la presentazione presso ARCItenda, (via Armando Diaz, 1), ore 18,30.
A noi, lo scrittore e giornalista , Giuliano Pavone ha detto:
- Franco, il protagonista, ha i tratti del giovane Giuliano Pavone ma, anche, quelli del giovane attore tarantino, Michele Riondino. Dunque, chi è Franco?
In realtà, non è ispirato né a me (ha un'età e una storia familiare diverse dalle mie) né a Michele Riondino (Franco da ragazzo sogna di fare il giornalista). Ma, in senso lato, possiamo dire che qualsiasi ragazzo che ha lasciato la provincia per la grande città alla ricerca del proprio posto nel mondo si può identificare in Franco.
- Come il tuo protagonista, tu ti sei allontanato da Taranto. In cosa la trovi inaspettatamente cambiata e, cosa pensavi sarebbe cambiato e non lo è?
Taranto è per me un'eterna sorpresa: sembra che non cambi mai (e in effetti alcuni aspetti restano sempre uguali) ma in realtà cambia eccome. Il turismo, i concerti e i locali che aprono in città vecchia e a Porta Napoli sono novità che mi colpiscono; al contempo, il degrado, l'inerzia e una certa mentalità provinciale sono degli aspetti duri a morire. Nel mio romanzo, che inizia nel 1982 e finisce ai giorni nostri, ho cercato di raccontare anche l'evoluzione della nostra città, insieme al suo perdurante immobilismo.
- Il 31 ottobre di quaranta anni fa, moriva Eduardo De Filippo. Perché hai scelto lui per l’intervista di Franco?
L'idea del romanzo è nata proprio in seguito all'approfondimento delle vicende biografiche di Eduardo. Alcuni anni fa ho scoperto quanto interessante fosse la vita di De Filippo, anche al di là delle sue opere. Ma anziché dedicarmi a un lavoro biografico (ne esistono già tanti, realizzati da persone molto più titolate di me) ho pensato che un'opera di fantasia, in cui il Maestro incontra un giovane "discepolo", potesse essere un modo nuovo per raccontare la grandezza di Eduardo. Allo stesso tempo, mi sono reso conto che i valori di Eduardo si combinavano molto bene con alcuni degli elementi ricorrenti dei miei romanzi, come il Sud, l'informazione, i diritti sociali, il ruolo dell'arte.
- “Non sei più tu ma torni ad essere io.” Questo ti provoca tenerezza? Non c’è il rischio che i ricordi manipolino il passato in vista del presente?
Probabilmente sì, questo rischio esiste. Con quella frase, che il Franco di oggi rivolge al Franco di tanti anni fa, voglio sottolineare il fatto che una persona, a distanza di decenni, può cambiare tanto, fin quasi a diventare un'altra, ma attraverso il racconto può quasi tornare quella di una volta. E questo mi fa molta tenerezza.
- Scrivi che a Franco vien da piangere fin quando si ricorda della Chiesa del “Divin lavoratore” sui Tamburi e si rialza ancora disperato ma determinato. Bisogna allontanarsi da Taranto per trasformare la disperazione in determinazione? Che ruolo ha il viaggio in questo cambiamento?
Sicuramente per acquisire maggiore coscienza c'è bisogno di un viaggio, ma non è necessariamente un viaggio in senso geografico. Molti tarantini hanno acquisito una visione lucida e consapevole dei problemi della città e di come combatterli senza aver avuto bisogno di spostarsi altrove. Di solito, alla base c'è sempre un fattore scatenante: può essere un evento traumatico, un'esperienza sorprendente o magari anche, come Franco con Eduardo, l'incontro con una persona carismatica.