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Giornale di Taranto - TARANTO - Ilva, "estromesso per legge il diritto alla vita e alla salute dei cittadini". di Giancarlo Girardi
Venerdì, 25 Luglio 2014 12:33

TARANTO - Ilva, "estromesso per legge il diritto alla vita e alla salute dei cittadini". di Giancarlo Girardi

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Riceviamo e pubblichiamo un contributo di Giancarlo Girardi sul caso Ilva

Il ministro Guidi dello Sviluppo Economico, ex vicepresidente di Confindustria, ha dichiarato esserci quattro o cinque ipotesi di vendita dell’Ilva. Il presidente Renzi chiede ai sindacati di affrettarsi nel facilitare l’operazione. Si è nominato il nuovo direttore dello stabilimento e sbloccati i fondi sequestrati dalla magistratura per la gestione della fabbrica e non per investirli nella loro totalità nella tutela ambientale dell’intero territorio. Provo a fare il punto della situazione attuale ricordando che venti anni fa lo Stato si “liberò” dal problema Ilva cedendo ad un prezzo irrisorio la più grande acciaieria europea alla famiglia Riva e completando per questo settore, strategico per l’industria, quel processo di smantellamento delle Partecipazioni statali, con le tante altre privatizzazioni che si sono succedute. Un’apertura, si diceva, all’economia del “libero mercato” che si voleva globalizzato ed aperto alla libera concorrenza. Per fare ciò occorreva annullare ogni controllo pubblico e sociale sulle imprese, liberare loro da quei lacci della Costituzione che erano rappresentati dall’art. 41: “L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali” e dall’art.43 che recita: “Ai fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale”. Nel caso di Alitalia ma soprattutto di Ilva si stanno capovolgendo i principi economici e sociali sanciti dalla Costituzione. Questa è l’operazione degli ultimi due decreti leggi (2012 - 2013) per Ilva che annullano, nei fatti, anche le tutele sancite con la legge 300 del 1970, lo Statuto dei lavoratori. Il diritto alla salute dei lavoratori e dei cittadini, alla loro sicurezza e dignità, quindi, non deve venire prima degli altri diritti, come invece la magistratura tarantina aveva imposto, lasciando ciò come rivendicazione ai loro sindacati ed associazioni e quindi vincolati alla loro capacità di lotta e di contrattazione. Nella vicenda Riva lo Stato si liberò, venti anni fa, dei gravi problemi derivanti dalla sua proprietà (i vincoli sociali dell’impresa) consentendo l’arbitrio assoluto dell’ Ilva, non chiedendo né imponendo contropartite, mentre allora si era perfettamente consapevoli dei problemi drammatici che noi dovevamo affrontare e che attualmente sono tragicamente davanti ai nostri occhi. Oggi invece di applicare l’art. 43, previo un maquillage degli impianti, si cerca il miglior offerente in Europa o nel mondo scaricando ai nuovi proprietari i problemi del nostro territorio ed il contenzioso, ancora più difficile, che si aprirà inevitabilmente con loro. Viene considerato settore di “rilevanza strategica per l’economia nazionale” non più “a fini di utilità generale” come recita la Costituzione. Si afferma di salvaguardare l’occupazione ma ci si preoccupa di quello dei profitti dell’impresa e quindi del mercato senza considerare che esso non veda alcuna “utilità sociale” e che possa tranquillamente chiudere parte o la totalità degli impianti tarantini se non più convenienti. Così è stato, per legge, estromesso l’interesse fondamentale dei cittadini alla loro vita e salute e sterilizzata la volontà degli enti locali. Si lascerà incancrenire una situazione in cui ci divideremo, come affermò anni fa lo scrittore tarantino De Rosa tra il “distribuirci la morte tra l’inquinamento che uccide, il lavoro in fabbrica pure, la disoccupazione può farlo”.